Una terra, un popolo, una squadra. L’identità che diventa un marchio, un modo di essere da sponsorizzare e sul quale costruire il proprio futuro. Ci sono le parole e poi ci sono i fatti. Domenica il Cagliari andrà a Bergamo a provare a fermare la corsa della banda del Gasp. Avversario peggiore forse non ci poteva essere in questo momento di lavori in corso, il mercato in entrata e in uscita ancora da ultimare e un Nainggolan per ora vestito sempre di nerazzurro.
Un modello da seguire – Da Bergamo a Cagliari, dalla crescita della società di Percassi al vorrei ma non posso di quella rossoblù. Tommaso Giulini è stato chiaro, la situazione economica non aiuta, ciò che è stato fatto è quanto reso possibile dai famosi bilanci, anzi, forse anche più del consentito come insegna l’affare Godín. Eppure il modello Atalanta da seguire è rimasto a mezz’aria perché se l’esplosione dei bergamaschi è passata da una crescita costante anno dopo anno, quella del Cagliari attende ancora il salto di qualità. Di Francesco alla Gasperini potrebbe essere il primo passo, ma mentre dalle parti di Zingonia le cessioni – eccellenti o meno – hanno dato la linfa vitale per i futuri investimenti, da quelle di via Mameli il blocco dei gioielli è ancora presente al completo in rosa. Difficile investire senza lasciar andare parte del tesoretto tecnico, eppure da Cragno a Simeone passando per Nández, Joao Pedro e Rog i 5 alfieri rossoblù sono ancora a disposizione di Di Francesco. Il futuro prossimo ha il nome di Radja Nainggolan, altro investimento che potrebbe dare l’ennesimo colpo alle casse societarie che non vivono il momento migliore da quando Giulini ha preso le redini del Cagliari.
Dall’Atalanta all’Udinese – Il modello bergamasco è rimasto un’idea quasi utopica, il settore giovanile di Zingonia una delle chiavi del successo nerazzurro. Il Cagliari ha provato a seguirlo, la crescita della primavera sotto lo sguardo attento di Max Canzi non può essere nascosto, ma oltre i successi dei giovani manca ancora quel salto nel calcio dei grandi o per lo meno la crescita economica che il lancio dei ragazzi porterebbe. Più che un modello Atalanta quello del Cagliari di quest’estate 2020 sembra prendere la strada del modello Udinese a cavallo tra gli anni novanta e il duemila. I giovani del territorio che prendono altre strade, la più battuta quella di Olbia dalla quale per ora difficilmente si torna, mentre la società guarda all’estero per portare in Sardegna giovani di prospettiva. Da Zappa a Tripaldelli, da Luvumbo ai fratelli Tramoni gli investimenti hanno guardato lontano dall’isola, mentre i vari Gagliano, Marigosu e compagnia hanno preparato le valigie in direzione Gallura. Il progetto Olbia ha ora Max Canzi come condottiero, un aiuto a quei giovani che l’ex allenatore della Primavera rossoblù conosce bene e che potrebbe permetterne una crescita finora restata solo un’idea.
Una terra, un popolo, una squadra – Lo speaker che dopo la lettura delle formazioni recita la frase, lo striscione in bella mostra, una terra, un popolo, una squadra. L’identità come faro, anche se poi sul campo i ragazzi faticano a trovare il loro spazio con la maglia rossoblù. Carboni dopo le gare sotto il regno di Walter Zenga è in bilico tra un prestito in B e il ruolo da comprimario in prima squadra, Ladinetti è al centro dell’intrigo Nainggolan e di una questione rinnovo spinosa, Simone Pinna vive un’altra estate senza sapere di che morte (sportiva) morirà. Il campo è ovviamente il giudice supremo, è lecito che il Cagliari non veda nei propri ragazzi dei prospetti pronti per il grande salto, anche se il tutto stona con gli acquisti di altri giovani pari età che dovranno dimostrare allo stesso modo di poter ambire a un posto al sole. Il recente passato con Ceter e Despodov non sembra aver dato le risposte sperate, il solo Walukiewicz sembrerebbe essere l’unico in grado di tenere botta nel calcio dei grandi.
Un Cagliari dunque più simile a ciò che fu l’Udinese che a ciò che ha permesso all’Atalanta di completare la scalata verso le posizioni di vertice, le rivoluzioni hanno bisogno di tempo e i passi falsi sono nell’ordine delle cose, ma resta la sensazione che aldilà dei proclami a parole, l’identità sia una bandiera che può far sognare i giovani del vivaio e poco dopo cancellarne le aspettative.
Matteo Zizola