“A cent’anni”, recita il più comune degli auguri di buon compleanno, con cui si auspicano salute e longevità. Non si può certo dire che Il Cagliari abbia tagliato il traguardo con entrambe. Come un vecchio che si trascina stancamente alla soglia del secolo, debilitato anziché rinvigorito dalla cura Maran prima e Zenga poi, nella stagione 2019-20. Si auspicava un gioco sveglio e arzillo a celebrare la storica ricorrenza, si è arrivati col torpore cronico di chi vivacchia flebilmente nella sua quotidianità.
Maran, nonostante l’inizio promettente ha confermato la sua etichetta da geriatra conservatore, con rari slanci di “botte di vita”: meglio adattarsi agli eventi, meglio non rischiare, si sa mai che ci scappi il morto. Zenga, forse più bravo a vendersi come innovatore che a dimostrare capacità rivoluzionarie nel pratico, ha tentato di rivitalizzare le stanche membra del Centenario. Ma al di là dell’allegria effimera portata dalla sbornia di un incontro serale con una Vecchia Signora, ha proseguito nel solco tracciato dal suo predecessore. Gioco lento, stantio, noioso.
Il presidente Giulini ha pertanto rotto gli indugi. “Fate alzare il vecchio Cagliari dal letto, aprite le finestre, fate entrare la luce, c’è bisogno d’aria fresca”, è sembrato voler dire. Stavolta non ne poteva più neppure lui, come ha fatto capire a chiare lettere in conferenza stampa presentando Eusebio Di Francesco come il nuovo che avanza. Al nuovo mister il compito quindi di riportare l’entusiasmo, di ridestare dal torpore coloro che hanno a cuore le sorti del secolare paziente dal vecchio cuore rossoblù.
Un vecchio cuore stanco, recentemente ancor più provato dalle positività al Covid-19, cui restituire la gioia di vivere, la voglia di giocare. Un gioco frizzante e spavaldo come primo obiettivo da perseguire ancor prima di un importante piazzamento in classifica. Una vita da vivere al massimo nonostante l’età che avanza.
Buon lavoro dottor Di Francesco, e ancora Auguri vecchio Cagliari. A 200!
Mirko Trudu