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Cagliari, il suicidio perfetto per un progetto che meritava la Serie B

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Delitto perfetto a Venezia. Se fosse la famosa mostra del Cinema in Laguna il Cagliari 2021-22 sarebbe candidato alla statuetta del Leone d’oro con una trama thriller senza lieto fine. Ma non c’è nessun premio se non lo smacco della Serie B. Uno di quei copioni che durante i titoli di coda lasciano basiti, fermi sulle poltroncine gli spettatori, anche perché alla fine si scopre che l’assassino non è il maggiordomo ma si è trattato di suicidio.

Testa
Inutile cercare grandi motivi tattici, mettere in ballo la sfortuna o gli infortuni. Il Cagliari retrocede in seconda divisione dopo sei anni consecutivi in massima serie perché il campo ha dimostrato che non meritava di restare in Serie A. A Venezia nell’ultimo ballo della stagione la squadra ha confermato la pochezza messa in campo nelle precedenti trentasette gare alla voce fame, identità, gioco e mentalità. E forse dopo un campionato passato a inseguire con la lingua fuori, con un girone d’andata chiuso da ultimi al decimo posto e con appena cinque punti raccolti nelle ultime 11 (undici!) giornate di campionato frutto di 8 sconfitte, 2 pareggi e una vittoria, non ci si poteva aspettare altrimenti. E ha fatto sorridere la settimana vissuta dall’ambiente intorno al club, con tanti, troppi, che hanno dato per scontata la vittoria in Laguna e hanno spostato il focus sulle polemiche con la Salernitana, sull’Udinese già in vacanza o sulle designazioni arbitrali. Il Cagliari ha battuto solo la Sampdoria nel calcolo degli scontri diretti per non retrocedere e dare per cosa fatta i tre punti al Penzo, davanti a una squadra rimaneggiata, già matematica in B e con la curva in aperta contestazione con la presidenza, è stato l’errore più grande e al tempo stesso il simbolo più evidente di tutti i problemi di questo gruppo rossoblù, a partire dalla dirigenza fino all’ultimo dei giocatori a disposizione di Alessandro Agostini. Ancora una volta il Cagliari ha guardato al dito invece che alla luce della Luna che mostrava i propri errori, e ancora una volta ha perso l’occasione per crescere, in questo caso perdendo anche la Serie A che vale più di ogni discorso sul paracadute e altre chiacchiere da bar che lasciano il tempo che trovano.

Agostini
In questa scenografia da dimenticare c’è un attore non protagonista su cui bisogna evitare commenti e giudizi affrettati: Alessandro Agostini. Il tecnico della Primavera ci ha creduto fino alla fine e al triplice fischio è scoppiato in lacrime. E comunque a mezzanotte inoltrata con gli occhi lucidi e lo sguardo perso nel vuoto sì è presentato davanti ai giornalisti e non ha usato giri di parole: “È la delusione più grande della mia vita. Mi prendo ogni responsabilità, mi scuso con i tifosi che non si meritavano tutto questo”. Parole già sentite nel mondo del calcio ma raramente vere come in questo caso. Dare delle colpe all’allenatore toscano, che da mercoledì 25 maggio tornerà a guidare i giovani rossoblù per i playoff del campionato, sarebbe ingiusto e anche
parlare di cambi tardivi o scelte tattiche fatte dall’ex vice di Max Canzi sarebbe inutile. Agostini non era ancora pronto per la Serie A? Lo sa anche lui, e non potrebbe essere altrimenti dopo appena due stagioni a guidare l’under 19 rossoblù. Serve un percorso di crescita. Ci sarebbe invece da interrogarsi sul come mai il Cagliari sia arrivato alla situazione di puntare tutto sull’all-in in casa a sole tre giornate dalla fine dopo una stagione iniziata con un Leonardo Semplici a tempo, atteso al primo passo falso dal club per mostrargli il benservito, e continuata con la scelta estemporanea di Walter Mazzarri, difeso a spada tratta nonostante il lungo filotto di sconfitte e poi licenziato con tanto di cause legali in corso. È mancata la progettazione, è mancato un percorso di maturazione. E il discorso vale anche per lo spogliatoio, assemblato male e rattoppato peggio nel corso degli ultimi campionati. Una rosa che non è davvero mai diventata gruppo e che nella Serie A peggiore degli ultimi anni per la qualità della lotta salvezza è uscita sconfitta più perché senza anima e cuore che per altri motivi. E ora capire come ripartire sarà fondamentale. Con un progetto definitivo dello stadio nuovo che verrà presentato a giugno (parola di Giulini al Penzo), con una rosa da rifondare – con tanti giovani sardi e con giocatori di fame e voglia, per restare alle parole dette dal patron rossoblù – ma soprattutto con un minimo di stabilità e di programmazione. Anche perché la prossima Serie B si annuncia una delle più complesse degli ultimi anni, con tanti club di blasone che proveranno a risalire in massima serie. Tommaso Giulini per la prima volta, forse, al termine della gara con il Venezia ha ammesso l’errore della stagione appena trascorsa: “Lo sbaglio più grande è stato quello di compiere gli stessi errori dello scorso campionato”. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ora serve la forza di trasformare un suicidio perfetto in un’occasione di rinascita per ripresentarsi magari in Laguna la prossima stagione con un film da premio con il lieto fine.

Roberto Pinna

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