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Il direttore sportivo del Cagliari Stefano Capozucca | Foto Alessandro Sanna

Da salvatore a imputato, Capozucca ha perso il suo Cagliari?

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Arrivo, promozione, miglior risultato della gestione Giulini in Serie A. Uno dietro l’altro, poi l’addio e i sostituti che non hanno mai convinto, lasciando l’idea che quel percorso interrotto improvvisamente dovesse ripartire per trovare nuovamente la gloria. Storia e successi di Stefano Capozucca come direttore sportivo rossoblù, fino al ritorno nel febbraio del 2021 salutato con entusiasmo da una piazza che lo ha sempre visto come il salvatore della patria.

Parabola
“Ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione, e il peccato fu creder speciale una storia normale”. Non un farewell, addio, come nella famosa canzone di Francesco Guccini, ma il rapporto tra Cagliari e Capozucca ha preso da tempo una piega inaspettata. Da deus ex machina rimpianto a minestra riscaldata dal sapore indigesto il passo è stato breve. Prima la salvezza in coppia con Leonardo Semplici e poi la strada del lento declino culminata con la retrocessione di Venezia. Un’altra volta Serie B, un’altra riscossa da compiere per riportare il club rossoblù in alto. Le prime giornate della cadetteria – e soprattutto l’estate che le ha precedute – raccontano di difficoltà che hanno trovato in Capozucca uno dei responsabili indicati dalla piazza. Non solo per i risultati, ma anche per le parole sparse qua e là negli ultimi mesi. Perché tra l’addio ai proclami e il profilo fin troppo basso c’è un mondo, una via di mezzo che il Cagliari e il suo direttore sportivo faticano a trovare. E così quell’idillio ormai lontano, quel ritorno in Sardegna quasi a furor di popolo, lascia spazio alla disillusione. L’esperto navigatore incapace di salvare la nave dalla tempesta e che piano piano naufraga assieme all’equipaggio, così Capozucca appare in balia di se stesso e degli eventi. Dichiarazioni che sorprendono, da quelle con protagonisti gli uomini da cedere dopo la disfatta di maggio ai pronostici su una cadetteria complicata, passando da un ruolo di uomo mercato sempre più esterno, quasi intangibile. Senza dimenticare la famosa epurazione in diretta tv di Godín e Caceres, preambolo di un inesorabile declino fino alla notte del Penzo.

Difesa senza colpe
Quando hai ricevuto da Cagliari quello che ho ricevuto io, credo sia arrivato il momento di dare qualcosa alla piazza”. Era il 23 febbraio del 2021 quando Capozucca, nella conferenza stampa congiunta con il nuovo allenatore Semplici e il presidente Giulini, spiegava il perché della scelta di un ritorno tanto voluto quanto inatteso. E quel qualcosa da dare alla piazza arrivò sotto forma di una salvezza di rincorsa e a un certo punto insperata, fino all’impresa sancita dalla vittoria di Benevento. Poi il buio e soprattutto un ruolo da direttore sportivo che deve gestire decisioni non proprie. “Ho cercato di difendere delle scelte di cui mi pento”, “su Mazzarri ho difeso una scelta non mia ma lo farei di nuovo”, “Il club ha pagato le conseguenze del mercato fatto negli anni in cui non c’ero”, tutte dichiarazioni che mettono di fronte a un “direttore che non fa solo trattative, ma è di sostegno al mister e al gruppo”. D’altronde diventa difficile avere un ruolo centrale nella costruzione della rosa quando il patron è quel Tommaso Giulini che ha l’ultima parola su ogni acquisto e cessione. Mano poco libera, ma parole sempre pronte di fronte alle domande dei cronisti. Soprattutto se arrivano da Genova sponda rossoblù, l’amore mai sopito che si contende il cuore di Capozucca con il Cagliari. Legittimo, normale, fisiologico, ma forse nella settimana più difficile dall’inizio della Serie B e con la squadra di Blessin da affrontare, la sensazione che insistere su un rapporto storico con i prossimi avversari sia quanto meno fuori luogo.

Vero è che il profilo basso può essere utile a togliere pressioni e tensioni a un gruppo in crisi più psicologica che altro. Di fronte alla depressione della piazza rossoblù cagliaritana, però, centellinare le dichiarazioni sarebbe quasi doveroso. Nascondersi sì, ma senza eccedere e scegliendo bene le parole. Perché quel Cagliari che può lottare per la A lascia l’amaro in bocca a un ambiente che preferirebbe un più forte deve. Volere è potere si dice, ma una piazza come quella rossoblù non può che ambire ai primi due posti senza proclami, ma nemmeno indicando una volta sì e l’altra pure squadre più attrezzate. Sarà forse un ruolo che ha perso via via di senso, schiacciato tra l’arrivo di Roberto Muzzi e di Fabio Pisacane – nuovi uomini del presidente – e quel Tommaso Giulini che lascia poco spazio alla fantasia di chi dovrebbe gestire la parte sportiva. Ma Stefano Capozucca, in tutto questo, sembra aver smarrito quell’aura da Mister Wolf pronto a risolvere problemi, lasciando spazio a dichiarazioni di circostanza senza i fatti a supportarle. Il futuro è tutto in quel restituire qualcosa alla piazza, promessa al suo ritorno in Sardegna: sarà il risultato finale a dire se il passato glorioso sarà cancellato da risultati non all’altezza o se arriverà un’altra impresa prima di un nuovo e definitivo Farewell. Spesso sussurrato tra le vie cittadine, ma mai arrivato e rimasto nell’ordine delle voci. Per ora.

Matteo Zizola

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