“Cagliari-Empoli, la grande bruttezza”, si potrebbe dire della sfida di ieri, venerdì 20 settembre, tra rossoblù e toscani, parafrasando il titolo del celeberrimo film di Paolo Sorrentino. Confusione, fischi, zero aggressività e intensità ma, soprattutto, paura: questo hanno mostrato Deiola e compagni davanti a una Unipol Domus ancora una volta piena ma che, a fine partita, non ha potuto far altro che fischiare sonoramente la pessima prestazione di una squadra in crisi di identità. Non uno, ma dieci passi indietro rispetto al Napoli per i rossoblù di Davide Nicola che, al termine del match, è voluto andare in sala stampa a mettere la faccia anche lui oltre al patron Tommaso Giulini. “Oggi abbiamo sbagliato prestazione”, ha detto il tecnico piemontese davanti ai cronisti, in parte assumendosi le sue responsabilità e in parte, forse per la prima volta in questa stagione, attribuendole ai suoi giocatori. Con cui si chiuderà all’interno del centro sportivo rossoblù di Assemini, per dar seguito al ritiro anticipato di fronte ai microfoni dallo stesso Giulini.
Scelte
L’impressione, sia a caldo che soprattutto a freddo, è che contro un Empoli coriaceo ed efficace all’estremo questo Cagliari (nella sua interezza) non ci abbia proprio capito nulla. Difficile salvare anche soltanto una scelta vista in campo contro i toscani di D’Aversa che, grazie ai tre punti presi in Sardegna, continuano il proprio percorso da imbattuti. Nicola ha confermato le nostre sensazioni della vigilia post conferenza stampa: spazio a Makoumbou e Zortea dall’inizio, per dare fosforo e corsa al centrocampo rossoblù. La risposta dei due, però, non è stata all’altezza delle attese. Specie da parte del congolese, spaesato e impaurito fin dalla prima palla toccata nel match. Partito play e spostato immediatamente a fare la mezzala, l’ex Maribor non è riuscito a mostrare le qualità che ne avevano fatto un intoccabile durante la cura Ranieri. Una di queste, se non la principale, era sempre stata la tranquillità nel gestire il pallone in situazioni complicate: invece il Makoumbou visto ieri è sembrato il fantasma di se stesso, con un’evidente paura di sbagliare raramente vista in passato. E anche l’errore di posizione sul gol di Colombo, tenuto in gioco proprio dal troppo svagato congolese, pesa tantissimo sul giudizio sulla sua gara, in cui ha confermato una volta di più di non essere il calciatore più idoneo al modo – giusto o sbagliato che sia – in cui Nicola intende la mediana. Zortea ha provato a ingaggiare un duello con Pezzella basato su corsa e fisicità, ma alla lunga è stato sovrastato dal terzino dell’Empoli, abile a provocarlo in più di un’occasione per sfruttarne la conseguente perdita di lucidità. L’ex Frosinone e Atalanta sulla carta è una delle frecce più acuminate nella faretra di Nicola, ma per dimostrare di esserlo davvero servirà ben altro tipo di prestazione. L’unico lato positivo della sua serata risiede nel minutaggio, con una gara giocata per intero che certamente farà bene alla sua condizione atletica. Tra le varie scelte poco convincenti della serata c’è anche la pervicace riproposizione di Razvan Marin nella posizione di play davanti alla difesa, nonostante la presenza nel primo tempo di Makoumbou. Un ruolo che il rumeno può sì ricoprire, vista la sua duttilità, ma in cui non riesce – e lo dicono le prestazioni – a essere incisivo come da mezzala. Un equivoco tattico in cui era già incappato nel 2020-21 Eusebio Di Francesco, con l’ex Ajax che iniziò a diventare determinante una volta sgravato di compiti di costruzione.
Mentalità
Al di là del risultato, pesante soprattutto perché ottenuto contro una diretta concorrente per la salvezza, quello che preoccupa della prestazione del Cagliari contro l’Empoli è l’atteggiamento completamente sbagliato dei rossoblù. Ovvero quello cui Nicola si era appigliato dopo le sconfitte contro Lecce e Napoli: ok, il risultato non è arrivato ma la prestazione c’è stata. Dopo la sfida ai toscani di D’Aversa, invece, non c’è neanche questa “consolazione” per il tecnico rossoblù, che lo ha ammesso in sala stampa: “Se dico che stasera abbiamo sbagliato la prestazione è perché non ci è riuscito niente. Il perché di tutto questo lo scopriremo al nostro interno per capire se si tratta soltanto di una mancanza di brillantezza, della capacità di leggere le uscite in pressione o di un timore eccessivo o della necessità di vincere la partita”. È mancata intensità, sia fisica che mentale o, per citare una delle espressioni usate da Giulini nel postpartita, “la scintilla” dal punto di vista emotivo. Che il Cagliari ieri, venerdì 20 settembre, fosse impaurito e scarico mentalmente lo si è visto fin dai primi minuti. In tanti, compreso chi scrive, si aspettavano un inizio arrembante dei rossoblù, come visto nelle prime giornate, per far capire subito all’Empoli che sarebbe stata una serata difficile. Invece è stata la squadra ospite a fare questo, andando poi a occupare benissimo tutti gli spazi lasciati liberi da Deiola e soci, incapaci di venire a capo di un match iniziato male e finito peggio. È mancata l’identità tanto sbandierata da Nicola: del “suo” Cagliari non si è visto nulla e lo stesso tecnico – certamente deluso – non ha potuto far altro che riconoscerlo in conferenza. Ne è un esempio la staticità della difesa in occasione del raddoppio di Esposito, lasciato di fatto libero di calciare prima verso Scuffet, poi di recuperare il pallone anticipando un immobile Augello sullo scatto, mettere a sedere Luperto e depositare di sinistro in mezzo a un ipotetico poligono costruito su sette giocatori rossoblù.
Ripartenza
Come si riparte da uno schiaffone così? Perché è vero che le sconfitte contro Lecce e Napoli avevano preoccupato l’ambiente, ma restava una sorta di fiducia sotterranea data dalla prestazione di una squadra sì incapace di concretizzare, ma almeno in grado di creare e costruire. Il blackout contro l’Empoli, invece, ha cancellato queste sensazioni lasciando spazio soltanto alla spiacevole consapevolezza di aver già vissuto queste situazioni nel recente passato. La scorsa stagione l’avvio dei rossoblù fu altrettanto da incubo, ma la presenza del totem Claudio Ranieri (non a caso citato in conferenza da Giulini) quasi garantiva la possibilità di arrivare in fondo al lieto fine, come effettivamente poi è stato. Oggi, sabato 21 settembre 2024, l’impressione è che i fantasmi del passato si siano ripresentati troppo presto e, ancor peggio, dopo una partita contro una rivale nella lotta salvezza. Un punto contro il Como, zero contro Lecce ed Empoli: in pochi – tranne i disfattisti per natura – si aspettavano un rendimento così negativo dopo quattro gare su cinque giocate di fronte al proprio pubblico. Risultati alla mano, però, si è chiuso il primo mini-ciclo di questa stagione e il Cagliari ne esce con le ossa rotte. Nicola non è al momento in discussione, come dichiarato dallo stesso Giulini: il club rossoblù ha faticato per liberarlo dall’Empoli e ha fatto un grosso investimento su di lui anche dal punto di vista economico. È anche vero che la fiducia nei suoi confronti non potrà essere eterna in assenza di risultati. Tra le attenuanti del tecnico piemontese c’è sicuramente l’assenza di Prati, metronomo fondamentale per il suo centrocampo (anche per permettere a Marin di giocare nel suo ruolo) e un Gaetano ancora molto indietro – eufemismo – a livello di condizione atletica. Contro l’Empoli l’ex Napoli ha avuto due delle occasioni più nitide tra le poche costruite dai rossoblù, ma le scelte (deviazione acrobatica invece del colpo di testa e il tocco di coscia a pochi passi dal portiere, seppur con l’alibi della presenza di Azzi nelle vicinanze) sono sembrate quelle di un giocatore ancora poco lucido, chiamato a essere decisivo già dalle prossime sfide. Anche perché il calendario, da essere amico, ora è diventato rapidamente pericoloso: ottobre e novembre saranno due mesi caldissimi, ricchi di sfide sulla carta proibitive. E senza il “tesoretto” – termine ormai detestato a queste latitudini – di punti atteso dopo le prime cinque giornate, l’orizzonte che attende Nicola e dei suoi ragazzi si fa più complicato: al gruppo guidato dal tecnico piemontese il compito di ribaltare l’andamento, dimostrando a una piazza che inizia a mostrare i primi segni di impazienza che non è (ancora) tempo per buttare il figlio con l’acqua sporca.
Francesco Aresu