Intervista al centravanti sassarese del Mantova, autore di un poker nell’ultimo turno e grande tifoso della sua Torres.
Attaccante di razza e capocannoniere della serie D, con sei reti segnate nelle prime tre giornate di campionato. Una passione sfrenata per la sua Torres e tanta voglia di divertirsi con quello che ama e sa fare, cioè giocare a pallone. Stiamo parlando di Luigi Scotto, sassarese classe 1990, attualmente in forza al Mantova. Lo abbiamo contattato nel giorno del suo 29esimo compleanno e ci ha parlato del suo momento di forma, della sua visione del calcio e di qualche aneddoto vissuto in carriera.
Partiamo da questo weekend. Quattro gol tutti in una volta e capocannoniere della Serie D: come ci si sente?
È una bella soddisfazione, qualsiasi giocatore di calcio spera di vivere delle giornate così. Sono veramente contento e i complimenti ricevuti mi hanno fatto molto piacere, ma non per questo mi monto la testa.
Ti senti nel pieno della forma fisica e della maturità calcistica?
Da qualche anno riesco a disputare dei campionati molto importanti con continuità, giocando di più rispetto al passato, dove sono stato bloccato da troppi infortuni. Penso che un attaccante dai 26 anni in poi maturi, avendo alle spalle un vissuto che gli permette di essere più forte.
A Mantova avete sfiorato la Serie C l’anno scorso: quali sono le ambizioni di questa stagione?
Sono facili da dire. Sono rimasto qua perché l’obiettivo è quello di riprendermi quello che mi sono perso l’anno scorso, cioè la serie C. La mia scelta è dettata da una grande voglia di rivalsa, quella di vincere il campionato con la maglia del Mantova.
A 28 anni sei uno degli attaccanti più affidabili della Serie D. Ti sta stretta l’etichetta di bomber di categoria?
Non mi reputo un bomber, ma uno che se viene acquistato non viene preso soltanto per i gol, ma per tutto quello che posso dare, gli assist e la possibilità di incidere durante la gara. Non vivo solo per il gol anche se è vero che per un attaccante è fondamentale segnare. I gol fanno molto rumore. Il dispiacere semmai è non giocarmi la C a questa età e con questa maturità. Anche se ripeto, io nel calcio come nella vita non mi metto limiti. Io la voglio conquistare con il Mantova, poi si vedrà quel che accadrà.…
Parliamo della tua Sassari. Due squadre ambiziose nello stesso campionato: che effetto fa, da fuori?
Sono due squadre dove ho tanti amici. Una è la squadra che tifo ed è inutile negare che abbia un debole per lei. La Torres, rispetto all’anno scorso ha costruito una squadra migliore, guidata da un ottimo mister come Mariotti e da un mio grandissimo amico, Giacomo Demartis, un giocatore che può dire ancora la sua e fare la differenza. Con un budget diverso rispetto al Latte Dolce sta disputando un buon campionato. Il Latte Dolce penso invece che sia la squadra più completa di tutto il girone. Ha dei giocatori di prima fascia per la categoria e per me rimane una delle candidate alla vittoria.
Alla Torres non hai detto no qualche anno fa, nonostante le note vicissitudini societarie. Hai qualche rimpianto di quel periodo? Ci pensi ancora? Credi che fu un errore?
Il giorno che ho firmato per la Torres sono stato il ragazzo più felice del mondo. Finalmente si realizzava il sogno di giocare con la maglia della mia città. Con il senno di poi però è stato sbagliato perché quella scelta lì mi ha “compromesso” un po’ la carriera, nel senso che ero un giocatore che in Serie C aveva già vinto due campionati ed ero in un piazza importante come Alessandria. Sono andato alla Torres non sapendo che saremmo falliti per le vicende legate alla gestione Capitani, che poi si verificarono. Hanno lasciato il loro strascico. Mettiamola così: forse dal punto di vista sportivo è stata una cavolata tornare, ma averlo fatto mi ha dato tantissime emozioni indimenticabili. Il rovescio della medaglia..
Ma in un futuro potresti tornare?
La Torres è la squadra del mio cuore. Oggi sono un giocatore del Mantova, sono felice di esserlo sia per la squadra che per la società, e voglio conquistare il campionato con questa maglia.
Ti manca un esperienza in serie B o magari all’estero? Ci sei mai andato vicino?
Si, una volta venni contattato da una squadra della Serie A polacca, il Widzew Łódź, dove giocò Zibi Boniek. Sicuramente rimarrà sempre la curiosità di confrontarsi con la Serie B, spero non diventi un rimpianto. Nel calcio devi dimostrare e ci sono le categorie giuste, ma a volte ci vuole anche un pizzico di fortuna. Il sogno era arrivare almeno lì ma adesso evidentemente merito questo.
Cosa ne pensi della Natzionale Sarda?
Sono molto patriottico, secondo me è una bellissima cosa. Purtroppo l’anno scorso sono stato chiamato al primo stage, a campionato in corso, quindi la società ha preferito non mandarmi perché ci stavamo giocando il campionato. Poi nel secondo raduno non sono stato convocato e quindi non so. Sicuramente mi avrebbe fatto piacere andare ma le scelte sono state queste. Mi dispiace ma è andata così.
Un ricordo delle giovanili al Genoa?
Ho avuto la fortuna di giocare in un Genoa stellare e di esserne stato il capitano molte volte. Anch’io ero tra quelli portati per fare il grande salto. Ho giocato con gente del calibro di El Shaarawy, Lazarevic, Lamanna, Perin, Boakye. Quelli che dovevano uscire hanno mantenuto le promesse.
Sei fresco di compleanno, cosa hai chiesto, spegnendo le candeline?
Mi auguro di riuscire sempre a dimostrare il mio valore. Sogno ancora di arrivare in alto, non mi metto paletti anche se nella vita bisogna essere realisti e fortunati. Mi auguro sempre di mantenere questa voglia di giocare. Il calcio ti dà l’opportunità di conoscere tante persone a cui rimani molto legato.
Matteo Piano