La settimana che segna l’avvio del campionato, con la campagna trasferimenti ancora in corso, è da sempre un misto di speranza, attesa, dubbi e voci che si rincorrono. Una miscela tra i sogni che il mercato regala e la realtà, a volte dura e cruda, del campo da gioco.
L’Italia si sa è un paese di santi, navigatori e….allenatori e presidenti di calcio. Il “pallone” è probabilmente l’argomento da bar per eccellenza, dove ogni interlocutore ha la formula giusta che permetterebbe alla propria squadra di spiccare il volo. Una valanga di “se fossi io l’allenatore o il presidente”, tutti da dimostrare all’atto pratico ma non per questo necessariamente campata per aria, tanto che anche noi abbiamo voluto provare a dare la nostra ricetta.
Se fossi Di Francesco, dovesse tornare Nainggolan e dovessero rimanere anche Nandez e Rog, piuttosto che snaturare uno dei tre posizionandolo nel ruolo di regista o come esterno d’attacco per adattarsi al 4-3-3 (vedi l’esperimento Nandez con la Roma), valuterei una leggera modifica tattica passando al 4-2-3-1 con Rog e Nandez a fare i due di centrocampo e Radja trequartista. Poi continuerei a promuovere l’idea di puntare sui giovani prospetti e a valorizzarli senza farmi frenare dalla carta di identità: se un giovane è bravo, gioca. Dopotutto anche cosi si contribuisce al bene della propria società. Purtroppo la gestione Maran, a riguardo, ha lasciato soltanto macerie.
A proposito Di Maran – Se fossi in Giulini mi chiederei se dipende da una sua precisa richiesta il fatto che il Genoa punti spesso obiettivi di mercato del Cagliari, fino magari a soffiarglieli (vedi Czyborra). Rancoroso. Se fossi in Giulini penserei di rendere al Genoa la pariglia. Cerchiamo un esterno d’attacco mancino in prestito con riscatto al prossimo anno? Perché non puntare un obbiettivo del Genoa rispolverando l’idea Pjaca, praticamente preso 12 mesi or sono ma poi lasciato andare verso altri lidi? Il croato è sembrato in palla in queste prime sgambate con la Juventus e non dovrebbe essere difficoltoso intavolare con i bianconeri una trattativa basata sul “pagherò”.
Se fossi Di Francesco comincerei a fare chiarezza sul fatto che Faragò non è un terzino: dopo anni di prove nel ruolo sembra un fatto abbastanza acclarato, tanto più che il buon Pancrazio può tornare utile nelle rotazioni a centrocampo come mezzala (il suo ruolo naturale).
Se fossi Giulini proseguirei con l’idea di difendere e confermare l’allenatore a oltranza pure nelle difficoltà, non basandomi solo sul risultato del campo. Dopotutto l’ha fatto quando non andava fatto con i predecessori di Di Francesco: sarebbe il caso di perseverare supportando una rivoluzione tattica che ha ragionevolmente bisogno di tempo. Non per forza sarà uno Zeman bis. Se fossi nel patron supererei il “trauma Zeman”. Magari il boemo non era più quello del Foggia dei miracoli, ma tralasciamo (per pudore) l’elenco dei giocatori della rosa messa a sua disposizione. Se fossi Giulini non scorderei mai che l’essenza del gioco è “giocare a calcio e non a calci” e “in trincea difensiva”: finalmente sembra essere stata questa la stella polare che l’ha guidato nella scelta del mister. Dopotutto il risultato è sì importante, ma non a totale discapito del divertimento della platea che ti osserva.
Se fossi Di Francesco, compatibilmente con le esigenze societarie, un’altra chance a Bradaric la darei. Se fossi in lui terrei Joao Pedro il più vicino possibile all’area di rigore, ammesso e non concesso che possa adattarsi al ruolo di esterno, dato che il brasiliano non brilla certo per dribbling e velocità.
Se fossi Giulini ascolterei interessato offerte concrete per lo stesso Joao Pedro: dopo una stagione da 18 gol –difficilmente ripetibile – potrebbe essere una delle ultime occasioni per passare all’incasso con una grossa plusvalenza. Se fossi in lui, poi, farei veramente di tutto per riportare a casa Nainggolan. Con l’imminente arrivo di Godin e la conferma degli altri big potrebbe davvero nascere un grande Cagliari.
Se fossi Di Francesco, dopotutto, vorrei guidare un grande Cagliari: si possono tentare tutte le alchimie tattiche di questo mondo, ma di base ci deve essere la qualità tecnica degli interpreti. All’allenatore il compito di esaltarle in un gioco corale che non si vede da tempo immemore a queste latitudini.
Infine, se fossi Giulini e Di Francesco, mi augurerei di rivedere il pubblico festante gremire gli spalti. Quello che andrà in scena da sabato 19, dentro stadi purtroppo vuoti e silenziosi, è uno sport ben diverso da quello che anima da decenni il popolo del “se fossi”.
Mirko Trudu