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Volley, Pentassuglia: “Mondiale esperienza fantastica. All’estero si lavora in serenità, in Sardegna…”

Matteo Pentassuglia
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Matteo Pentassuglia, assistente allenatore di volley in Francia con la casacca del Levallois Paris Saint-Cloud e reduce dall’esperienza ai Mondiali con la Slovenia, ha parlato ai nostri microfoni di Buongiorno 131. Queste le sue dichiarazioni.

 Il lavoro all’estero
“Negli ultimi anni ho alternato lavori in Francia e Slovenia, prima ancora sono stato in Finlandia quattro anni e mezzo. Lavoro all’estero da tanti anni, ho avuto solo una parentesi di tre mesi a Roma prima di andare in Francia. All’estero si fa pallavolo in maniera serena, senza pressione per i risultati ma con la pazienza che il lavoro arrivi. Mi trovo molto bene”.

 Il successo delle Nazionali italiane maschili e femminili
“È certamente incredibile, ma ci sono tanti fattori che contribuiscono a ciò. Vedere il numero di allenatori italiani che ci sono nelle Nazionali straniere fa capire quanto il livello tecnico e tattico italiano sia importante. La chiave di questi Mondiali, sia per il maschile che femminile, è stata la parte caratteriale. Se non sei in grado di creare un gruppo, gestire la pressione o avere il carattere per gestire determinate situazioni non riuscirai mai a vincere. Chi ha visto le interviste dopo le finali può capire quanti sforzi e spirito di gruppo ci siano. La finale femminile è stata per me più emozionante, per via della presenza di Alessia Orro, ma anche la finale maschile mi ha lasciato molto contento”.

 Sulla maggior visibilità del calcio rispetto alla pallavolo
“Su ciò ne ho discusso spesso. Penso che sia giusto: il calcio è uno sport storico, ha riunito persone, amici, famiglie. È arrivato negli anni a meritarsi lo spazio che ha. Nella pallavolo vedo tanti miglioramenti da questo punto di vista, i risultati stanno arrivando e questo è importante, perché più i risultati arrivano e più sei mediatico. Non potremmo mai paragonarci al calcio, perché ha una storia incredibile. Dobbiamo cercare di avvicinarci e dobbiamo farlo tramite i club, la Nazionali, la comunicazione e le chiacchiere con le persone. Il calcio è nelle prime pagine perché fa qualcosa in più di noi. In Francia, quando giochiamo in casa, viene meno pubblico quando gioca il PSG e questo perché ha uno stadio da 70,000 persone, vince Champions League e i campionati, è in tutte le televisioni del mondo: perché non deve avere più pubblico della pallavolo? Per me tutto questo è giusto, ma noi dobbiamo cercare di fare il possibile per avvicinarci a quel mondo”.

 Il livello degli allenatori di volley in Italia
“In Italia si sta bene, il livello italiano è tra i più alti al mondo insieme alla Turchia. Essendoci tanti allenatori italiani e bravi, la possibilità di avere squadre di livello diminuisce e dunque devi andare a cercare possibilità anche all’estero. Più allenatori si hanno, meno sei di prestigio, meno vieni pagato e meno vali. All’estero, invece, è l’opposto: se in Italia sei normale, diventi uno dei più bravi. Ci sono tanti allenatori che sono da anni in Italia e hanno prestigio, però è una cosa che arriva dopo un processo. Guardo alla mia carriera: mi vedo in Italia tra qualche anno, non subito. Per arrivare a certi livelli devo meritarmelo e devo scavalcare posizioni di allenatori che ora meritano quello status”.

 La scelta di diventare allenatore
“Fino ai 16 anni giocavo, poi dal Trofeo delle Regioni ho iniziato a pensare al mio sport in maniera diversa: ho iniziato a pensare da allenatore. A 18 anni ho smesso di giocare per iniziare questa carriera. Per altezza e caratteristiche fisiche non mi vedevo a livelli alti, ma come allenatore sì. In qualche modo ci credevo, non pensavo di arrivarci a 31 anni ma ho sempre avuto grandi obiettivi. Ho sempre fatto tanti sacrifici per ottenere quello che ho”.

 Obiettivi per la carriera
“Il mio obiettivo non è tornare in Italia. Faccio questo per cercare di essere il migliore, poi sarà quello che sono diventato a dire dove andrò e dove potrò arrivare. L’obiettivo è arrivare in campionati top, come Italia, Turchia o Giappone. Stare all’estero è dura, la tua vita privata non esiste più perché famigliari e amici non ci sono e li vedi due o tre settimane all’anno. Ho deciso di fare questo però perché voglio competere in campionati di alto livello. Sarei fiero di allenare in Italia, ma voglio essere il migliore nel posto in cui meriterò di esserlo. Arrivare in Nazionale mi renderebbe la persona più felice del mondo: continuerò a lavorare per arrivarci. Con Alessia Orro ci sentiamo spesso, viviamo la stessa vita, ci capiamo e sappiamo quanto è difficile. Sembra tutto bello, ma non lo è. Per noi non esistono sabati, domeniche o feste. Fare tutti questi sforzi ci fa pensare: ‘speriamo che prima o poi vengano ripagati’. Questo sport ha lati negativi, ma ci dà anche grandi emozioni”.

 Olimpiade tra gli obiettivi?
“Il Mondiale è stata un’esperienza fantastica con allenatori straordinari: già questa è stata un’emozione incredibile. Essere in questo contesto è un obiettivo raggiunto. Anche l’Olimpiade è un obiettivo, ma sono contento di quello che ho fatto”.

 Le condizioni del volley sardo
“Non sono un politico, mi piace dire la verità e quello che penso davvero. Faccio lo stesso discorso affrontato per la visibilità del nostro sport: in Sardegna siamo sempre stati i più forti a trovare degli alibi. Questo per me è sempre stato motivo di nervosismo. Abbiamo allenatori all’estero che fanno carriera e sono sardi, ci chiediamo sempre perché in Sardegna non ci siano giovani che vogliano fare gli allenatori, ci chiediamo perché il livello degli allenatori nella pallavolo sarda non sia abbastanza. Ma poi parliamo di Alessia Orro solo per qualche giorno quando vince e ci dimentichiamo. Pentassuglia è da 10 anni che allena all’estero e vince ma nessuno ne parla mai, stesso discorso per Mascia e tanti altri allenatori. Non vediamo mai le loro storie. Vediamo sempre le solite scuse, alibi, mai miglioramenti delle idee. Mi rattrista vedere che abbiamo tante storie da raccontare, che potrebbero incentivare i giovani a iniziare una carriera nella pallavolo o in un altro sport, e non le raccontiamo. Non ho mai visto persone diverse che si occupassero dei corsi per gli allenatori. Il livello in Sardegna non è buono: cosa fa la pallavolo sarda per migliorare il suo livello? Io chiedo di cambiare la mentalità, di pensare che ci sono tanti allenatori che possono espandere le proprie storie. È da tanti anni che è così e non credo che la situazione migliorerà: meritiamo di essere dove stiamo ora perché la Sardegna non si evolve”.

 Sulla prossima stagione
“La carica è enorme. Inizialmente sono una persona sempre negativa, ma perché se prima dico che perdo e poi vinco, gli altri dicono che ho fatto un miracolo (ride, ndr). Gli obiettivi per me e per il nostro staff sono sempre uguali: non è vincere il campionato, ma migliorare giorno dopo giorno per diventare la squadra migliore che possiamo essere. Questo ci ha portato a vincere il campionato lo scorso anno, il lavoro ci ha portato a diventare quello che siamo diventati negli ultimi due anni. Continueremo a lavorare duro e arrivare agli impegni importanti al meglio”

 La Redazione

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