Quando tutto va storto, quando si perde ogni sicurezza, quando la terra sotto i piedi inizia a mancare. Momenti nei quali ci si aggrappa alle poche certezze, ammesso che si riesca a trovarle. E l’unica ancora di salvezza nel mare rossoblù in tempesta è, parola di Tommaso Giulini, il condottiero Walter Mazzarri.
Sfiducia
“L’allenatore in questo momento è una delle poche certezze che abbiamo”, questa la dichiarazione del patron nel post partita di Bologna. Resta da capire, però, se la squadra rossoblù sia altrettanto una certezza per il tecnico di San Vincenzo. Il suo atteggiamento di norma battagliero ha lasciato spazio, nel secondo tempo di Bologna, a una sorta di rassegnazione. Sguardo turbato, quasi disperato di fronte a un gruppo lontano dai suoi dettami. Sfiducia che dai giocatori si trasmette all’allenatore, vittima di una rosa ridotta da infortuni e giocatori a mezzo servizio e senza alternative che possano cambiare in corsa la destinazione del treno chiamato sconfitta. Errori grossolani – tecnici, tattici e mentali – e le solite distrazioni immancabilmente punite.
Identità lontana
Le parole le porta via il vento e in Sardegna tra scirocco e maestrale le folate sono cosa nota. La conferma piena di Mazzarri in sella alla panchina del Cagliari è un fatto figlio delle dichiarazioni, ma non va dimenticato che lo stesso copione si era visto con Di Francesco e con Semplici. Il tecnico di San Vincenzo resta al suo posto, ma allo stesso tempo la sensazione è che ancora manchi una totale comprensione della squadra e di come sfruttare il materiale a disposizione. Che, per quanto difficile da plasmare, può fare meglio di quanto visto nelle prime undici giornate. La gestione tattica e di mentalità è improntata più sul non subire l’avversario che sull’attaccarne i punti deboli. Il 4-4-2 come tattica scolastica, unico appiglio quando non si sa da dove cominciare e, soprattutto, quando mancano gli uomini adatti per provare a mettere la propria firma. A Bologna l’accorgimento con il passaggio al 5-3-2 in fase di non possesso un segnale di manifesta inferiorità di fronte non a un avversario in salute, ma con difficoltà quasi simili a quelle del Cagliari. Primo non prenderle, per poi alla prima occasione subire comunque il gol dello svantaggio. E quando si guarda alla panchina il vuoto è lì a ricordare che forse l’impresa è più ardua di quanto Mazzarri stesso ha pensato non appena ha accettato di tornare in corsa.
Alibi e scelte
Le rimostranze arbitrali dopo la sconfitta contro la Roma hanno lasciato spazio al silenzio dopo quella del Dall’Ara. L’alibi di errori, che errori peraltro non sono apparsi, non può essere l’unica risposta all’assenza di gioco e mentalità. Anche le scelte di formazione nella sfida contro il collega Mihajlovic hanno lasciato più di qualche dubbio. Gli uruguaiani a mezzo servizio hanno dimostrato di non essere un valore aggiunto, anzi, mentre il buon Bellanova quando subentrato ha confermato la discreta condizione, mettendo così sul tavolo la domanda del perché sia stato escluso. Marin lontano dal centro del gioco ha ricordato i problemi di collocazione già visti con Di Francesco, pur se diversi. Unico in grado di strappare e illuminare nella mediana, il romeno è stato limitato dal fuoco amico di chi lo ha schierato in un ruolo in cui non riesce a incidere. L’ingresso di Farias ben prima di Pereiro un segnale non di poco conto, perché se il brasiliano da separato in casa passa davanti all’acquisto giuliniano per eccellenza il problema si pone eccome. Infine la sensazione di un gruppo tutt’altro che sereno e coeso, con l’esempio lampante dato dalla discussione tra Marin e Lykogiannis per la battuta di una punizione dai 30 metri.
Sei punti in undici giornate, cinque in otto per il solo Mazzarri. Il futuro immediato si chiama Atalanta, non di certo un ostacolo facile da superare. Anche se è proprio contro avversarie più importanti – Lazio e Roma – che il Cagliari ha dato minimi segnali di vitalità. Non avere nulla da perdere può essere un aspetto positivo anche per una squadra che alle sconfitte sembra averci fatto l’abitudine. Mazzarri dovrà anche vincere i suoi stessi dubbi, prendere per mano la situazione e ripartire da zero. Dimostrando di voler essere lui per primo quella certezza che rappresenta a parole per il presidente Giulini.
Matteo Zizola