La sindrome dell’eterna promessa può essere un disagio tipico degli sportivi, nello specifico dei calciatori. Quelli che fin da giovanissimi vengono visti come futuri campioni o, comunque, giocatori dalle qualità superiori alla media. Il futuro dalla loro, insomma, ma proprio quel futuro va contro le leggi dello spazio e del tempo e resta cristallizzato, il salto di qualità un’idea che non si tramuta in realtà, la carriera spesa nell’attesa di quel Godot che si vuole diventare e non arriva mai. La sindrome dell’eterna promessa è il rischio che sembra correre Matteo Prati, centrocampista ventunenne del Cagliari, pronto alla terza stagione in maglia rossoblù, la prima da titolare, la prima con responsabilità che non sembrano poter lasciare prova d’appello.
Bloccato
Una partita, come la prima rondine che non fa primavera, non può fare una stagione. I giudizi vanno sospesi, troppi gli alibi per poter emettere sentenze definitive. Per chi ha gli occhi puntati su di sé, però, anche una partita di metà agosto può essere una prima indicazione, una prima parentesi di dubbi da scacciare. La vittoria ai rigori del Cagliari contro la Virtus Entella, con il primo turno di Coppa Italia superato e il Frosinone come prossimo avversario, non ha regalato un Prati formato riscatto. Tutt’altro, chi sperava in una crescita del classe 2003 ravennate dovrà aspettare ancora, chi invece era pronto a supportare i propri punti di domanda sulle effettive qualità del centrocampista ha trovato conferme. Non a torto, perché la prestazione di Prati alla prima gara ufficiale della stagione è stata tutt’altro che memorabile. Due facce, quella di un mediano che ha dato equilibrio contro un avversario quasi mai pericoloso e quella di un regista che non ha diretto un film da Oscar, ma una pellicola lenta che non ha lasciato immagini positive negli occhi. Ormai una costante affiancare a Prati la parola “compitino”, intesa come una gara nella quale oltre i tanti passaggi semplici e scontati si è visto poco altro. Alibi, si è detto. Quelli della condizione per un giocatore che ha finito in ritardo causa Europeo Under 21 la stagione precedente. Quelli di una nuova epoca targata Fabio Pisacane ancora da scoprire e da apprendere. Quelli di un avversario, l’Entella, che si è chiuso e ha messo in atto una marcatura a uomo su di lui che, difficilmente, si vedrà con così tanta costanza in campionato. Poi, però, dopo gli alibi c’è quello che ha mostrato il campo. Un blocco apparso più mentale che tecnico, la necessità di scrollarsi di dosso il campionato vissuto da comprimario con Davide Nicola in panchina e ritrovare la leggerezza in mezzo alla mediana rossoblù. Il dovere di crescere, prendere le chiavi e davvero guidare il gioco del Cagliari, anche a costo di sbagliare qualcosa in più senza nascondersi dietro giocate semplici e, appunto, scolastiche.
Responsabilità
C’è un’etichetta che rende tutto più complesso. Perché Prati è arrivato in Sardegna nell’estate del 2023 quasi come questione di principio del presidente Tommaso Giulini. Stregato da quel centrocampista allora diciannovenne che pochi mesi prima aveva disputato una gara di altissimo livello con la maglia della Spal alla Unipol Domus. La concorrenza del Palermo battuta a suon di milioni, Claudio Ranieri ad approvare la trattativa, il cerchio che si chiuse. E con Sir Claudio Prati inizia l’apprendistato, piano piano si prende il proprio spazio e chiude con il gol salvezza a Reggio Emilia nella vittoria contro il Sassuolo per 2-0. Arriva Nicola e per Prati è il momento del salto di qualità, lui al centro e il resto da costruire in mezzo al campo. E così sembra nelle prime gare, fino all’infortunio di Lecce che lo tiene fuori fino a scivolare nelle gerarchie in nome di una mediana più muscolare e senza un vero e proprio play. Diventando, nel lungo termine, uno dei nodi – se non IL nodo – della separazione tra il Cagliari e l’allenatore piemontese. Prati va rimesso al centro del villaggio, un investimento sul quale la società crede ciecamente e che deve giocoforza diventare riuscito. Qualità che non si discutono, personalità ancora da scoprire. Con una sola strada percorribile, quella di far scattare la scintilla che porti Prati a diventare elemento chiave non solo sulla carta, ma anche nei fatti. Nessun alibi, nessun dito da puntare verso la giovane età e una crescita da aspettare o verso un allenatore che non punta su di lui. A quasi ventidue anni, con la titolarità indiscussa, con una squadra da far girare intorno al suo cervello e ai suoi piedi manca solo un dettaglio. Non minore, anzi, decisivo. Mostrare che le parole e le aspettative non sono state un’illusione, mostrare che la sindrome dell’eterna promessa non sarà il suo futuro, ma un’idea sbagliata per un calciatore pronto a prendersi la scena.
Matteo Zizola














