Il Costa Orientale Sarda è pronto a ripartire. Dopo i primi due anni, il progetto che unisce Sarrabus e Ogliastra si affaccia sul futuro con fondamenta ancora più solide. Con lo sguardo rivolto verso il prossimo campionato di Serie D, ma anche sul percorso intrapreso nel calcio giovanile e non solo. Abbiamo parlato con il tecnico del Cos Francesco Loi di quanto costruito nell’ultima stagione e dei desideri per la prossima annata.
Mister Francesco Loi, il progetto del Costa Orientale Sarda arriva al suo terzo anno. Dopo essere partiti e aver cominciato a correre, arriva l’anno del consolidamento?
“Arriva un terzo anno dove sicuramente si parte da una base importante. Aspetto che non c’era al primo anno e che è stato migliorato in maniera importante nel secondo. Il terzo anno ci permette di programmare con serenità e di porci degli obiettivi diversi dalle prime due annate e alcuni che rappresenteranno il futuro di questo sodalizio”.
Facciamo un passo indietro e parliamo della stagione conclusasi a inizio maggio. Ci si è divertiti tanto nella prima parte di campionato, con una classifica che parlava da sé. Poi una seconda parte in cui in alcuni casi le prestazioni e i risultati non sono coincisi.
“È stato un girone d’andata sopra le aspettative, dove la squadra ha meritato la posizione di vertice che ha ricoperto per buona parte del campionato. Era un piazzamento che per qualità e importanza della rosa rispecchiava il nostro valore, che non va sminuito per quello che è successo nel girone di ritorno. In quel momento si è data priorità ad altri obiettivi fondamentali per la crescita del Costa Orientale Sarda. Abbiamo centrato due obiettivi che ci eravamo posti. Un campionato di altissimo livello nel girone d’andata, un girone di ritorno meno soddisfacente nei risultati sul campo e per la classifica ma molto importante per quanto riguarda lo step di crescita dei ragazzi del settore giovanile che sono stati messi di fronte a una categoria di livello. Ragazzi che arrivavano da categorie giovanili o da realtà dilettantistiche che non avevano mai avuto questo tipo di opportunità”.
Soffermandosi sui giovani, qual è stata la soddisfazione più grande nell’ultimo anno?
“Quella di rendere il progetto interessante, di rendere la domenica sempre interessante dal punto di vista della qualità del gioco e della prospettiva. In una società come la nostra emerge la valorizzazione dei giovani, soprattutto perché in prevalenza sono sardi. Ma si evidenzia anche la voglia di tornare a un calcio che si era un po’ perso, nel quale il ragazzo di 16 o 17 anni non viene considerato più un bambino, come invece accadeva vent’anni fa quando era ritenuto parte integrante della prima squadra anche a livello di affidabilità. Abbiamo cercato di riavvicinarci a questi valori. I ragazzi di 16 anni non possono essere considerati dei neonati, ma dei calciatori. Anche perché se non dovessero emergere a quest’età non arriverebbero ad arrivare risultati importanti nel calcio”.
Il connubio tra prima squadra e settore giovanile è stato lo step voluto nell’ultima annata, anche nel rispetto dell’idea alla base del progetto al di fuori del campo, quella di unire il territorio.
“Una società di calcio, soprattutto del livello attuale del Costa Orientale Sarda, non può avere prospettive di durata nel tempo se non ha un settore giovanile importante. Ovvio che farlo in un territorio come il nostro è esponenzialmente più difficile rispetto a farlo in una città. Prima di tutto per i numeri, che non sono altissimi, poi per il frazionamento dei ragazzi che sono divisi in tanti paesi mediamente tutti molto piccoli. Però uno dei motivi per cui è nato questo progetto è l’integrazione fra diverse realtà, come accade a Loceri, che in questo momento non ha più una squadra di calcio nonostante la sua storia calcistica, così come a Tertenia. A queste due realtà dovremo sempre dire grazie, perché ci hanno accolto e ci hanno permesso di esprimere la nostra idea di calcio. Devo dire che sono anche due amministrazioni comunali che si sono dimostrate attente alla questione giovanile. A Loceri si svolgono tutte le attività del nostro settore giovanile. Questo significa riportare vitalità, interesse e creare una immagine positiva per un piccolo centro che sale alla ribalta per fatti positivi. Lo sport è sempre un fattore positivo: dietro l’attività sportiva c’è un aspetto sociale, che interessa anche alla politica locale, che prova a fare il bene per la sua comunità anche aprendosi a realtà come la nostra, senza scopo di lucro, che hanno l’intento di creare nuove possibilità. C’è un ritorno pulito e che dà attenzione al nome di paesi che rischiano di perdersi di vista, almeno per quanto riguarda lo sport”.
A Tertenia nell’ultimo anno abbiamo visto la tribuna riempirsi praticamente ogni domenica. È un sintomo di come il progetto sia ormai parte della realtà territoriale sarrabese-ogliastrina?
“La grandissima soddisfazione è stata rivedere le tribune colme di famiglie, bambini, anziani. Persone che magari si erano allontanate dall’interesse del calcio domenicale, abituate a stare a vedere le partite della Serie A seduti sul divano. Abbiamo riavvicinato queste persone al calcio e ne abbiamo avvicinato di nuove, che non erano appassionate e che magari venivano a seguire il lavoro anche durante la settimana. A Tertenia c’è una società che ha la sua storia e la sua identità. La cosa più bella è stata la collaborazione tra due realtà che si sono sempre aiutate e mai ostacolate. Noi dobbiamo sempre ringraziare il lavoro dei dirigenti del Tertenia, così come dei dirigenti ex Loceri che si sono sempre prodigati per aiutarci. Noi dal canto nostro abbiamo sempre cercato di ripagare questi sforzi. Posso garantire che non è una cosa semplice. È una cosa facile da pensare, ma difficile da attuare. Invece questi due anni sono stati proficui, anche sotto questo punto di vista”.
Sono effetti positivi poi tangibili anche nella costruzione delle squadre sul campo? Che Costa Orientale Sarda vedremo nella prossima stagione?
“Vedremo un Costa Orientale Sarda che avrà un ossatura di base importante dal punto di vista dell’attaccamento al progetto e ai valori che vogliamo esprimere. Per quanto riguarda gli over sarà ridotta nei numeri, con la speranza di aver alzato la qualità. La nostra è una scelta di politica societaria, pensata per creare degli spazi in fase di programmazione più ampi per i giovani ragazzi che avranno la possibilità di mettersi in mostra nel campionato. Il nostro è partito come un progetto locale, è diventato regionale. Abbiamo toccato con mano l’interesse di ragazzi di tutta la Sardegna e di altri che arrivano da oltre Tirreno che sono rimasti colpiti dalle nostre scelte. Questo è il frutto del lavoro dello staff che si è occupato dello sviluppo di questi ragazzi. Alle mie spalle c’è tanta gente che lavora in maniera instancabile per far sì che tutte le cose filino per il verso giusto”.
Non chiediamo i nomi, ma se dovesse fare un identikit del giocatore ideale per il Cos quale sarebbe?
“Dovrà avere le caratteristiche di un ragazzo serio, con un’educazione importante, ma soprattutto deve avere fame. Perché andrà ad affrontare un campionato molto difficile, perché la possibilità che gli viene data è enorme, perché non bisogna nascondersi dietro un dito e dire che il campionato di Serie D è un torneo fatto di ragazzi che fanno del calcio la loro professione. Ormai tutti vengono considerati lavoratori sportivi: bene la passione, il divertimento, ma non dobbiamo rendere poco importante il fatto che da un anno a questa parte si parla di lavoro sportivo. Chi ha la possibilità di fare questo mestiere restando deve dare la giusta importanza a questa chance”.
Ha parlato delle persone che sono alle sue spalle e che lavorano senza sosta. Nell’ultimo anno al suo fianco si è visto come al solito mister Antonio Carta, ma anche Davide Moi, che ha appeso le scarpe al chiodo ed è partito subito con delle responsabilità importanti.
“Parliamo di opportunità per i giovani e per i giocatori, ma anche per quegli addetti ai lavori che del calcio vogliono fare la loro professione. Partire da un campionato nazionale significa bruciare tappe e concorrenza. Nel nostro staff di professionalità ce n’è tanta, a partire dal direttore sportivo Sebastian Puddu che è con noi da tanto tempo. Passando per colui che è il cardine del progetto, il presidente Marco Nibbio che è un ragazzo instancabile che vive h24 per la squadra di calcio. A lui si unisce Franco Palleschi, il nostro segretario generale. Per continuare con i fedelissimi come Antonio Carta e Fulvio Usai, che è da tanti anni con noi. E poi con i nuovi innesti, che sono due figure per il calcio regionale importanti come Davide Moi e Claudio Pani. Due ragazzi che hanno fatto il professionismo vero e hanno per questo un valore aggiunto da trasmettere ai più giovani. Ma c’è anche chi come Luca Tendas che si occupa delle analisi delle partite durante la settimana, Alessandro Franco che si prende cura dei nostri portieri. Ci sono gli allenatori del settore giovanile, a partire da Tangianu che ha fatto benissimo con la Juniores, Tascedda che ha vinto il campionato allievi, Vargiu che ha avuto il compito di gestire la categoria un po’ più complessa a livello numerico, tutti i ragazzi del calcio di base. In questa società ci sono cinquanta persone che lavorano costantemente ogni giorno, con tanta passione e professionalità, affinché tutto vada avanti nel modo più liscio possibile. Non in modo perfetto, perché la perfezione non esiste nel calcio: si sbaglia, ci si ferma e si cerca di migliorare sugli errori fatti, perché si cresce solo in questo modo”.
Ritornando alle questioni di campo, ancora si attende la formazione dei gironi del prossimo campionato, ma a oggi che campionato è quello di Serie D?
“Il calcio di quarta serie è diventato la vecchia C2, il dilettantismo è pari quasi a zero. Anche perché se pensi di fare una trasferta da Tertenia a Ischia non puoi parlare di un campionato dilettanti. Alcune squadre, soprattutto le prime cinque, avrebbero potuto fare una bella figura in Serie C. Ci sono state alcune sorprese e il consolidamento di alcune realtà come Uri e Latte Dolce, c’è stata anche qualche delusione che fa parte del nostro sport. Il calcio è fatto di cicli. Una volta o due si va bene, poi però può arrivare anche il momento in cui si va male. La forza di un progetto è quella di costruire le basi per cui, nel momento qualcosa non funziona, si ha una base solida da cui ripartire. Noi l’anno scorso abbiamo preferito costruire delle fondamenta. Per passare dal secondo posto al penultimo ci possono volere anche quattro partite: quando accade non è un fallimento, se hai costruito, lo è solo se ti giri e c’è il vuoto”.
Dal punto di vista tecnico-tattico, nella scorsa stagione avete iniziato segnando tanto, poi c’’è stato un netto miglioramento anche nella fase difensiva, prima di un girone di ritorno con qualche difficoltà sotto porta. Se deve pensare a un gradino da salire sotto questo punto di vista quale potrebbe essere?
“L’obiettivo per l’allenatore deve essere sbagliare meno di quello che ha sbagliato lo scorso anno. Quando tu subisci e segni tanto, vuol dire che non hai trovato un equilibrio, aspetto che fa la differenza in questa categoria. Sicuramente in alcune letture o scelte si poteva fare meglio dal punto di vista della gestione. Si poteva far meglio anche in alcune situazioni nella resa da parte della squadra, però è anche vero che volutamente il gruppo è stato messo sotto pressione dal voler giocare con alcuni ragazzi anche tre anni sotto età. Però quando ci si prende la responsabilità di quello che si fa e soprattutto quando si dicono le cose e le si fanno si accetta anche l’errore. Cercheremo quest’anno di sbagliare di meno, anche se questo non vuol dire che avremo risultati migliori. Nell’ultimo girone d’andata abbiamo raccolto tanto vincendo quattro partite con gol oltre il 90’. Al ritorno abbiamo perso partite in cui avremmo meritato un altro risultato. Sicuramente la scelta di ridurre gli over significa responsabilizzare quelli che hanno scelto di rimanere. La decisione di andare poi a puntare su dei giovani che saranno sempre sotto età sarà la nostra scommessa. Ma questo non vuol dire che un 2007 o un 2008 non possa avere le qualità che ha un 2004”.
Le attività per la prossima stagione sul lato del settore giovanile sono già cominciate. Quale sarà l’assetto organizzativo della società?
“Abbiamo scelto di investire in modo rilevante sul settore giovanile. Motivo per cui alcuni componenti dello staff della prima squadra passeranno a occuparsi quotidianamente dei ragazzi. Il responsabile del settore giovanile sarà Davide Moi che si staccherà parzialmente dalla prima squadra per dedicarsi a questo ruolo, Claudio Pani lo accompagnerà in questo percorso. Avremo con noi Fabrizio Ruzzu, che ha un’esperienza ventennale con il Cagliari e con le sue accademie, che sarà il supervisore del settore di base. Abbiamo avviato un percorso per quanto riguarda il conseguimento della qualifica del settore di base di secondo livello. Quest’ultima sembra una cosa semplice, ma in realtà vanno seguite per filo e per segno le regole date dalla Federazione, ma ci permetterà di crescere nella struttura. Penso che poche squadre nel nostro territorio negli ultimi vent’anni abbiano dato un peso e un’importanza così grande al settore giovanile. I ragazzi e le loro famiglie poi ci stanno ripagando con tanta fiducia e credo che andremo a raddoppiare i numeri dello scorso anno”.
E invece per quanto riguarda la prima squadra?
“Ci stiamo concentrando sul completamento dello staff. Abbiamo dato priorità all’organizzazione, prima che alla costruzione della squadra per un motivo molto semplice. Siamo sempre stati una realtà che ha dovuto rincorrere i giocatori per convincerli. In questo momento abbiamo la forza di poter scegliere e stiamo cercando di individuare i profili più adatti ai nostri ideali. I sacrifici e i chilometri sono stati fatti soprattutto andando a parlare con le famiglie dei giovani che vogliamo portare dentro al progetto. E che garantisco sono molto interessanti, ma che non hanno esperienza nella categoria. Avremo un giusto mix tra giovani che hanno conseguito anche dei premi nelle rispettive categorie e altri saranno delle scommesse che abbiamo la presunzione di vincere. Poi ci sarà un nocciolo duro della squadra, che sa già come si lavora e che avrà due compiti: fare un campionato importante e far crescere questi ragazzi. La meta finale è quello di poter avere lo stesso livello di prestazioni tra senior e under. Sappiamo che troveremo delle difficoltà, ma siamo pronti ad affrontarle. Siamo più che convinti di toglierci delle soddisfazioni”.
Per la prossima stagione qual è il primo desiderio che pensa vorrebbe si realizzasse?
“Senza essere ipocriti quello di centrare i playoff, ma con questi principi. Facendo dunque un mercato accurato, una giusta analisi costi e benefici, un giusto mix tra giovani ed esperti. Abbiamo costruito una rosa composta da ragazzi che per il 90% vedrà over nati dal ‘95 al ‘97, ragazzi che sono negli anni della propria miglior resa calcistica. Loro saranno i giocatori a dover trainare, senza scusanti, tutto il gruppo a ottenere un risultato che ci auguriamo possa arrivare. Se non dovesse arrivare un risultato sportivo, arriverà quello di crescita del progetto. Non dobbiamo comunque nasconderci dietro la crescita dei giovani, perché questo obiettivo non può limitare la crescita del risultato sportivo. Nel calcio contano equilibrio, serietà, attaccamento, ma prima di tutti i risultati. Ci prendiamo, con tanta umiltà, la responsabilità di partire per provare a raggiungere le mete prefissate”.
Matteo Cardia