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Claudio Ranieri durante Cagliari-Spal | Foto Luigi Canu

Cagliari | Solidità e trasferte, per la A serve crescere

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Un ritorno nell’Isola di Utopia, questo è quanto ha prodotto lo 0 a 0 del Cagliari a Venezia. Un punto che riporta i rossoblù in Sardegna con l’ottavo posto in classifica, ma soprattutto con l’idea che il sogno Serie A debba essere messo nel cassetto almeno alla voce promozione diretta.

Passettino
La vittoria del Genoa per 3 a 0 sulla Spal porta a nove punti il distacco del Cagliari dal secondo posto. Non solo, ma lascia la squadra di Ranieri a una sola lunghezza dal Palermo, ovvero dalla prima squadra fuori dalla zona playoff. Ottava posizione, cinque squadre a dividere i rossoblù dalla seconda occupata dal Genoa e, pur con il prossimo scontro diretto della Unipol Domus di mercoledì 29 febbraio contro i liguri, le possibilità di riagganciare il treno per la promozione diretta ridotte al lumicino. Un obiettivo ormai lontano, mai dichiarato apertamente ma comunque sperato. Eppure l’occasione di restare agganciati ai piani alti della cadetteria era ghiotta, la sfida contro il Venezia a far rivivere vecchi fantasmi da allontanare ma con il medesimo risultato finale. Reti bianche, bianchissime, perché nonostante l’errore di Prelec il Cagliari non ha dato mai l’impressione di poter azzannare l’avversario. Anzi, la beffa è stata tenuta dietro l’angolo dal provvidenziale Barreca e una scivolata all’ultimo istante che ha evitato un’ancora più dolorosa sconfitta.

Falsi nove
Fare di necessità virtù è una dote importante, Claudio Ranieri ha dimostrato in passato di essere un maestro del genere e lo ha fatto anche in questa prima parte di seconda esperienza in Sardegna. Non sempre però il tentativo può andare a buon fine e il pomeriggio del Penzo ne è stato esempio lampante. L’assenza contemporanea di Pavoletti e Lapadula ha portato l’allenatore rossoblù a scelte sorprendenti, rinunciando all’unica punta disponibile – Prelec – e schierando Luvumbo largo a destra in un 4-4 e mobilità che non ha dato i risultati sperati. Il duo Mancosu-Kourfalidis per non dare riferimenti offensivi, ma proprio i riferimenti sono mancati sia a un centrocampo senza spunti sia ai due protagonisti, più abituati a cercare gli attaccanti che a essere cercati come terminali. La conferma di una scelta poco fortunata si è avuta con il cambio tattico in corsa, ancora prima che Prelec rimpiazzasse Mancosu come spalla di Luvumbo nel 3-5-2 di gran parte della ripresa. Nessuna compattezza persa e l’angolano più presente in zona centrale dopo 45 minuti di dribbling, scintille e cross fuori misura per un inesistente centravanti, con buona pace di un Lella sì volenteroso ma senza il phisique du role del goleador. Una rivisitazione in salsa cadetta del 22 maggio, uno zero a zero con predominio territoriale netto, l’attesa del colpo che si protrae stancamente e infine il fischio finale a ricordare che le partite non durano in eterno e che senza segnare i sogni difficilmente possono tramutarsi in realtà.

Salto di qualità
Il colpo di testa schiacciato e messo sopra la traversa da Prelec non può e non deve essere il tappeto sotto il quale nascondere la polvere, così come non poteva e non doveva esserlo l’arrivo di Ranieri al posto di Liverani. Passato l’entusiasmo del ritorno e sistemate le fondamenta di una casa troppo spesso in balia delle minime folate avversarie, da Venezia ci si aspettavano risposte per mettere in campo lo step successivo. Quello di un Cagliari sì solido e roccioso, ma non solo. Perché per salire di livello serve anche qualcosa in più dalla metà campo in su e quel qualcosa a oggi manca. Soprattutto lontano dalla Sardegna, con i tre punti che non arrivano da settembre, l’unica vittoria corsara di Benevento. Il classico cent per arrivare all’euro, per sconfiggere un tabù che è diventato una vera e propria malattia, un mal di trasferta atavico che non sembra voler abbandonare Rog e compagni. La necessità che diventa virtù non può essere la sola via per raggiungere il successo, anche se un’analisi del materiale a disposizione di Ranieri non può essere messa da parte. Perché vero è che Prelec non è apparso ancora il giusto alter ego offensivo, ma con Luvumbo preferito in una posizione più larga sembra mancare un altro attaccante tra le frecce dell’arco del tecnico romano. Così come in mezzo al campo l’assenza di personalità – leggasi conclusioni dalla distanza a costo di mandare la palla in curva – è un problema noto da prima del cambio di guida. Buttare via bambino e acqua sporca sarebbe un gioco eccessivo, ma far finta di nulla nel nome di Sir Claudio non farebbe onore per primo a Ranieri. Non resta che rispettare anche contro il Genoa la legge della Unipol Domus, più che per allontanarsi da Utopia e riavvicinarsi ai sogni per saldare la posizione playoff e non rischiare di perdere anche quel treno. Il resto lo faranno gli assenti che torneranno, la forma di chi è stato fuori che crescerà e i passi in avanti necessari che Ranieri dovrà imprimere alla pericolosità offensiva. E poi, chissà, si potrà sperare nel rush finale per ritrovare se stessi e una Serie A che oggi il Cagliari vede un po’ più lontana.

Matteo Zizola

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