È difficile se non impossibile essere ottimisti quando si è toccato il fondo. La tentazione è quella di sedersi e aspettare inermi il proprio destino. Più in basso di così c’è solo da scavare cantava Daniele Silvestri, ma esiste anche la possibilità di spingere sulle gambe e provare a risalire.
Sfiducia
Come in un’infinita partita di tennis nella quale i match point dell’avversario arrivano uno dopo l’altro, ma nonostante tutto niente è ancora stabilito. Un nuovo game e poi un altro ancora, l’ultima possibilità che ritorna, l’ultima spiaggia che ogni domenica si trasforma in penultima. Le occasioni però prima o poi finiscono, lo sa Leonardo Semplici, lo sanno i giocatori, lo sa il Cagliari tutto. Se da una parte l’ambiente è giustamente sfiduciato, dall’altro le famose finali con un numero che decresce di volta in volta sono ancora lì, pronte per essere giocate. E chi sta davanti va a piccoli passi, non corre, come se stesse aspettando il malato rossoblù con una sorta di rispetto che appare come troppa grazia. La sfiducia diventa così anche la possibilità del non avere nulla da perdere, l’assenza di illusioni e di speranze l’occasione per rinascere dalle proprie ceneri. I presupposti non invitano a guardare al bicchiere mezzo pieno, a dire il vero nemmeno mezzo vuoto, il bicchiere in sostanza non sembra esistere proprio. Eppure i punti di distacco dal Torino sono solo due, sì con una partita in meno, ma di fatto al momento solo due. Il calendario? Serve poco guardare scontri e incastri, soprattutto dopo che gli scontri e gli incastri del recente passato hanno portato solo delusione.
Speranza
Piangersi addosso è inutile, darsi per sconfitti la dimostrazione che essere perdenti è meritato più che sfortuna. Ciò che non ti uccide ti fortifica e parafrasando un riuscito personaggio di Corrado Guzzanti, il Cagliari deve trovare la risposta dentro di sé e fare in modo che non sia quella sbagliata. Fare punti e poi incrociare le dita, ma se le tre sconfitte consecutive e le sole cinque vittorie in 19 partite invitano alla marcia funebre, nulla è ancora deciso. Pretendere la spinta da un ambiente che meriterebbe ben altri risultati, anche solo per la propria pazienza, sarebbe quantomeno eccessivo. La spinta deve arrivare dall’amor proprio, il pubblico non può entrare allo stadio né per aiutare né per contestare e non si sa se sia una fortuna o una sfortuna. Le lacrime, vere o di coccodrillo, devono lasciare spazio alla rabbia. La luce in fondo al tunnel esiste, ma bisogna avere la forza di voler percorrere la distanza tra il punto in cui il Cagliari si è seduto dopo il pareggio contro la Sampdoria e l’uscita dalla tre sconfitte consecutive.
Non è (ancora) finita
Esiste una storia recente che arriva da Oltremanica. Una favola che ebbe inizio l’anno prima del suo compimento. Il Leicester di Ranieri, solo una stagione prima dell’incredibile titolo, era sull’orlo del baratro. Una retrocessione certa. Ai tifosi del Cagliari oggi basterebbe certamente salvarsi, sognare lo scudetto al posto della Serie B nell’anno che verrà sinceramente troppo. Però quel Leicester che vinse la Premier League nel 2016, a metà marzo del 2015 era all’ultimo posto dopo 30 giornate. Diciannove punti, solo 4 vittorie e ben 19 sconfitte, la salvezza distante sette lunghezze. Nelle ultime otto gare, una in meno a disposizione rispetto al Cagliari attuale, arrivarono 7 vittorie e un pareggio, ovvero la dimostrazione che la speranza è l’ultima a morire. I rossoblù di Leonardo Semplici hanno più di un piede in Serie B secondo il trend delle ultime partite, ma la classifica impone alla squadra di non gettare la spugna. Il pugile è sì suonato, l’arbitro ha iniziato la conta, ma prima di arrivare al fatidico dieci si può ancora rialzare.
Matteo Zizola