Intervista al tecnico uruguaiano, a Cagliari per poche partite nella disgraziata stagione 1996-97, conclusasi poi con la sanguinosa retrocessione in Serie B dopo lo spareggio di Napoli contro il Piacenza.
Il Cagliari della stagione 1996-97 viene ricordato per lo spareggio di Napoli perso contro il Piacenza e la conseguente retrocessione in Serie B con Mazzone in panchina e le lacrime di Tovalieri davanti alle migliaia di tifosi rossoblù accorsi con ogni mezzo al San Paolo. In quel campionato però fu un altro allenatore a iniziare la stagione alla guida della squadra: Gregorio Perez. Uruguaiano, un passato da secondo di Tabarez, il Maestro che a Cagliari aveva lasciato più di un ottimo ricordo, arrivava dopo l’esperienza all’Independiente in Argentina e soprattutto dopo tre titoli vinti consecutivamente in Uruguay alla guida del Peñarol. Perez, nonostante i pochi mesi in Sardegna, ha lasciato un’impronta importante nei cuori dei tifosi, sempre corretto e probabilmente licenziato troppo presto dopo un mercato estivo abbastanza creativo dell’allora patron rossoblù Massimo Cellino: Tinkler, Lonstrup, i due svizzeri Pascolo e Vega, il connazionale di Perez Luis Romero fra gli altri.
Proprio l’eleganza e l’amore verso il Cagliari e i cagliaritani sono saltati subito all’occhio appena abbiamo contattato l’ex allenatore rossoblù, ora disoccupato e in cerca di una nuova avventura in Sud America: una disponibilità totale a parlare del passato, i ringraziamenti per aver rinverdito i suoi ricordi di un’esperienza breve, ma intensa.
Partiamo dalla fine: lasciò Cagliari quasi in lacrime dopo l’esonero successivo alla sconfitta contro la Lazio all’OIimpico, pur se la squadra dimostrò sul campo di giocare bene e di non meritare la posizione in classifica. Quali sono i suoi ricordi?
Lasciai Cagliari con una forte amarezza, visto che non penso meritassi una fine di quel tipo e che non corrispondeva al lavoro fatto. Ho un grande ricordo e gratitudine verso tutti i tifosi e la gente che mi accompagnarono fin da quando arrivai in una città davvero speciale.
Quali sono i suoi ricordi di quella squadra: pensa che avrebbe potuto fare una stagione di buon livello e, soprattutto, quel Cagliari si sarebbe potuto salvare con lei alla guida fino alla fine?
Questa domanda richiede una risposta più ampia di quello che posso dire in quest’occasione, ma in generale si confermò come una rosa che avrebbe potuto evitare la Serie B, ma purtroppo non mi si diede abbastanza tempo per raggiungere il risultato. Pur con il cambio di allenatore il Cagliari retrocedette. Era una squadra che aveva futuro e la decisione frettolosa della società non portò frutti e sì, penso che avrei potuto ottenere la salvezza: sfortunatamente arrivò l’esonero e ancora oggi non conosco i motivi della scelta.
In quel Cagliari c’erano tre uruguaiani, Darío Silva, Fabián O’Neill e Luis Romero. Cosa ricorda dei suoi tre connazionali?
Sia Darío che Fabián sono idoli in Sardegna, grazie a tutto ciò che hanno dato in campo e come tutti gli uruguaiani che hanno vestito il rossoblù. Romero restò poco e giocò anche meno, quindi non ha potuto lasciare traccia.
Nei primi anni Novanta a Cagliari arrivarono Fonseca, Herrera e Francescoli che furono protagonisti a Italia 90 con Tabarez alla guida e lei come secondo.
Erano giocatori di primissimo livello e che passarono per Cagliari lasciando una grandissima immagine in tutti i sensi e aprendo così le porte all’arrivo di altri uruguaiani successivamente tanto che ancora oggi c’è un legame tra l’Uruguay e il Cagliari. Un legame che proprio questi tre campioni hanno reso tale e che credo si spieghi proprio con il loro successo.
Ora tocca a Nández e Oliva proseguire la tradizione.
Conosco entrambi e sono arrivati in Italia esclusivamente per loro meriti. Nández è un giocatore a tutto campo, con un grande temperamento e che non lascia nulla d’intentato fino al 90′, con una buona tecnica e che sta crescendo e continuerà a crescere in un calcio competitivo come quello italiano. Oliva è abbastanza simile, buona tecnica e sta dando molto alla squadra quando chiamato in causa.
Nella sua quinta esperienza al Peñarol (2011-12) ha allenato Joao Pedro, all’epoca diciannovenne. Che ricordi ha del brasiliano? Come valuta la sua crescita?
Sono molto contento di vedere quanto sia maturato e cresciuto da allora, è un elemento importante del Cagliari diventandone anche capitano in alcune occasioni. A 19 anni già mostrava le sue qualità e con l’esperienza è migliorato ulteriormente. Ho davvero un ottimo ricordo di lui.
Ha visto il Cagliari durante questa prima parte di campionato?
Sì, ho guardato molte partite e sta disputando una gran bella stagione finora. Vedo una squadra compatta, che difende e attacca bene, con transizioni rapide sia offensive che difensive. Il lavoro che stanno portando avanti mi fa pensare a un futuro nelle coppe europee.
Come mai secondo lei i tifosi cagliaritani hanno provato così tanto affetto per lei nonostante la non lunga permanenza?
Onestamente non so la ragione, in ogni caso l’affetto e la stima sono corrisposti senza dubbio.
Le piacerebbe allenare questo il Cagliari attuale?
Certo, sarebbe una cosa fantastica sia oggi come in futuro.
Come sta oggi Gregorio Perez? Quale il suo futuro?
Sto molto bene e mi aspetto di tornare a lavorare presto. Fino a poco tempo fa ero in Colombia (prima al Tolima, poi al Santa Fe, ndr) e in questo momento aspetto che si concretizzi un progetto per la fine del 2019. Mando un saluto a tutti i tifosi rossoblù e i miei auguri per un Cagliari protagonista.
Matteo Zizola