“Mi dicevano che su un sito hanno scritto che Ounas non si era allenato negli ultimi 2-3 giorni: chi l’ha scritto ha portato pure un po’ di iella (risata, ndr), perché si è sempre allenato e si è fatto male oggi”.
Un’uscita infelice, fatta sì col sorriso sulle labbra ma con una punta di veleno non certo tale da ferire ma da infastidire, come una puntura di una zanzara tigre sulla mano. Quella pronunciata da Eusebio Di Francesco proprio all’inizio della conferenza stampa pre-Napoli nei riguardi dell’operato di Centotrentuno è stata probabilmente una battuta mal riuscita, dovuta a un comprensibile fastidio creato dal nostro articolo “Cagliari: Ounas assente giustificato, ma quale futuro?“, pubblicato nella tarda serata di ieri, venerdì 1 gennaio 2021, nel quale la redazione, dopo un abile lavoro di ricerca e confronto, a firma del collega Roberto Pinna sottolineava le difficoltà di adattamento del francoalgerino che nei giorni scorsi avrebbe saltato qualche seduta di allenamento con il gruppo rossoblù, ipotizzandone anche una possibile partenza anticipata già nel mercato invernale.
Un articolo che, evidentemente, meritava un richiamo fin dalle prime parole di Di Francesco in vista del match di domani contro il Napoli, squadra che peraltro detiene i diritti di proprietà sul cartellino dell’ala di Tours. A questo punto urge aprire una parentesi sull’attuale svolgimento delle conferenze stampa in casa Cagliari: come in tanti sapranno, stante il problema Covid la società rossoblù ha deciso – e questo è meritorio, alla luce del comportamento di altri club di Serie A, che hanno approfittato della situazione per “tagliare” l’appuntamento con i giornalisti, come per esempio fa la Juventus – di non organizzarle più in presenza, ma in streaming, con invito personale al cronista accreditato in precedenza. Computer, cuffiette e via di domande al mister. Chi scrive, dunque, ha avuto modo ben poche volte – purtroppo – di avere a che fare de visu con Di Francesco, con le difficoltà che questo comporta a livello di costruzione di un rapporto di lavoro tra giornalisti e allenatore, fatto di un confronto e di un “ghiaccio” rotto soprattutto nei momenti informali, come in zona mista o nel post conferenza. L’imparare a conoscere bene la persona che hai di fronte, che stia dietro a una scrivania o seduto davanti a essa. Tutte cose che il Covid ha messo da parte e tant’è.
Torniamo però a oggi. La frase di DiFra ha colto nel segno, detta peraltro davanti a una platea di oltre 20 giornalisti, intenti a fare il proprio lavoro e non certo collegati per puro diletto. Sentirsi dare della cugurra in ambiente di lavoro in un’occasione formale e non al tavolo di un bar, magari dopo un paio di birre, non è stato piacevole. Sia chiaro, abbiamo subito capito la portata della battuta infelice – perché, per quanto sgradevole, di questo stiamo parlando – tanto da rispondere, una volta avuta la parola, in modo da sdrammatizzare il tutto, sempre con il sorriso sulle labbra (e i colleghi collegati ne sono testimoni): abbiamo proposto di portare un mazzo di quadrifogli in occasione della sfida contro il Napoli che, vista la situazione infortuni (Rog, Godin, Ounas, Klavan), a Di Francesco farebbero molto comodo. Da lì in avanti è nato uno scambio di battute vivace ma composto, sempre educato, chiuso dopo qualche minuto ancora una volta con il sorriso e, soprattutto, dopo la spiegazione del mister relativa alla situazione vissuta nel periodo post natalizio da Ounas.
Chiuso, insomma. O meglio, noi pensavamo si fosse chiuso tutto là, perché alla pubblicazione del video della conferenza sul canale YouTube della società rossoblù ecco l’amara sorpresa: il filmato era stato – come ogni volta, per ovvi e condivisibili motivi editoriali – tagliato qua e là, per renderlo più snello agli occhi e alle orecchie dell’utente che lo va a guardare. Peccato, però, che proprio la frase incriminata pronunciata da Di Francesco sia rimasta nel video, ma senza la nostra replica, perché lo scambio di battute era stato integralmente tagliato, proponendo soltanto la parte finale dell’intervento con la domanda su Zappa. E questo, va detto, ci è dispiaciuto non poco. Anche perché, se riusciamo a capire la necessità di non riproporre il botta e risposta nella sua interezza per i suddetti motivi “editoriali”, allo stesso tempo non comprendiamo, però, perché non si sia tagliata anche la frase del mister, che nulla aggiunge alla narrazione della conferenza stampa, tanto che nessuno l’ha riportata nei vari report…
La questione per noi si era chiusa “in diretta”, ma la riproposizione dell’uscita infelice e sgradevole del mister in un video sottoposto alla mercé di tutto il mondo di internet, beh…non ci è proprio andata giù. Tanto che ci troviamo, in modo del tutto inatteso, costretti a scrivere queste righe in difesa della nostra reputazione, perché si pensava che certe usanze legate alla scaramanzia fossero un’esclusiva della precedente gestione societaria. Spiace ancora di più che, in questo caso, passi il messaggio che il tecnico rossoblù ci consideri delle cugurre: siamo certi che il mister non lo pensi davvero, e che abbia capito di aver fatto uno scivolone, ma che per noi fosse tutto risolto non appena ci si è disconnessi dalla sala stampa virtuale. Ma il video YouTube – editato secondo noi non adeguatamente, perché riflette la vicenda in modo parziale – questo dice e questo ci arreca certamente un danno, specie in un’epoca di social network, fake news e informazione fai da te. Dove chiunque può visualizzare il video e costruirsi una sua opinione, in cui può lecitamente pensare che Di Francesco ce l’abbia con Centotrentuno perché popolato da fattucchiere e da menagrami, che godono nel vedere soffrire il prossimo augurandogli ogni disgrazia possibile. È libero di farlo, anche se magari non è così, ma d’altronde c’è chi crede ai bigfoot…
Noi invece riteniamo che lo stesso tecnico avrebbe certamente preferito evitare tutto questo bailamme, nato dopo la pubblicazione del video – che non dipende certo da DiFra – con la sua frase infelice che ci ha portato a questa risposta. Ecco, di solito siamo usi lavare i panni sporchi in casa nostra, ma per una volta ci sembrava doveroso segnalare una situazione antipatica che ci vede involontari protagonisti, che poteva e doveva essere gestita in modo decisamente diverso e che ci mette nella scomoda posizione di doverci difendere, stavolta non più nel consesso chiuso di 25 addetti ai lavori ma di fronte a un pubblico di utenti potenzialmente illimitato, dall’accusa di essere degli iettatori (fattispecie peraltro, che più volte la Corte di Cassazione ha definito addirittura un reato…). Il tutto soltanto per aver voluto fare, ancora una volta, scrupolosamente il proprio lavoro, derubricato poi a lacrima (in accezione strettamente celliniana, ça va sans dire) da un’uscita infelice.
Francesco Aresu