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L'esultanza dei giocatori del Cagliari dopo la conquista della salvezza | Foto Valerio Spano

Cagliari, a Reggio Emilia sei uscito dal Purgatorio: i tifosi meritano il Paradiso

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I momenti epici sono così: li riconosci subito, senza pensarci. Il minuto 70 di Sassuolo-Cagliari lo è stato. È il minuto del primo gol in Serie A di Matteo Prati, che ha scelto la penultima giornata di campionato per togliersi dalla testa dell’antipatica classifica dei maggiori tiratori in porta senza aver trovato la rete. Un minuto che ha definitivamente sancito la svolta della stagione del Cagliari, facendo finalmente entrare la nave di Claudio Ranieri nel porto chiamato salvezza. Un numero, il 70, dalla simbologia così evocativa sia nella tradizione cristiana e biblica in generale, ma pure per i tifosi rossoblù: 70 vuol dire Scudetto, Scudetto vuol dire Gigi Riva. Intervento dall’alto? Chissà, quel che è certa è la dedica della salvezza a Rombo di Tuono da parte del presidente rossoblù Tommaso Giulini, che davanti ai microfoni della sala stampa del Mapei Stadium ha detto: “Senza Gigi e il suo endorsement pubblico per Ranieri noi oggi non saremmo qui a festeggiare”. 

Reggio Emilia nella storia

Una festa di un popolo. La domenica di Reggio Emilia ha testimoniato questo: l’esodo di una tifoseria che ha fatto di tutto per sostenere la squadra di Ranieri. Tutti avevano voglia di soffiare dietro Deiola e compagni per combattere l’ennesimo rischio di libecciata che, alla vigilia, era lecito aspettarsi. Ma fin dalle prime ore della mattina era chiaro a tutti che sarebbe stata la giornata del Cagliari. L’aeroporto di Linate sembrava tinto di rossoblù, grazie agli aerei in arrivo dall’Isola. Bandiere, maglie e sciarpe del Cagliari hanno catalizzato l’attenzione dei presenti, molti dei quali in fila al ritiro delle auto a noleggio. Per non parlare di chi ha attraversato il Tirreno in traghetto, aggiungendo poi i chilometri sulla terraferma fino a Reggio Emilia. Per le cui strade, già da diverse ore prima del fischio d’inizio di Doveri, si vedevano passeggiare decine di tifosi cagliaritani diretti allo stadio. “Sembra di giocare a Cagliari” è stato il commento più gettonato in tribuna, da cui si poteva ammirare il muro rossoblù nel settore ospiti. Il termine non è casuale, perché vedere i due colori mischiarsi perfettamente sugli spalti ampi della curva nord del Mapei Stadium dava davvero l’impressione di trovarsi davanti a una muraglia inespugnabile. Cori, applausi, canti, bandiere, striscioni: gli oltre tremila presenti nel settore ospiti hanno animato una partita che il Cagliari ha sentito sua fin dal riscaldamento. Si percepiva l’aria della grande impresa e la presenza di Ranieri sulla tolda di comando, dopo Bari, aggiungeva consapevolezza nei tifosi rossoblù. Il primo tempo è scivolato via senza particolari sussulti, poi l’ingresso di Luvumbo ha aggiunto pepe a una gara dominata da un Cagliari che ha controllato e atteso il momento giusto per colpire. Il tanto atteso gol di Matteo Prati al 70’ ha fatto esplodere la gioia di un popolo che non aspettava altro. E in quell’azione si è capita davvero la fame di salvezza di un gruppo che ha fatto tesoro delle parole del suo allenatore: il piatto sinistro dell’ex Spal è la sublimazione della voglia di far gol mostrata a Reggio dai rossoblù. Nove contro cinque, come a San Siro sul gol di Pulisic ma stavolta al contrario: nonostante l’inferiorità numerica rispetto alla difesa del Sassuolo, i ragazzi di Ranieri hanno saputo trovare il gol, con l’assist da terra di Dossena come ulteriore prova della volontà di tornare a casa con i tre punti. Il resto è storia: il raddoppio di un Lapadula di nuovo protagonista e pronto a dar ragione a Ranieri per la scelta di schierarlo da titolare – nonostante numeri tutt’altro che lusinghieri per un bomber come lui – ha chiuso ufficialmente le danze, dando il via alla festa sul campo. 

Il peso di Ranieri 

Un’overdose di gioia e adrenalina proseguita all’arrivo della squadra all’aeroporto di Elmas: il modo migliore di chiudere una stagione che resterà nella storia, perché rappresenta il “perfect” nella carriera rossoblù di Claudio Ranieri. Cinque stagioni e cinque obiettivi raggiunti, con tre promozioni e due salvezze. Il tecnico romano è il vero vincitore di questa annata. Ha letto tutti i momenti chiave in anticipo, ha cambiato la stagione con le sue dimissioni poi revocate, ha preso su di sé tutte le responsabilità ma, come ha saggiamente detto in sala stampa, ha convogliato in un’unica direzione tutte le forze in campo: tifosi, società, giocatori, stampa. Ha tenuto tutti buoni, mettendo sul tavolo come garanzia la sua autorevolezza, la sua esperienza, la sua umanità. Da fuoriclasse assoluto ha saputo capire prima come sarebbe andata la stagione. Le frasi a effetto su libecciate e salvezza all’ultimo minuto dell’ultima giornata hanno trovato contezza sul campo. Certo, anche Ranieri – come tutti – ha commesso i suoi errori e non è stata lesa maestà sottolinearli e discuterli, ma alla fine ha vinto lui. E chi dovesse dire il contrario probabilmente sarebbe in malafede oppure, come ha detto a Milano, di sicuro non ha giocato abbastanza a calcio per giudicare. L’essere portato in trionfo dai suoi ragazzi ha tributato il giusto omaggio di una squadra operaia e senza top player, che ha trovato nel suo allenatore il leader da seguire. Ma è la camminata sotto la curva insieme al presidente Giulini, da tempo nel mirino delle contestazioni di una parte della piazza, l’ennesimo gesto nobile di un uomo che già a Bari, zittendo i cori di scherno contro la tifoseria avversaria sconfitta, diede una lezione di stile e comportamento rimasta nei cuori della tifoseria rossoblù. Venezia, Bari, Reggio Emilia: tre gare in trasferta dal valore differente, soprattutto dal punto di vista emotivo. Chiudiamo con una metafora dantesca. Se l’ultimo saluto alla Serie A, ovvero le lacrime e la rabbia del Penzo, avevano rappresentato la discesa nell’Inferno, la finale di Bari ne ha rappresentato l’uscita e l’ingresso nel Purgatorio, fatto di un’annata di sofferenza come quella che va a concludersi. Reggio Emilia, invece, è stata l’ultima tappa del cammino di avvicinamento vero il Paradiso: la salvezza in Serie A ha un valore inestimabile per un Cagliari chiamato a costruirsi un futuro migliore, facendo tesoro degli errori e della sofferenza. Senza cancellarli, affinché restino da monito per il domani, ripartendo dall’amore incondizionato ricevuto dai propri tifosi, dal ritiro di Chatillon fino alle feste di Reggio Emilia ed Elmas. Perché è da questo, oltre che dai risultati, che si può costruire il Paradiso. 

Francesco Aresu

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