Primo appuntamento nella nuova stagione per la rubrica di Centotrentuno “Quel giorno io c’ero”: una serie di interviste a personaggi e protagonisti dello sport sardo, con un excursus che parte da un evento del passato per poi arrivare a chiacchierare di presente e futuro.
Una sola stagione in rossoblù, ma tanti bei ricordi conservati gelosamente in un cassetto speciale. Agim Ibraimi arrivò a Cagliari ormai più di dieci anni fa, da un Maribor che allora esplorava anche i tempi delle competizioni europee. Numero 10 sulle spalle, in una squadra che aveva tanto talento a disposizione. Una prima parte di stagione senza lasciare il segno, poi due gol importanti. Il primo, contro l’Udinese di Guidolin, il 3 marzo 2014, a chiudere un contropiede orchestrato da Nené e concluso con un tiro a mezz’altezza sul secondo palo da parte del classe ’88. In attesa del nuovo Cagliari-Udinese, in programma domenica 17 settembre alle 12.30, abbiamo parlato con Ibraimi, che di quel giorno e di quell’anno ricorda affettuosamente diversi passaggi.
Agim Ibraimi, domenica si giocherà Cagliari-Udinese. Lei il suo primo gol con la maglia rossoblù lo segnò proprio contro i friulani. Che ricordi ha di quella sfida?
“Mi ricordo bene quella partita. Prima del gol avevo fatto l’assist per Vecino, poi in contropiede avevo trovato il gol. Loro avevano tirato in porta, eravamo ripartiti veloce con Nené che mi aveva passato il pallone. Ho ricevuto, riuscito in un dribbling e poi tirato verso la porta. Era stato un bel gol. Sono ricordi che sono sempre con me”.
Quanto è stato importante per lei quel passaggio in Serie A? Cosa ha significato per lei giocarci?
“Prima di arrivare in Italia avevo giocato con il Maribor, calcando diversi campi anche in Champions League ed Europa League. Poi sono arrivato al Cagliari in Serie A. La Serie A anche oggi è il campionato che preferisco guardare in tv. Quando era arrivata l’offerta dal club non ci avevo pensato più di tanto. Arrivai in prestito con diritto di riscatto, sono rimasto un solo anno, è vero. Sono tornato al Maribor e ho giocato ancora in Champions, contro squadre come il Chelsea. Ma segnare in Serie A per me è stata una cosa bellissima. Perché era qualcosa che io desideravo da sempre. Da bambino guardavo tutte le partite dell’Inter, quando c’erano Ronaldo e Baggio. Una volta arrivato in Sardegna ho pensato quanto fosse bello essere nel massimo campionato italiano con giocatori come Conti, Nainggolan e Astori, che tra l’altro è una delle persone migliori che io abbia mai incontrato”.
Che ricordi ha dell’esperienza a Cagliari?
“Ti dico prima di tutto una cosa importante. Il Cagliari deve stare sempre in Serie A. Per la città, per i tifosi che vivono per il calcio e che sanno stare vicino alla squadra nei momenti felici e non. Mi ricordo che nello stesso anno, quando tornammo dalla partita con il Sassuolo, dove segnai su rigore per il pareggio dell’1-1, i tifosi vennero all’aeroporto per darci il loro supporto, per essere da stimolo per noi. Questo fa capire tante cose su Cagliari”.
Segue ancora la squadra quando può? Ha visto giocare il Cagliari di Ranieri ultimamente?
“Ora con Ranieri, che è un grande allenatore di cui tutti i giocatori hanno rispetto e si vede, spero che la squadra possa salvarsi. Guardo sempre le partite, prima vedo il Cagliari e poi il resto. Mi piacciono Makoumbou e Luvumbo, ma anche Pavoletti. Ci sono un po’ di giocatori giovani, ma servirà anche esperienza. Quando ero io in rossoblù, capitano c’era Conti, poi c’erano giocatori come Cossu, Nainggolan, Rossettini, Ibarbo, Sau, Astori. Tutti giocatori che avevano esperienza. Al tempo penso avessimo degli equilibri perfetti. Tutto ciò che ho imparato a Cagliari poi l’ho riportato al Maribor, mi sentivo un giocatore più forte quando sono tornato in Slovenia. Non dimenticherò mai quei momenti. Ho ancora tutte le maglie conservate a casa. Un periodo che terrò sempre nel cuore”.
È rimasto in contatto con qualcuno di loro?
“Sono rimasto in contatto con alcuni. Prima di tutto però voglio parlare di Astori. È stato un amico, non solo in campo ma anche fuori. È una delle più belle persone che ho incontrato nella mia vita, la sua perdita è stata un grande dispiacere. Sono ancora in contatto con Nainggolan, Conti, Sau, Ariaudo che ora è team manager alla Sampdoria. Ci sentiamo qualche volta per messaggio. Quello, in generale, era un gruppo fenomenale. Quando ti giravi e vedevi che in campo con te c’erano Conti, Cossu, Pinilla, Sau capisci tanto di quella squadra. Erano tutti grandi giocatori”.
Lei ha fatto parte per diverso tempo della nazionale macedone, ultimamente Elmas e compagni si stanno trasformando in un avversario imbattibile per l’Italia.
“Sì (ride, ndr). Quando si gioca contro l’Italia, l’allenatore non ha bisogno di dare tante indicazioni. Le gambe vanno da sole, non hai bisogno di motivazioni ulteriori, a maggior ragione che ora l’Italia è campione europeo in carica. Magari l’Italia nell’ultima occasione ha pensato di poter vincere tranquillamente la partita, anche perché la Macedonia del Nord non era in grande forma. Ma nel calcio non è mai detta l’ultima parola. Negli ultimi venti minuti la Macedonia ha preso il controllo del gioco e ha provato a sfruttare le sue chance e alla fine ha raggiunto l’1-1. L’Italia ha pensato che la partita fosse finita, ma fin quando l’arbitro non fischia una gara, si sa, non è mai conclusa”.
Dopo l’esperienza al Cagliari, come detto, è stato ancora al Maribor, poi all’Astana, ancora in Slovenia e poi nelle ultime stagioni in Albania. Ora quale sarà la prossima tappa della sua carriera?
“Sono prossimo al ritiro. Quando ero giovane, guardavo sempre ai giocatori più anziani e puntavo a essere come loro ma pensavo anche “perché non lasciano a noi lo spazio?”. Ormai ho trentacinque anni, il tempo sta passando e penso sia giusto lasciare spazio a quelli più giovani di me. Non sono mai stato un fenomeno, ringrazio Dio per quello che mi ha dato tra Serie A, Champions League, l’esperienza in Slovenia dove sono stato più volte nominato giocatore del campionato, così come in Macedonia. La mia carriera è però finita, voglio lasciare il mio posto ai più giovani. Ora sto seguendo i corsi per diventare direttore sportivo, poi nel futuro proverò a prendere il patentino per iniziare la carriera di allenatore perché non si sa mai. Voglio restare in campo, questo è sicuro”.
Matteo Cardia