“Credo che stasera abbiamo giocato in modo sfacciato come avevo chiesto, a parte due gol presi in modo un po’ particolare e strano. Il Bologna aveva giocato dieci giorni fa l’ultima volta e non si è vista la differenza, oggi abbiamo fatto quello che volevamo ma non abbiamo segnato, cosa che era successa con Parma e Torino: dispiace non avere concretizzato quando potevamo”. Così Davide Nicola ha analizzato in sala stampa lo 0-2 del suo Cagliari contro il Bologna, match che ha portato la quinta sconfitta in dieci partite – una ogni due partite, solo Hellas Verona (7), Lecce e Venezia (6) hanno fatto peggio, con i lagunari che devono ancora giocare –, con il consueto sfoggio di tranquillità e ottimismo. Frutto di una prestazione certamente diversa rispetto a quella di Udine nell’impegno e nella produzione offensiva, anche se il risultato è stato il medesimo con la costante del numero zero, come i gol segnati e i punti incamerati.
Numeri
Certamente il Bologna è una squadra di altro spessore rispetto a un Cagliari che si è salvato soltanto alla penultima giornata nello scorso campionato, mentre i felsinei hanno centrato la clamorosa (e meritata) qualificazione in Champions League. E ieri, martedì 29 ottobre, all’Unipol Domus si è visto. E ha ragione il tecnico del Milan Paulo Fonseca quando dice: “Mai visto una squadra vincere o perdere il campionato dopo nove partite”. Lo stesso ragionamento si può usare per la lotta salvezza e, come ricordato da Nicola in conferenza, “La classifica rispetto all’anno scorso è in linea con 9 punti rispetto ai 6, quindi sappiamo qual è il nostro campionato e dobbiamo andare avanti lavorando, migliorando, capitalizzando quello che sappiamo fare”. Tutto vero, per carità. Sicuramente tifosi e stampa, ovvero chi non scende in campo, sbagliano a dare troppo peso al risultato piuttosto che alla prestazione, specialmente quando si è all’inizio di un nuovo progetto tattico che ambisce a ricostruire una diversa identità rispetto al passato recente. Però i numeri hanno il pregio di essere oggettivi, a prescindere dall’interpretazione. E il dato sui gol segnati non può non essere dirimente nell’analisi: 8 gol segnati in 10 partite, ma arrivati effettivamente in sole 4 gare (1 a Como e Juventus, 3 a Parma e Torino). Un dato che significa che in 6 gare su 10, più della metà di quelle giocate, il Cagliari non ha violato la porta avversaria. Certo, ci sono i pali e le occasioni da gol create, ma il fatto che alla vigilia della sfida contro il Bologna le statistiche su realizzazione dei tiri nello specchio e delle chiare occasioni da gol il Cagliari fosse rispettivamente penultimo e terzultimo nelle classifiche dedicate, il problema evidentemente esiste. E non è certamente di poco conto, a differenza della tranquillità fatta passare da Nicola come messaggio all’ambiente in sala stampa.
Spuntato
A Udine i rossoblù hanno giocato per contenere la fisicità dei bianconeri di Runjaic, pronti a ripartire e a punire eventuali errori dei padroni di casa. Un piano tattico saltato clamorosamente con il doppio giallo rimediato da Makoumbou dopo soli 30′, con un Cagliari in 10 uomini incapace di far male e sfruttare le pur presenti lacune di Lucca e compagni, a lungo fischiati dal proprio pubblico durante la prima parte della ripresa e fino al definitivo 2-0 firmato dall’inglese Davis. Contro il Bologna la squadra di Nicola ha migliorato la sua produzione offensiva, come dimostrano le cifre del match (14 tiri, 10 occasioni da gol) ma senza fare progressi in fase di concretezza, atavico problema di una squadra priva di un bomber – e questo lo si sapeva – ma incapace di trovare gol con costanza anche con il resto dei reparti. Gaetano, giusto per fare un esempio, ha avuto due occasioni importanti, ma tra mancanza di fortuna (nella prima) e precisione (nella seconda) non è riuscito a sbloccarsi. “Gli attaccanti? Non è che Luvumbo e Lapadula arrivino da una stagione piena di gol, sono in linea con quanto fatto di recente”, ha detto ancora Nicola in conferenza stampa alla precisa domanda su chi nel Cagliari dovesse pensare a segnare oltre Piccoli, sfiancato anche contro il Bologna da un esasperante lavoro sporco per tenere su la squadra. Risposta che ci può anche stare, però va ribaltata la prospettiva: se questo è il ragionamento, era valido anche in estate quando si poteva (e doveva) porre rimedio. Perché è facile, a posteriori, rifugiarsi in questo. Che Luvumbo fosse un esterno – o un’ala, come lo ha definito lo stesso Nicola – lo si sapeva da tempo, eppure per larga parte dell’estate lo si è provato da punta, per capire se potesse essere efficace anche in zona gol. Risultato? Dopo 10 partite l’angolano è forse il giocatore più involuto della rosa rossoblù, con evidenti difficoltà a trovare la sua giusta collocazione anche sull’esterno. Di chi sono le responsabilità? Non esiste un solo colpevole, ma nemmeno innocenti, a tutti i livelli.
Stranezze tattiche
Chiudiamo la nostra analisi con l’equivoco tattico forse più visibile del match contro il Bologna, ovvero le scelte a centrocampo. “Chi conosce Gaetano sa che può fare anche quel ruolo, penso a Reggio Emilia l’anno scorso e non solo”, ha detto Nicola per giustificare la curiosa e opinabile – dall’inizio eh, non a conti fatti – decisione di schierare il numero 70 sull’out mancino. Andando a controllare su Transfermarkt (non la Bibbia, sia chiaro, ma un sito utile) quante volte Gaetano in carriera avesse effettivamente giocato in quella posizione il dato è il seguente: le gare da ala sinistra il centrocampista napoletano sono 40, con ben 25 reti e 3 assist. Numeri clamorosi che sembrerebbero confermare l’intuizione del tecnico rossoblù, salvo poi notare come 19 presenze e 20 reti siano della stagione 2015-16, quando Gaetano giocava nell’Under 17 del Napoli. Da professionista lo score è di 16 presenze con una sola rete e 3 assist, tutti realizzati con la maglia della Cremonese tra il 2020-21 e il 2021-22. Cifre che cozzano dunque con una scelta che ha portato Nicola a preferirlo in quella posizione – evidentemente non congeniale – rispetto ad altri esterni di ruolo come Augello e Luvumbo, su cui ha pesato un eccesso di utilizzo in questa prima parte di stagione, ma pure di Azzi e Felici, evidentemente non ritenuti all’altezza del compito se al loro posto è stato schierato un giocatore che, parole sue alla Gazzetta dello Sport, preferisce giocare da mezzala dopo essere nato trequartista. Sulla coppia centrale di centrocampo Marin-Prati, inseriti per sfruttarne il palleggio ma dopo neanche 10 minuti subito costantemente scavalcati dai lanci lunghi della difesa, ha già detto Roberto Pinna nella sua analisi (LINK) e non è il caso di aggiungere granché, se non puntualizzare come di tutte le occasioni da gol create dal Cagliari tra primo e secondo tempo nessuna è nata dai piedi dei due centrali o da uno sviluppo dell’azione partita da quella zona di campo. Di fatto mortificati tatticamente da una scelta azzardata, che ha privato la mediana rossoblù di qualcuno capace in fase di interdizione esponendo i due a rischi importanti, pagati a caro prezzo in occasione dei due gol bolognesi. Sul primo Marin sbaglia appoggio su Gaetano (esattamente come successo nello 0-1 di Di Lorenzo in Cagliari-Napoli), facilitando il recupero di Moro e Ndoye, che poi lancia Orsolini per il vantaggio. Sul secondo né il rumeno né Prati escono in tempo su Odgaard che da fuori supera Scuffet sul suo palo.
Futuro
Insomma, se la sfida contro il Bologna doveva ridare certezze a una squadra uscita dal Friuli con qualche dubbio di troppo, a bocce ferme sembra invece averne alimentato di nuovi. Prima della terza sosta per gli impegni delle nazionali il Cagliari sfiderà due avversari di alta classifica come Lazio (in trasferta) e Milan (in casa). Due gare toste, che fungeranno da ulteriore banco di prova per una squadra che al momento grazie ai 7 punti in 3 gare contro Parma, Juventus e Torino respira ancora aria tranquilla, ma che non deve commettere l’errore – da evitare, dopo quelli in campo confermati dallo stesso Nicola – di sentirsi appagata e di aver già passato la nottata. Perché, per quanto il Cagliari abbia fatto vedere di essere in grado di giocarsela contro qualunque avversario, la strada da fare verso la salvezza è ancora lunghissima e irta di ostacoli. Basta esperimenti, dunque e spazio alle certezze, con un’identità chiara. Per non rischiare di buttare via in un attimo i progressi fatti con tanta fatica nelle scorse settimane.
Francesco Aresu