Il punto di vista di un tifoso “illuminato”, a mente fredda dopo lo sfogo del coach della Dinamo nel post partita di gara 5 persa a Venezia.
Nelle interviste a mente fredda, quelle in cui dà spazio alle domande e risponde lucidamente, Gianmarco Pozzecco definisce sfuriate come quella dopo gara 5 “livelli di idiozia e follia pura”. Basta ascoltare questa intervista su Backdoor podcast in cui racconta i suoi due mesi alla Fortitudo. “Ero molto pessimista”, racconta. E allora viene da chiedersi, dopo 22 vittorie di fila e altre due in una finale scudetto: perché coach, perché proprio ora, sul più bello? Ieri il Poz ha battuto tutti i record: in nessuna delle sue precedenti sfuriate in sala stampa, da coach di Varese, Capo d’Orlando o Fortitudo Bologna, era riuscito a mandare tutti indistintamente a quel paese, e a concludere che spera di perdere anche la prossima. Alla faccia della “cultura sportiva” a cui fa riferimento, probabilmente per rimproverare al presidente dell’Umana Federico Casarin le sue lamentele per i tiri liberi assegnati alla Dinamo, che attacca il canestro ogni partita mentre la squadra di De Raffaele risponde quasi sempre tirando dall’arco.
I sentimenti sono giusti:dispiacere per l’infortunio di Stefano Gentile; frustrazione per il caldo afoso che però in gara 2 ha fatto inciampare anche Venezia; rancore per le dichiarazioni pre-partita con cui la dirigenza di Venezia ha voluto provocare l’avversario e gli arbitri. Ma nei modi e nel messaggio finale, nella mancanza di autocontrollo, c’è tutta la vulnerabilità che Pozzecco riconosce di avere quando parla lontano dal parquet: manca quella serenità che, da quando a fine febbraio ha sostituito Esposito sulla panchina di Sassari, è riuscito a trasmettere a un gruppo di ragazzi inesperti ma di grande talento. Ieri la Dinamo non ha perso per i falli fischiati a Cooley, per le vuvuzela del Taliercio o per l’infortunio di Gentile. Ieri la Dinamo ha perso perché ha approcciato la partita mollemente, non ha saputo ragionare con continuità in attacco, ha sbagliato tiri aperti da 3 e ha subito gli attacchi di un avversario che, dopo le prime due partite sottotono (la prima vinta con un po’ di fortuna), è in crescita costante. E invece proprio di quella serenità, facile da trovare quando si vince sempre, la squadra ha davvero bisogno per allungare la serie un’altra volta, vincendo a Sassari in gara 6 e tornando al Taliercio per gara 7. Di tutto hanno bisogno questi ragazzi, tranne che di vedere la loro guida perdere le staffe e il controllo. O addirittura di sentirlo dire che preferisce perdere piuttosto che arrabbiarsi di nuovo.
Anche Stefano Sardara, quando lo ha chiamato per dirgli di prendere l’aereo da Formentera, gli disse: “Ti aspetto ma questa volta non devi fare cazzate”. E’ stata una scommessa vinta, fino alla notte di gara 5. Gianmarco Pozzecco può ancora diventare il primo allenatore subentrato in corsa a vincere uno scudetto, può ancora dimostrare che oltre a saper mettere ordine tecnico e tattico in una squadra sa guidarla nelle sporche battaglie di una finale scudetto. Ci piace Pozzecco perché è umano, perché parla fuori dai denti, ma soprattutto perché la cultura sportiva di cui parla ha saputo spesso dimostrarla, sul campo e davanti ai microfoni. Se un giorno riuscisse a dimostrarla anche dopo una sconfitta, allora diventerà il più grande allenatore d’Italia.
Nicola Accardo