Il registro nella comunicazione del patron rossoblù sul rendimento della squadra nella corsa salvezza è cambiato diametralmente in poco più di dodici mesi: il nostro approfondimento tra questioni di campo, le incognite legate al nuovo stadio e al futuro del Cagliari.
“Se retrocediamo i giocatori devono capire che rimarranno anche in Serie B, voglio vedere un’applicazione diversa da parte di tutti i ragazzi dello spogliatoio. La perdita della massima serie sarebbe un danno economico, un bagno di sangue per le casse della società . Voglio che tutti facciano il massimo per evitare la retrocessione”. Da una parte queste dichiarazioni, nell’inverno del 2021 con la squadra in crisi nera nell’ultima fase della gestione Eusebio Di Francesco in Serie A che portò all’arrivo di Leonardo Semplici in panchina, con il toscano capace dell’impresa salvezza. Dall’altra il più recente: “Se si retrocede significa che avremo meritato questo. Io credo che a fine stagione ognuno ha ciò che si merita in campionato. Se saremo bravi sarà Serie A altrimenti Serie B”. A parlare è sempre Tommaso Giulini, patron del Cagliari, che da qualche mese a questa parte, forse deluso da un progetto che non prende forma e stabilità , ha perso un po’ di passione o ferocia nei confronti del suo club.
Impressione
Idee, presentimenti, analisi di alcune sempre più sporadiche interviste davanti ai giornalisti, e non solo in tv. Sicuramente però il presidente del Cagliari ha cambiato registro e toni negli ultimi mesi durante le uscite mediatiche, nonostante una squadra che in campo fatica, come e forse più di prima. E in questo senso non sorprende l’apertura del patron a investitori e acquisitori nell’ultima conferenza stampa alla Unipol Domus, quando sul tavolo c’era il tema nuovo stadio. Che, tra le altre cose, tornerà di moda come argomento a fine maggio, quando la dirigenza saprà già con certezza il nome della categoria in cui giocherà nella prossima annata. Con lo stesso Giulini che aveva annunciato per fine maggio anche la presentazione del progetto definitivo della struttura insieme a Costim e al consorzio Sportium.
Cambio?
Se vogliamo anche la scelta di Agostini è un passo indietro presidenziale rispetto al recente passato. O meglio, potrebbe essere questa una chiave di lettura. Niente nome mediatico in corsa, come furono Zenga o lo stesso Mazzarri, niente nuovo progetto “alla Di Francesco”. Spazio invece a quello zoccolo duro di celliniana memoria: Alessandro Agostini, Andrea Cossu e Daniele Conti. Quasi un ritorno al passato per un Cagliari che voleva emanciparsi, essere una squadra diversa, e che ora torna ad affidarsi alle figure legate agli anni pre-Giulini in Sardegna per l’impresa permanenza in Serie A. Capiamoci, non è per forza di cose uno sbaglio. Si parla semplicemente di quello che sembra un netto cambio di rotta. Da capire se dettato da un fuoco emotivo sul progetto minore dopo diversi passaggi a vuoto, se a un interesse nel farsi progressivamente da parte dalla guida della società isolana o se da altri motivi. Con ogni probabilità la fine del campionato, con la sentenza sulla salvezza o la retrocessione, e le novità attese sullo stadio Sant’Elia toglieranno il velo del mistero a quelle che ora sono banali supposizioni da giornalisti. Intanto però c’è un dato di fatto da sottolineare: meno verve e più delusione nella comunicazione dei rossoblù immischiati ancora una volta nella lotta per la permanenza in massima serie. Può sembrare l’ennesimo punto di non ritorno per una squadra che non riesce proprio a trovare la propria via sia a livello di progetto, di narrazione, che a livello di campo, e invece non è così. Un passo indietro potrebbe essere l’occasione giusta per iniziare un nuovo percorso, fatto di più voci e di più figure e con una progettazione più stabile. E meno diktat imposti dall’alto.
Riuscirà questa dirigenza a trasformare l’ennesimo problema in opportunità ? Le basi e la passione per un tema tanto caro agli uomini di marketing ci sono, d’altronde lo stesso Giulini più volte ha detto che il Cagliari Calcio va inteso prima di tutto come un’azienda e non solo come una squadra di calcio. E i rossoblù sono un’azienda che stenta in campo e che di recente è in rosso anche nei bilanci: se parlassimo di impresa a tutti gli effetti e non di pallone probabilmente le sirene avrebbero già iniziato a suonare da tempo.
Roberto Pinna














