Il primo pareggio casalingo stagionale contro la Reggina porta il Cagliari di Fabio Liverani a quota 15 punti in classifica dopo 11 giornate. Una vittoria nelle ultime sei gare, decimo posto, la promozione diretta distante sette lunghezze.
Tic toc
“I campionati non si vincono a ottobre, siamo attardati di quattro-cinque punti ma ho la certezza che sono recuperabili”. L’allenatore rossoblù ha rimesso sul tavolo nel post partita il concetto del tempo, con analisi sulla classifica da mettere da parte grazie a un campionato che ancora lascia spazio alla rimonta. Intanto, però, le lancette della Serie B girano impietose e i tre punti che stentano ad arrivare non aiutano a ritrovare serenità. Il campo, i risultati, le prestazioni: dopo Ascoli anche lo scontro casalingo contro la Reggina ha messo in mostra un Cagliari tutt’altro che in salute, spento, sospinto dal pubblico fino al fischio finale e poi contestato per ragioni ovvie e chiare a chi le vuol vedere. Le parole le porta via il vento, i dati – quelli della classifica e dei punteggi che la costruiscono – sono invece fatti impietosi attorno ai quali è quasi impossibile girare.
Ipse dixit
C’è da chiedersi cosa sia successo al Fabio Liverani che si presentò davanti ai microfoni al suo arrivo in Sardegna. Perché le dichiarazioni in seguito al pareggio contro la Reggina non solo non rispettano la situazione attuale, ma nemmeno sprizzano coerenza guardando a un passato nemmeno troppo lontano. “Io posso garantire che la squadra avrà voglia di vincere tutte le partite. Sicuramente ci aspetta un campionato difficile, ma devo essere sincero a me questa situazione stimola. Io preferisco giocare sempre per vincere”. Una dichiarazione d’intenti che cozza con quel “abbiamo alimentato che siccome eravamo retrocessi e siamo il Cagliari, allora dovevamo avere chissà quanti punti” sentito nel post partita contro la Reggina. O ancora, sempre dopo il primo pareggio alla Unipol Domus, “se diciamo che siamo il Cagliari e dobbiamo vincere ogni volta creiamo delle preoccupazioni ai ragazzi”, come se il punto arrivato dalla sfida contro gli uomini di Filippo Inzaghi sia stato un semplice incidente di percorso in mezzo a un filotto positivo e non, come dice la realtà, un risultato che significa una vittoria nelle ultime sei giornate. Chi sono poi i destinatari di quel “se diciamo”? Chi “crea preoccupazioni ai ragazzi”? Le aspettative di un ambiente stanco della mediocrità delle ultime stagioni o la stampa che ha alzato l’asticella senza guardare la realtà? Anche perché, un tempo nemmeno troppo lontano, “avere i pronostici dalla nostra deve essere uno stimolo”, Liverani dixit alla vigilia di Como. Ora quello stimolo si è trasformato in paura, in eccesso di responsabilità sulle spalle di giocatori non del tutto abili a sopportarle. Nonostante sempre il tecnico rossoblù, prima della gara contro il Venezia poi persa per 4 a 1 in casa, sosteneva che “a noi piace essere responsabilizzati, ora però dobbiamo dimostrarlo con i fatti”. I fatti, appunto, e non le parole che cambiano a seconda dell’alibi – o dei colpevoli esterni – da indicare.
Alibi o scuse
Liverani si è preso le proprie colpe solo in un’occasione, dopo la disfatta casalinga contro il Venezia. Prima e dopo il fattore tempo è diventato il mantra al quale affidarsi. Tra giocatori che devono ancora ritrovare la condizione dopo una lunga inattività ed errori individuali alla base dei gol subiti. Un’analisi da rimandare per ragioni anche legittime, non fosse che proprio l’allenatore rossoblù prima della sfida contro il Modena sosteneva che “per fare un bilancio bisognerà aspettare dieci-dodici partite”. E undici giornate sono passate, con un responso del campo che parla da sé. Non affrontare la realtà della classifica e delle prestazioni che l’hanno determinata manca di rispetto all’evidenza, oltre che a chi prova a capire quali possano essere i problemi. La palpabile tensione di fronte ai giornalisti nel post partita contro la Reggina certifica un nervosismo che cozza con la tranquillità del tempo a disposizione espressa a più riprese. Liverani di certo non ha colpe per il passato, ma dimenticarlo o peggio pensare che i tifosi possano semplicemente cancellarlo con un colpo di spugna è una mancanza di rispetto per chi, comunque vada, ha sempre sostenuto la squadra nel bene e nel male. Esaltare gli avversari, facendo finta che la propria forza non sia poi così elevata, una pratica che alla lunga diventa stucchevole. Riprendere la stessa consapevolezza mostrata all’arrivo in Sardegna diventa necessario, perché solo così si potranno costruire quei miglioramenti dei quali al momento non c’è traccia.
Credito
Sono passati ormai quattro mesi dall’insediamento di Fabio Liverani sulla panchina del Cagliari. Quattro mesi nei quali la forza del tecnico è cresciuta in maniera inversamente proporzionale ai risultati. Sono arrivati giocatori a lui graditi, la società rossoblù non ha mai fatto trapelare un possibile cambio di guida, dopo Ascoli a pagare è stato Stefano Capozucca dopo un’accesa discussione con il tecnico e non quest’ultimo a causa dei non risultati. Episodio, quello dello scontro, ammesso proprio da Liverani pur se rispedendo al mittente che sia stato la causa dell’esonero del ds. Resta il responso del campo, resta un Cagliari lontano parente di quello atteso e sperato. Perché i rossoblù non dovranno vincere tutte le partite per grazia divina, ma provarci e soprattutto riuscire a farlo almeno in qualche occasione sarebbe il minimo sindacale. Non per la storia, ma per le qualità di una rosa voluta e promossa da Liverani e che vale decisamente più di quanto visto fino a oggi. A partire dalla sfida contro l’ex Pierpaolo Bisoli e il suo sorprendente Sudtirol, prossimo crocevia della stagione. Il futuro di Liverani passa dal nuovo direttore sportivo ma soprattutto da Bolzano, perché in fondo sono i risultati a determinare il futuro. E il credito del tecnico rossoblù non può essere infinito.
Matteo Zizola