L’omaggio di Riccardo Bianco all’ex allenatore dell’Inter, intervistato qualche anno fa sulle pagine di Sardegna Sport.com.
Oggi è un giorno di lutto per tutto lo sport. All’età di 81 anni è venuto a mancare un maestro del calcio italiano: Gigi Simoni. Per 62 anni della sua vita dedicò anima e corpo allo sport più amato di sempre militando in 27 squadre, tra calcio giocato e calcio allenato. Dall’esordio in Serie A con il Mantova la strada per lui fu lastricata di successi e ricordi indimenticabili. Colonna portante del Genoa e del Torino giocò anche per la Juventus come lui stesso disse “quando ancora era la vecchia signora”. Poi la seconda vita d’allenatore in cui raggiunse il culmine della sua carriera con l’Inter nel 1997-1998 con la vittoria della Coppa Uefa.
Ebbi la fortuna d’intervistarlo nel 2017 poco prima di un Cagliari-Inter. Doveva essere una telefonata rapida, poche dichiarazioni sulle due squadre. Invece no. La telefonata, durò 55 minuti in cui parlammo di tutto e di più. Quello che andrete a leggere ora rappresenta la trascrizione di quella telefonata, in cui Gigi Simoni, in completa serenità mi raccontò tanti aneddoti della sua vita.
Il Rapporto con la Sardegna
“Ho tanti amici Sardi. Con Ricciotti Greatti ho condiviso la stanza nelle giovanili della Fiorentina, avevamo 18-19 anni. Ragazzo meraviglioso e siamo diventati molto amici. Eravamo delle riserve e abbiamo giocato insieme in Coppa Italia. Appena arrivò a Cagliari mi chiese spesso di venire in Sardegna, all’epoca ero al Mantova, chissà cosa sarebbe successo se gli avessi dato ascolto. Anche Paolo Morosi giocava con noi (nella stagione 1964-1974 ha vestito la maglia della Torres con 332 presenze e 42 gol). Più avanti divenni amico di Gigi Riva, ci trovammo in ritiro in nazionale e giocammo insieme qualche partita. Ancora oggi ho appesa in casa una foto con lui. Era stata scattata a Cagliari poco prima di Cagliari Genoa in cui eravamo i rispettivi capitani”.
“Ho sempre sperato di venire al Cagliari. C’è stato un periodo per due o tre anni in cui il presidente d’allora Massimo Cellino voleva che allenassi la squadra. Mi chiamava alla sera dalle dieci fino a mezzanotte per parlare e diceva che ci sarebbe stata la possibilità poi passava il tempo e non si è mai concretizzata la sua promessa. Ho allenato e giocato in quasi tutte le squadre italiane è mancato il Cagliari. Era un’idea di vita, anche verso la fine di carriera volevo andare a Cagliari o Palermo. Ero spesso in contatto sia con il Presidente del Palermo che con il Presidente del Cagliari”.
Poi il racconto passò all’esordio con il Mantova, in un’epoca in cui un 19enne difficilmente poteva giocare in prima squadra, per poi arrivare al periodo d’oro da allenatore con l’Inter.
Il periodo dell’Inter
“Molti dicevano che l’Inter di quegli anni era una squadra difficile da allenare, in realtà avevamo grandi talenti e fu l’esperienza più semplice e la più bella della mia vita”. Su Ronaldo: “È senza dubbio il giocatore più forte che io abbia mai allenato e chiunque l’abbia allenato potrà dire lo stesso, un campione sia dentro che fuori dal campo. Per un periodo non fu in grande forma, poco dopo il mondiale in Brasile, di cui non sapemmo mai nulla di quello che accadde, ma poi si riprese, eccome se si riprese”. Su Roberto Baggio: “Era un grande campione, in quel periodo aveva continui problemi fisici al ginocchio e alcune volte non lo mettevo in campo e si arrabbiava. Mi ricordo una partita contro il Real Madrid in Champions League. Stavamo pareggiando 1-1 non l’avevo schierato titolare, lo feci entrare a metà del secondo tempo e segnò due gol incredibili. Vincemmo per 3-1. Quando uscì dal campo non mi salutò. Ma in realtà eravamo grandi amici, facevamo spesso delle cene insieme in cui parlavamo delle nostre più grandi passioni: la caccia e la pesca. Ci raccontavamo aneddoti e ci davamo consigli. Mi raccontava della sua esperienza in Argentina, aveva comprato un terreno e mi parlava delle quello che faceva nel terreno”.
Lo scudetto mancato, la Uefa, l’esonero: “Quella partita con la Juventus in cui non ci venne concesso il rigore è un ricordo che ci fece molto male, ma preferisco parlare delle esperienze belle di quell’anno, i ricordi brutti preferisco dimenticarli, ma quella partita ci segnò tantissimo. Il ricordo più bello fu la finale di Coppa Uefa a Parigi contro la Lazio. Era una squadra difficile da affrontare in cui giocavano Nedved e Mancini, e vincemmo per 3-0. Quella notte rimane il ricordo più bello della mia vita calcistica. Per quanto riguarda l’esonero, in cui eravamo primi nel girone della Champions League, nessuno mi diede motivazioni in merito. Nel corso degli anni Moratti mi ha chiesto scusa in tutti i modi in pubblica piazza e l’ho perdonato”.
Un maestro che ha dato tanto al nostro calcio, un uomo che rappresenta un pilastro per lo sport, ha formato tantissimi giocatori divenuti poi allenatori. Ha vissuto un’epoca, plasmandola, migliorandola. In punta di piedi oggi ci ha lasciati ma il suo grande lascito vive ancora nei manti verdi, che speriamo presto di vedere all’opera.
Ciao Gigi, che la terra ti sia lieve.
Riccardo Bianco