L’omaggio al tecnico romano scomparso lunedì nelle parole di alcuni protagonisti della sua doppia esperienza sulla panchina rossoblù.
Un uomo non banale, con un carattere particolare e verace, che è riuscito a farsi amare da una piazza calcisticamente esigente come quella sassarese. Lamberto Leonardi, per tutti Bebo, ha allenato nella sua carriera da tecnico una dozzina di squadre, ma il suo nome è legato a doppio filo alla Torres. Indubbiamente e inevitabilmente: due promozioni dalla C2 alla C1, 1986-87 e 1999-00, stagioni rimaste nella memoria dei tifosi rossoblù e del calcio sardo in generale.
Il ricordo di Salvatore Sechi
“Bebo Leonardi è stato un grandissimo protagonista della nostra storia – ha scritto il presidente della Torres Salvatore Sechi, affidando le sue parole a un post sulla pagina Facebook del club – e con lui, da vice presidente, ho condiviso uno dei momenti più belli ed entusiasmanti del mio percorso sportivo con la promozione in C1 del campionato 1999-00.Ci siamo sentiti di recente perché avevo saputo che si trovava ricoverato e l’ho chiamato per fargli sentire l’affetto e la vicinanza del suo amato mondo torresino. Mi ha detto che ci saremmo incontrati presto allo stadio perché aveva desiderio di rivedere la sua Torres: il suo pensiero è stato, ancora una volta, per la squadra che ha amato e si portava nel cuore. Nessuno, ne siamo certi, si dimenticherà di lui”.
“Aò, ma chi t’ha fatto fa’?”
Anno 2011, panchina (in cemento, non proprio in linea con le comodità del calcio professionistico) del Gymnasium Sassari, campionato di Seconda categoria e prima esperienza da allenatore per Stefano Udassi. Da poco tempo l’ex bomber della Torres aveva concluso la propria carriera da calciatore e si affacciava verso una nuova vita, dall’altra parte della barricata a osservare i calciatori e dar loro indicazioni. “Potrei raccontare decine e decine di aneddoti della mia carriera da calciatore con Bebo, ma scelgo un aneddoto risalente al mio primo anno da allenatore. Prima della partita un dirigente mi si avvicina e dice ‘Stefano, è venuta a salutarti una persona che conosci’. Mi girai e vidi lui, mister Leonardi, che era venuto ad assistere alla mia prima partita da allenatore. E mi disse queste parole: “Aò, ma chi t’ha fatto fa’?”. Ecco, questo era Bebo Leonardi. Non certo una persona semplice, ma tirava fuori il meglio da tutti. Se riuscivi a entrare nella sua testa, beh: era fatta. Aveva capito che più mi faceva arrabbiare, meglio rendevo in campo”. Un legame forte, fortissimo, proseguito negli anni: “Quando ero allenatore dello Stintino veniva spesso a trovarmi, ci sentivamo spesso perché aveva una casa là e avevamo amici in comune. Sono orgoglioso di aver vissuto con lui gli anni più belli nella storia della Torres“.
L’eroe di due generazioni
Come detto, Bebo Leonardi è riuscito nell’impresa di lasciare il segno nelle due esperienze sulla panchina rossoblù dell’Acquedotto. Impresa, sì: perché è sempre difficile riuscire a tornare dove si è fatta la storia e farla di nuovo. “La mia generazione – il ricordo dell’avvocato Umberto Carboni, presidente della Fondazione Sef Torres – è cresciuta con la Torres di Leonardi, ha sognato con lui, ha gioito con lui. Col suo sorriso, il suo maglione blu, il suo essere sornione, il suo carattere. È stato un allenatore che ha fatto della coesione del gruppo il suo credo. Ha allenato dei grandi giocatori dalle personalità straripanti che lo hanno sempre seguito come un figlio segue un padre. Oggi se ne va un pezzo importante della storia della Torres e a distanza di poche ore dal saluto a Costanzo Dettori è veramente triste piangere un’altra leggenda Torresina“.
Magic Box e il maglione portafortuna
Se Stefano Udassi è stato un pilastro della seconda Torres targata Leonardi, della prima un nome su tutti torna alla memoria, ricordando gli storici derby con il Cagliari: Gianfranco Zola. Fu Leonardi a lanciare nel calcio che conta il giovane olianese, ben prima che diventasse Magic Box. “È una notizia terribile, a Leonardi è legato l’inizio della mia parabola da calciatore e non potrò mai dimenticare i momenti vissuti con lui a Sassari. Il mister aveva un carattere tutto suo, poteva sembrare duro o freddo all’inizio, ma non era assolutamente così: aveva un amore incredibile per Sassari e per la Torres. Lo devo ringraziare tanto, perché quando arrivai in rossoblù ero un ragazzino ma lui subito ebbe grande fiducia in me e mi fece giocare tanto, nonostante ci fossero compagni con più esperienza in rosa. Era molto scaramantico, e su questo ho un ricordo divertente del periodo in cui iniziammo a fare molto bene con lui a Sassari. Sotto Natale incominciammo un filotto di risultati utili e allora lui decise di vestirsi sempre allo stesso modo: giubbotto in pelle e maglione in lana a collo alto arancione. Il problema è che continuammo a fare bene fino alla primavera, tanto che lui rimase vestito così anche con 30 gradi. Lo prendevamo sempre in giro bonariamente per questo ma ci legava un fortissimo affetto”.
Francesco Aresu – Roberto Pinna