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Cagliari, un mercato di pagherò e…”giocherò”

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Il tempo verbale è il futuro, dentro e fuori dal campo. L’idea di guardare avanti per consolarsi, per trovare una luce in fondo al tunnel. La classifica però invita a concentrarsi su un presente chiamato Lazio, mentre si cerca di raccogliere le forze per mettere insieme una squadra che possa uscire dalla crisi.

Timori confermati – Il mercato di gennaio ha lasciato dubbi. Da una parte nomi di rilievo, dall’altra il realismo da affrontare quando si parla della condizione fisica di chi è arrivato. Giocatori pronti cercasi era l’annuncio messo a tutta pagina da Di Francesco sulla bacheca rossoblù, giocatori pronti non sono arrivati. La Lazio alle porte e il conto è presto fatto. Tolto Nainggolan, infatti, da Calabresi a Rugani passando per Duncan, Deiola e Asamoah nessuno dei nuovi acquisti sembra in grado di poter entrare nell’undici titolare a stretto giro, a maggior ragione contro i biancocelesti di Inzaghi. Il problema del regista che non è arrivato passa persino in secondo piano di fronte alla condizione di chi invece ha varcato i cancelli di Asseminello. Alfred Duncan un esempio lampante, poche presenze con la Fiorentina, appena chiamato a spingere sull’acceleratore in rossoblù ecco il problema muscolare. Sfortuna? No, perché quando un calciatore non vive partite ufficiali da tempo è normale che il fisico presenti il conto se passa da zero a cento in pochi giorni. Calabresi, il vice Zappa che avrebbe dovuto far rifiatare il giovane terzino classe ’99, ancora non è pronto e chissà quando lo sarà. Deiola ha ricevuto una botta contro il Sassuolo e anche lui è out per la sfida dell’Olimpico. Asamoah e Rugani, lontani dai campi da mesi, verranno probabilmente chiamati in causa più per onor di firma che per dare un contributo che al momento sembra difficile possano dare.

Pagherò, o forse no – Chi più spende meglio spende. Un proverbio che come capita spesso con la saggezza popolare si dimostra valido nei fatti. Il sistema dei pagherò, quando il pagherò esiste e non è rimpiazzato dalla parola gratis, diventa il sistema del giocherò. Al futuro, ovviamente, e chissà quando. Intanto Di Francesco è chiamato a prendersi sulle spalle una situazione che definire complicata sarebbe riduttivo. D’altronde Giulini, nel post Genoa, con quel rinnovo ha detto non solo che il tecnico ha il supporto della società, ma anche che ha la responsabilità di far uscire il Cagliari dalle sabbie mobili di una classifica negativa. Ogni promessa è debito e, non lo si può negare, Di Francesco di promesse ne dovrebbe aver ricevuto fin troppe senza che si siano tramutate in realtà. Tolto Nainggolan e il suo arrivo a posteriori, il resto è un gruppo di calciatori sì validi sulla carta, ma lontani dal poter essere efficaci nel brevissimo termine. Ora contro la Lazio il tecnico abruzzese dovrà fare le nozze con i fichi secchi, attingendo dal già noto e senza avere chissà quali alternative, anzi, avendo perfino perso l’unico centrale di centrocampo di ruolo che aveva in rosa. Di Francesco assomiglia sempre più al famoso meme con protagonista John Travolta in Pulp Fiction, sguardo a destra e a sinistra ma non trovare ciò che ci si aspetta di vedere.

Il bilancio del mercato e delle casse societarie dice chiaramente che questo è ciò che passa il convento. Non solo a Cagliari, ma anche altrove. I voli pindarici sono vietati, tutto comprensibile, ma alla fine i conti bisogna farli oltre che con la calcolatrice anche con i fatti. Terzultimi in classifica – lo scontro diretto con il Torino vale meno della differenza reti peggiore al momento – e due sfide all’orizzonte che definire proibitive è limitativo. Nulla da perdere si dirà, così come si è detto che il mercato ha regalato a Di Francesco una rosa che non può non uscire dalla crisi. Vero, se tutti fossero abili e arruolabili, ma la realtà dice che no, non è esattamente così. Nández e Marin restano soli in mezzo al campo, Nainggolan pronto a dare manforte, ma a quel punto il buco si apre altrove. In attesa di tempi migliori il campionato corre, chissà se Di Francesco riuscirà a correre con lo stesso ritmo o se, lasciato solo, non diventi il capro espiatorio di una gestione quantomeno curiosa.

Matteo Zizola

 
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