I nostri giudizi sul Cagliari sconfitto a San Siro con un sonoro 4-0 dall’Inter.
Cragno 8: il supereroe rossoblù ritrova la propria ragnatela. Potrebbe forse essere più solido sul colpo di testa di Lautaro, ma si rifà alla grande su tutte le altre occasioni dell’Inter tra uscite alla disperata, tuffi plastici e la ciliegina del rigore parato al Toro nerazzurro. Nonostante ciò la goleada è inevitabile, ma lui è davvero superlativo e le 11 parate ne sono la conferma.
Caceres 4: il tunnel subito da Bastoni è la cartina di tornasole di una gara in costante difficoltà. Il gol di Sanchez, osservato senza provare nemmeno il disturbo, la conferma di una presenza che è tale solo sul tabellino.
Dal 70′ Zappa SV: entrare a partita chiusa non è facile, guarda l’Inter controllare.
Godín 4: linea troppo bassa, alza il muro quanto e quando può ma fisiologicamente non riesce a chiudere tutto. Quando è chiamato agli interventi nello spazio paga dazio contro l’altrui velocità. Quattro gol subiti sono semplicemente la conferma di un rientro dall’inizio tutt’altro che positivo.
Carboni 4,5: penalizzato da Dalbert è vittima delle difficoltà del compagno e ci mette anche un po’ del suo. Il meno peggio dei tre centrali, se così si può dire.
Dall’82’ Obert SV: il suo destino è entrare alla fine delle disfatte. Seconda presenza in A, unica cosa per cui sorridere.
Bellanova 6: tolto Cragno è la vera unica nota positiva della squadra. Bene in chiusura, bene le poche volte che affonda tanto da essere protagonista dell’unica conclusione degna di nota dei rossoblù. Il duello con Perisic se non è vinto poco ci manca.
Deiola 4,5: ci mette voglia e nulla più. Tanti, troppi errori tecnici e poca presenza contro un centrocampo nerazzurro che domina la serata. Se il compito era quello di non far sentire l’assenza di Nández non è stato svolto nemmeno parzialmente.
Dall’82’ Oliva SV: torna a farsi vedere in campo, ma forse ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Grassi 5,5: mette filtro e prova anche a supportare le poche azioni offensive, anche se piano piano sparisce dalla scena anche per una condizione che non appare delle migliori. In ogni caso non tra i peggiori, anzi, la dimostrazione l’imbarcata non appena esce.
Dal 59′ Lykogiannis 5: tiene in gioco Lautaro sul quarto gol nerazzurro, unico segnale della sua presenza in campo.
Marin 4,5: non è la sua partita, la palla non passa quasi mai dai suoi piedi e viene travolto dal centrocampo avversario. D’altronde quando il possesso è sempre degli altri è difficile per uno come lui incidere. L’opposizione nulla su Calhanoglu è il simbolo della bandiera bianca alzata anzitempo.
Dalbert 3: peggiore in campo per distacco, non vince un duello, non dà nulla sotto il profilo tecnico e tanto meno tattico. Negli episodi inoltre è decisivo in maniera negativa, sull’angolo dello svantaggio salta fuori tempo e l’intervento in chiusura che porta al rigore è incomprensibile. Anche da mezzala continua a perdere palloni spinosi e sbagliare tutto lo sbagliabile.
Joao Pedro 4,5: non è giornata per gli attaccanti quando la propria squadra non la vede mai e i palloni arrivano con lanci lunghi o verticali imprecise. A questo aggiunge il ritardo su Martinez nel gol dell’uno a zero e la totale assenza di lavoro sporco.
Keita 4: se non fosse stato nelle formazioni in grafica difficilmente ci si sarebbe accorti della sua presenza in campo. Vaga lontano dalla porta non vedendola mai di fronte al trio difensivo nerazzurro che, tra l’altro, non deve impegnarsi più di tanto per fermarlo.
Dal 70′ Pavoletti SV: rimpiazza il compagno nel non vedere palloni, dalla sua i pochi minuti e un punteggio che non aiuta.
Mazzarri 4: se sia per volontà o per costrizione la squadra è troppo bassa per poter sperare di trovare un risultato positivo. Tanto che angolo dopo angolo prima o poi il gol arriva, soprattutto contro i migliori del genera in Serie A. L’imbarcata del secondo tempo è una sconfitta che cancella le parole d’ottimismo e mette a nudo il Re. No, la squadra non è in salute, gli errori sono troppi e la doppia sfida bianconera prima della sosta sa di ultima spiaggia.
Matteo Zizola