Entrare in un’agenzia di viaggi, guardare le tante possibilità, le offerte, l’albergo a cinque stelle tutto incluso per una settimana da sogno a prezzo di favore. Poi arrivi a destinazione e tutto è diverso da come sembra, le aspettative disilluse e quella vacanza che aspettavi con ansia cambia completamente di sapore. Non che la spiaggia di fronte alla camera dell’hotel sia male, anzi, e anche il servizio sembra buono, ma se la reclame ti presenta un sogno anche ciò che normalmente sarebbe più che soddisfacente può non accontentarti.
Tra aspettative e realtà può passare un mondo e spesso l’importante è non creare false speranze. Per una società che del marketing ha fatto il cavallo di battaglia stona il non aver dato seguito concreto alle tante parole spese nelle ultime settimane.
Tra il dire e il fare – Il tema centrale, manco a dirlo, è Radja Nainggolan. A posteriori forse è facile utilizzare i se, ma è pur vero che i periodi ipotetici vengono chiamati da come gli eventi si sono sviluppati alla luce del sole. Il Cagliari ha messo in piazza fin dalla prima conferenza stampa di Di Francesco il desiderio di riportare Nainggolan in Sardegna. Tra gli arrivederci e il nome messo sul tavolo anche quando non espressamente richiesto da chi pone le domande, che il Ninja fosse l’obiettivo principale è stucchevole ribadirlo. Senza entrare nei dettagli su cosa possa essere andato storto, restano le parole nero su bianco e che non possono essere smentite. Quando si mette in piazza un desiderio fino a far storcere il naso a chi quel desiderio lo ha in mano, allora diventa lecito aspettarsi che il sogno si compia senza se e senza ma.
Al tappeto sul gong – Nainggolan era ed è un giocatore dell’Inter e forse il gioco al ribasso ha tenuto poco conto di questo aspetto. La volontà del giocatore chiara, chiarissima, ha fatto pensare che il manico del coltello fosse saldo nella propria mano, invece al contrario la lama era puntata dritta verso la società rossoblù. L’Inter non ha abbassato la guardia, ferma nelle proprie posizioni nonostante le parole di Marotta che avevano aperto la porta all’affare. Ma come a Cagliari l’ultima parola spetta a Tommaso Giulini, così a Milano alla fine a decidere è Steven Zhang e, volenti o nolenti, ha deciso che no, per meno di dieci milioni il matrimonio non s’aveva da fare.
Dalle parole al realismo – Nel gioco dei se e dei ma sarebbe bastato parlare meno e concentrarsi sulla riuscita dell’affare o al contrario metterlo da parte definitivamente e alzare bandiera bianca facendo esercizio di realismo. Un problema di comunicazione che ha ridotto sensibilmente la valutazione di un mercato che alla fine dei conti non è stato insufficiente. L’incompiuta che risponde al nome di Nainggolan però pesa come un macigno, anche perché ha tenuto banco a lungo lasciando che altre problematiche venissero messe da parte senza intervenire con decisione. Comunicazione, appunto, come quella verbale e non sui famosi esuberi. Con tanti elementi messi di fatto alla porta, non essere riusciti a cedere altri che non fosse il solo Despodov crea un problema che merita maggiore analisi, ma che ancora una volta rientra nell’aspetto comunicativo.
DiFra, e adesso? – Diventa così normale che si manifestino dubbi sulla possibile reazione emotiva di Di Francesco che di Nainggolan ha parlato più e più volte e spesso quando nemmeno sollecitato a riguardo. Il suo allenatore in campo, per citare il tecnico abruzzese, non è arrivato e quell’arrivederci che lui stesso ha detto ai microfoni ora ha più il sapore di un addio non voluto. C’è poi da non sottovalutare la reazione anche del giocatore che ci ha messo parecchio del suo per far sì che il suo desiderio potesse diventare realtà e ora si ritrova a dover ricucire con in nerazzurri dopo il muro contro muro per poter tornare in Sardegna.
Questione di priorità – Va detto che la scelta di non raggiungere le richieste nerazzurre è assolutamente lecita soprattutto nel momento di incertezza economica e con gli introiti in caduta a causa del Covid. Investire su un giocatore che per quanto fondamentale avrebbe pesato fortemente sulle casse rossoblù sarebbe stato sicuramente un rischio ed è nell’ordine delle cose rinunciare allo sforzo extra. Resta però il tema comunicativo, perché pur se spesso la società ha sottolineato la difficoltà di un’operazione complicata, d’altra parte non ha mai fermato i protagonisti dal lanciare segnali inequivocabili per la piazza. Ora Di Francesco dovrà trovare il modo di metterci una pezza dal punto di vista tecnico, ma la parte più difficile sarà trovare le parole giuste per non mostrare quella contrarietà che ci si potrebbe aspettare dopo l’evoluzione degli eventi.
Matteo Zizola