L’inizio e la fine così come tutti gli opposti in qualche modo hanno qualcosa in comune. Linee che sembrano parallele finiscono per diventare incidenti, fino a sovrapporsi per più segmenti, fino a non capire che aspetto abbia l’una o l’altra realtà. Le emozioni favoriscono questo movimento incomprensibile che ha poi il potere di far ritornare tutto al punto di partenza. E così avviene che a inizio partita al PalaSerradimigni venga esposto uno striscione che recita “Maglia, città e tifosi non avete rispettato, per fortuna è finito il campionato”, e che alla fine invece il pubblico applauda tutta la Dinamo Sassari dopo il suono dell’ultima sirena e della vittoria su Reggio Emilia. Le emozioni comandano il prima e il dopo, l’inizio e la fine. Uniscono le due parti del racconto, prima che però il tutto riprenda la forma originaria. Perché in fin dei conti, dopo l’ultima sirena, viene naturale pensare a un ormai recente passato in cui i fastidi superano le soddisfazioni, prima che guardare al futuro più prossimo.
Ultima gara
Jefferson e compagni avevano il dovere di chiudere in crescendo la stagione. Il messaggio era stato chiaro dopo la brutta uscita con Varese, quando dalle gradinate del palazzetto sassarese erano arrivati fischi che avevano portato il presidente Sardara a prendere una netta posizione nei confronti della squadra. A Scafati era arrivato il primo segnale di un gruppo vivo, soprattutto a livello offensivo. Contro una Reggio Emilia un po’ scarica, e fortunata visto che la sconfitta non è costata il quinto posto, Sassari ha confermato quanto di buono fatto vedere in Campania, avendo soprattutto un buon impatto da una panchina – Cappelletti e McKinnie su tutti – che ha trascinato poi il resto del gruppo verso la vittoria. Un successo che è valso il decimo posto e che sarà uno degli ultimi ricordi sul parquet di un pilastro dello spogliatoio come Luca Gandini – che ha annunciato il ritiro a fine partita e che non sarà di certo facile da sostituire – e tra i primi di un Alessandro Dore che dopo tanta sfortuna ha chiuso la stagione dei grandi con sei punti tutti frutto del suo talento.
Parole
Di quanto questa Dinamo potesse fare, almeno nella parte conclusiva della stagione si è detto più volte nelle ultime settimane. Con i se e con i ma è però difficile parlare obiettivamente di sport, ancora di più pallacanestro, che vive di imprevedibilità tutte sue a cui si aggiungono quelle di una stagione professionistica. Riavvolgendo il nastro quella di Sassari non è stata sicuramente una stagione fortunata. Al di là degli infortuni, soprattutto quello di Bendzius, che hanno penalizzato la formazione della chimica ideale del gruppo, la chiusura del rapporto con Piero Bucchi è stata la fotografia più nitida, quella più difficile anche da scattare e da accettare per l’ambiente di un’annata complessa. Perché Bucchi ha avuto le spalle larghe per prendere la squadra sulle spalle al primo campionato in cui il livello della Serie A si era nettamente alzato e Sassari aveva bisogno di una guida sicura, che in quel momento non poteva essere il pur bravo Demis Cavina, e poi ha dato continuità al progetto. Due semifinali scudetto e una supercoppa sfiorata contro Bologna i risultati. Vero è che è mancata l’Europa, anche se nel 2024 il passaggio ai play-in di Champions League è arrivato, malgrado poi la brusca uscita di scena contro Cholet. Bucchi però si era trasformato in un uomo a immagine di Sassari, così come aveva provato a diventare Stefano Gentile, che poi però ha deciso di prendere un’altra strada nel momento meno indicato. Con un contraccolpo forse sottovalutato, anche da chi scrive, a livello mentale per il gruppo che ha perso una bussola in più per capire cosa significasse giocare con la maglia di Sassari addosso e che ci si dovesse giocare ancora qualcosa di importante. L’arrivo di Nenad Markovic e la sua capacità di leggere le problematiche da ex giocatore di alto livello, hanno ridato fiducia e capacità di immaginare alla città e alla squadra. Così è arrivata la salvezza, prima però che gli spettri del recente passato si ripresentassero ancora più forti. Sono tornati gli alti e i bassi, oltre che l’impressione che con la pressione addosso la connessione con il pubblico e con gli obiettivi si perdessero troppo facilmente di vista. Qualcosa di poco comprensibile per chi guidava il gruppo dalla panchina e impossibile da leggere per chi non vive quelle dinamiche di spogliatoio che rimangono giustamente dentro quelle stesse mura. Nonostante la premessa, le parole di Alessandro Cappelletti ai microfoni di Dazn alla fine dell’ultima partita risuonano poco casuali: “Speriamo di avere più fame l’anno prossimo, speriamo di costruire una squadra che abbia voglia di scendere in campo ogni partita e dare il 100% per questa maglia, per questa terra e chiaramente per noi stessi“.
Futuro
Sono dichiarazioni che seguono a quelle di Markovic nell’ultima conferenza stampa pre-campionato. Il tecnico a fine gara ha avuto parole di apprezzamento per gli sforzi del gruppo preso in corsa lo scorso gennaio, ma davanti ai microfoni della club house sassarese aveva affermato di volere per il prossimo anno una “squadra affamata, vogliosa di riportare la Dinamo dove merita“. Qualcosa in più si potrebbe capire domani, martedì 7 maggio, con la conferenza stampa del General Manager Federico Pasquini. Se sarà lecito chiedere e chiedersi quali sono stati gli errori commessi, in casa Dinamo bisognerà imparare per guardare subito al futuro più prossimo. La rivoluzione ci sarà e il Gm non ha avuto timore ad ammetterlo. Prima di tutto, il Banco potrà ripartire da Cappelletti e da Bendzius, unici due giocatori sotto contratto. Con il lituano che dopo una stagione ai box però avrà bisogno anche di tempo e pazienza per ritrovare ritmo in partita, aspetto da non trascurare. Il resto è al momento, ovviamente o quasi, un punto di domanda, compresa la partecipazione a una competizione europea. Sembra difficile immaginare la permanenza di Diop, che potrebbe spiccare il definitivo volo verso lidi di più alto livello, così come quella di un Kruslin ormai avanti con l’età, di Treier e del gruppo degli statunitensi, tra tutti un Tyree a cui non mancheranno offerte. Sarà una Sassari diversa, più a immagine di Markovic che avrà la chance di allenare un roster che rispecchi le sue idee. Ma che sicuramente non dovrà dimenticare quel senso di appartenenza che a volte può salvare un rapporto che ti fa dare qualcosa di più e che unisce l’inizio e la fine di ogni stagione. Sarà ancora più importante in un anno in cui si consumerà il decimo anniversario dallo scudetto e in cui potrebbero arrivare novità importanti per un PalaSerradimigni che attende da tempo novità sul proprio ampliamento.
Matteo Cardia














