Quando il Cagliari scenderà in campo il 20 giugno contro il Verona al Bentegodi saranno passati quasi sette mesi dall’ultima vittoria dei rossoblù, il 4 a 3 casalingo ai danni della Sampdoria con il gol di Cerri all’ultimo respiro.
Un’attesa allungata dallo stop a causa del coronavirus e che nel frattempo ha visto il cambio di guida in panchina, ma che non ha ancora visto il nuovo allenatore all’opera in partite ufficiali: una situazione unica nel suo genere, Walter Zenga è arrivato in Sardegna all’indomani della sconfitta casalinga contro la Roma che costò il posto a Rolando Maran, oltre tre mesi fa. Era il 3 marzo, il tecnico ex Chievo esonerato nella notte del 2, per l’Uomo Ragno un progetto a breve termine fatto di 13 partite con le quali provare a conquistarsi la conferma per la stagione 2020-2021: lo stop ha cambiato le carte in tavola sotto diversi aspetti e ora quello che sembrava poter essere un ruolo da probabile traghettatore potrebbe diventare un rapporto più duraturo. Walter Zenga ha subito messo al centro del nuovo corso la parola ottimismo, contro ogni negatività e il piangersi addosso: tornano alla mente le parole di Maran e di tutto l’ambiente rossoblù in merito alla famosa sconfitta con la Lazio i cui strascichi psicologici, con i biancocelesti che ribaltarono il vantaggio del Cagliari nei minuti di recupero, hanno fatto da alibi per oltre tre mesi, da quel 16 dicembre all’avvicendamento in panchina all’alba di marzo.
Il cambio di allenatore, normalmente, ha come obiettivo quello di scuotere una squadra dopo un periodo buio, sfruttare l’abbrivio della novità e mettere in campo nuovi stimoli, da chi vuole convincere il nuovo tecnico a chi vuole rilanciarsi dopo mesi di difficoltà: Walter Zenga con il suo carattere sembrava la scelta giusta per raggiungere questo primo obiettivo, ma lo stop ha di fatto annullato questo fattore immediato. D’altro canto i sei mesi passati dal bivio rappresentato dalla sconfitta contro la Lazio tolgono l’alibi psicologico a tutto il gruppo che dovrebbe aver finalmente assorbito lo scotto di quei famosi minuti di recupero: se da un lato il cambio non mostrerà gli effetti nel breve termine a causa della lunga sosta, dall’altro il tempo passato non può che essere un amico da questo punto di vista.
Un fattore che può essere per certi versi negativo è quello della differenza tra Zenga e gli allenatori che affronterà nelle tredici finali da qui alla fine della stagione, come ad esempio il primo in ordine temporale, Ivan Juric. Quest’ultimo, infatti, avendo la squadra in mano dalla scorsa estate ha potuto dare un’identità chiara di gioco ai suoi calciatori, un meccanismo ormai oliato e che necessita solo di qualche allenamento per tornare a regime, mentre Zenga non ha ancora potuto assaggiare il campo in gare ufficiali e verificare a che punto sia lo stato di apprendimento del suo credo da parte della rosa rossoblù. In chiave opposta, però, siamo di fronte a un campionato diviso temporalmente in due tronconi e il finale rappresenta, più che un continuo di quanto visto fino a marzo, un nuovo inizio, come se si trattasse di una stagione completamente differente. L’Uomo Ragno, ancora una volta, si ritrova così in una situazione abbastanza unica, essere un allenatore all’esordio in panchina da subentrato in corso d’opera, ma con la possibilità negli ultimi mesi di aver potuto studiare la propria squadra e aver potuto lavorare sul campo senza dover rincorrere il tempo, potendo così affinare allenamento dopo allenamento ciò che vorrà far applicare ai suoi ragazzi sul campo, come ad esempio le diverse disposizioni tattiche – 352, 433, 4321 – o l’utilizzo di uomini fino a marzo pressoché ignorati come Birsa, Ragatzu e Walukiewicz tra gli altri.
Si è soliti vedere cambi di gestione tecnica durante una delle pause per le nazionali, con il subentrante che può avere a disposizione due settimane per farsi conoscere e provare ad apportare i correttivi necessari con più tempo a disposizione in vista della prima partita da affrontare: nel caso del Cagliari il destino ha voluto che questo tempo si sia dilatato, un fattore che come abbiamo visto ha i suoi contro, ma sembrerebbe avere numerosi pro. Aspetti positivi che si riflettono anche sulle decisioni future della società, perché se Giulini, almeno a livello di immagine, sembrava più portato a portare avanti con Zenga una sorta di mini progetto, ora il destino dell’Uomo Ragno potrebbe avere un respiro più ampio soprattutto se il finale di campionato dovesse essere estremamente positivo. Non solo, ma senza i mesi di stop sarebbe stato difficile dare una valutazione sul nuovo allenatore, probabilmente inficiata dall’aspetto psicologico del cambio nel breve termine e che con sole tredici partite avrebbe influenzato giocoforza l’analisi del lavoro di Zenga, ma data la situazione contingente il finale di campionato potrebbe dare un giudizio sull’Uomo Ragno più veritiero grazie al tempo avuto a disposizione per plasmare la rosa sul proprio credo calcistico.
Sarà dunque interessante capire come si svilupperà l’ultima parte di questo campionato, tra partite ogni tre giorni, pubblico assente e un passato da mettersi alle spalle per ripartire da zero con l’obiettivo di rivedere sul campo il Cagliari che stupì nei primi mesi quando raggiunse posizioni europee: qualora Zenga riuscisse nell’impresa di restituire ai tifosi una squadra combattiva e senza paura allora il suo futuro dovrebbe essere ancora in Sardegna, al contrario un nuovo anno zero potrebbe far capolino per i colori rossoblù.
Matteo Zizola