Il Cagliari con la sconfitta pesante e senza attenuanti contro la Sampdoria prosegue nel proprio finale di stagione anonimo e dice definitivamente addio al sogno europeo, già appeso a un filo dopo i risultati che avevano preceduto la debacle di Genova.
Sul banco degli imputati salgono Zenga e i giocatori, incapaci di trovare le motivazioni adeguate per chiudere al meglio il campionato e protagonisti di una prestazione abbondantemente sotto la sufficienza contro gli uomini di Ranieri. La confusione regna sovrana sia dal punto di vista tattico sia da quello tecnico, senza dimenticare la gestione del gruppo tra il caso Cigarini e il mancato utilizzo dei giovani: le ultime 5 gare che mancano alla fine della Serie A hanno così le sembianze del calvario, un procedere stancamente verso la chiusura di una stagione dalle premesse completamente diverse tra il centenario da onorare e una prima parte di campionato sopra le righe.
Le responsabilità del club
Se però è lecito dare le giuste responsabilità a Zenga e ai giocatori, appare evidente che la società non può essere messa di lato quando si parla di colpe: le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, un detto che sembra sposarsi perfettamente con quanto visto nel 2020 in casa Cagliari. Le vittorie contro Spal e Torino hanno permesso ai rossoblù di evitare i patemi degli ultimi anni, ma una volta raggiunta quota 40 è mancata la mentalità di chi vuole giocarsi tutto fino alla fine: un problema storico, presente ben prima dell’arrivo di Giulini, ma tra proclami roboanti e atteggiamenti non conseguenti i soliti nodi sono venuti al pettine. Nonostante un mercato di livello in estate la rosa appare mal assortita, Maran e Zenga ci hanno messo poi del loro per evidenziarne le lacune di fondo: tornano alla mente le parole di Carli dello scorso gennaio sul gruppo difficilmente migliorabile, parole smentite dai fatti al netto di un campionato atipico come quello post Covid.
Il nodo Cigarini ha riportato a galla vecchie questioni sulla gestione dello spogliatoio, così come il tema del rinnovo del professore per due mesi assieme alle partenze di Cacciatore e Olsen hanno evidenziato un certo pressappochismo: i mancati saluti al terzino e al portiere dopo il loro addio sono lo specchio di un atteggiamento a tratti incomprensibile almeno alla voce eleganza.
Quel colloquio con Liverani nel post Cagliari-Lecce…
Eleganza che peraltro è mancata nel colloquio con Liverani dopo la partita con il Lecce tenuto alla luce del sole mentre Zenga ancora sperava – e giustamente spera – nella conferma, dando segnali contrastanti ai giocatori ormai consapevoli di non dover forse dimostrare più nulla a un tecnico che potrebbe salutare a fine campionato. La scelta degli allenatori inoltre va di pari passo con una confusione dei ruoli societari, tra Giulini che porta avanti le sue idee e Carli tenuto lontano dalle decisioni sulla guida tecnica: le sue parole sull’allenatore del post Lopez sono note, Maran un profilo distante da quelle dichiarazioni e soprattutto la scelta di Zenga a marzo tutto frutto di Giulini mentre il Direttore Sportivo accettava non senza remore la decisione del presidente. Da non dimenticare l’episodio Pavoletti, vera e propria chiave di volta negativa della stagione: il secondo infortunio avvenuto in circostanze surreali e sfortunate, la conferenza del Pavo con Cigarini a spiegarne le ragioni, il gruppo che sembrava sfaldarsi, le cessioni di Castro e Cerri a gennaio, Nainggolan come faro che appena marca visita mette alla luce la fragilità mentale digran parte della rosa.
Un leit-motiv non gradito che si ripete da troppo tempo
Zeman, Zola, Festa, Rastelli, Lopez, Maran e infine Zenga, cambiando il manico non è praticamente mai cambiato il risultato finale: tanti, troppi elementi che non possono essere una coincidenza e che non possono che sottolineare le responsabilità primarie di chi ha deciso e decide. Un nuovo anno zero è alle porte, la priorità è dare al Cagliari un progetto tecnico che vada oltre i proclami e il futuro a breve termine: non è tutto da buttare, le basi per ripartire ci sono, con maggiore chiarezza e una divisione dei ruoli – e delle responsabilità – le nuvole di oggi potrebbero lasciare spazio al sole di domani.
Matteo Zizola