Portiere olandese, classe 1995 Maarten Van der Want, olbiese d’adozione, che, dopo essere atterrato nell’isola dal 2015 non l’ha più abbandonata. Arrivato dall’Entella ha vestito la maglia dell’Olbia fino allo scorso anno, vivendo il punto più alto della storia del club con l’approdo tra i professionisti in Serie C. Nel mezzo tante esperienze e tanti giocatori, solo per citarne alcuni: Ragatzu, Dametto e Altare (attuale difensore del Venezia in Serie A). Lo scorso luglio poi la notizia: Maarten e l’Olbia si separano, dopo la retrocessione in Serie D e l’acquisizione del 70% delle quote da parte di Swiss Pro il portiere viene venduto. L’olandese che nel frattempo ha incontrato l’amore della sua vita Valentina, non ha intenzione di abbandonare la città accettando altre offerte, ed ecco arrivare la proposta che fa al caso suo: il Tavolara Calcio, squadra con una grande storia calcistica in Sardegna ma al momento in forza in Seconda categoria. I verdi bussano alla sua porta e l’olandese accetta. Una scelta di vita come quelle che non si vedono più spesso oggi nel mondo del calcio. Abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo per farci raccontare la vita del Maart di oggi. Una nuova avventura che magari può sembrare meno esaltante a livello calcistico ma che sicuramente cela un grande insegnamento dal punto di vista umano. Ecco le sue parole
Maarten, dopo nove stagioni con la maglia dell’Olbia e una promozione nei professionisti arrivata dopo una grande stagione di Serie D, a quasi trent’anni, decide di scendere in Seconda categoria con il Tavolara. I motivi di questa scelta sono noti ai più: l’amore per Valentina era troppo forte per abbandonare l’isola. Tornando indietro cambierebbe qualcosa oppure è soddisfatto della sua scelta?
“Io volevo rimanere all’Olbia. Loro hanno deciso di prendere questa decisione senza nemmeno interpellarmi direttamente. La nuova proprietà è subentrata dicendo al mio procuratore che non sarei più rientrato nel progetto: sono stato costretto a lasciare. Tornando indietro ripeterei quanto fatto, mia moglie è tutto per me. Questo divorzio con l’Olbia è stata una doccia fredda, non mi aspettavo dopo undici anni trascorsi assieme, un trattamento simile: non mi rimprovero nulla, ho dato tutto per quella maglia. Loro hanno ritenuto corretto fare questo e io non ho potuto fare altrimenti che prenderne atto, l’ho accettato e sono andato via. I motivi del perché questo è accaduto sono ancora a me sconosciuti: mi hanno davvero sorpreso”.
Facendo un passo indietro ci può raccontare del periodo trascorso a Olbia: lei ha assistito alla rinascita del club scalando la Serie D fino all’approdo tra i professionisti in Serie C. Che ricordo ha di quegli anni?
“Ogni stagione con l’Olbia per me è stata straordinaria, in tutte le stagioni ho vissute grandissime emozioni, la vittoria a Sassari contro la Torres nel 2016, la salvezza prima ad Arezzo nel 2017 e poi a Gorgonzola nel 2020, tutti momenti incredibili della mia carriera. Ho vissuto per l’Olbia, ho dedicato la mia vita a questi colori, era tutto per me non c’era nient’altro al di sopra. Ancora oggi provo un enorme rammarico però non posso buttarmi giù, la vita continua, devo andare avanti”.
Nella sua carriera ha avuto modo di giocare con calciatori importanti, tra gli altri: Ragatzu, Dametto, Altare (attualmente al Venezia in Serie A). Oggi parla mai di Olbia con qualcuno di loro?
“Si, parlo con loro ogni tanto, ma mai di Olbia sono sincero. Con Giorgio Altare parlo un po’ di più. In Sardegna con lui abbiamo stretto un rapporto bellissimo, andavamo spesso a cena insieme. Quando ci sentiamo non parliamo troppo di calcio e se lo facciamo ci interessiamo alla condizione attuale di entrambi: più la sua però perché è lui quello famoso. Difficilmente parliamo di Olbia o del passato calcistico trascorso insieme, qualche aneddoto ogni tanto, ma più sulle cene condivise”.
Da ex le chiedo: cosa pensa di questo l’inizio di stagione dei galluresi in Serie D? Si aspettava un inizio così difficile?
“Non mi sarei mai aspettato un inizio del genere: fa male vedere la squadra in questa condizione. Spero possa reagire il prima possibile perché l’Olbia è una società che non deve merita di stare lì: non lo merita la piazza, la città, i tifosi, nessuno di loro merita di assistere a tutto questo. Il tempo per riprendersi c’è, il campionato è soltanto agli inizi, spero fortemente incomincino a macinare punti, risalendo la classifica in fretta”.
Secondo lei la condizione dell’Olbia può vivere una svolta con il cambio in panchina oppure vede il suo ruolo rimanere in bilico quest’anno?
“Non saprei sinceramente. La scelta di cambiare il tecnico è arrivata dalla società non so da dove sia nata questa decisone ma evidentemente avranno avuto i loro motivi. Marco Amelia è un grande professionista, ha vissuto calcio ad alti livelli, non credo abbia fatto il male dell’Olbia come non penso minimamente che sia tutta sua la colpa per questa condizione. La società ha valutato il suo operato insufficiente decidendo di licenziarlo. Si continua a parlare di Serie C ma al momento è la Serie D ciò che conta. Quest’ultima è una categoria molto più complicata della C. Il girone G quest’anno è molto tosto, non ci sono partite facili, le squadre sono tutte forti e ben attrezzate. Giochi con le sarde e non ti regalano niente, in Campania è sempre molto difficile, idem le laziali: ogni domenica devi dare tutto in campo, perché non c’è nemmeno una squadra cuscinetto al momento. In Serie C invece questo ogni tanto accade, quindi affronti le gare con una consapevolezza diversa. Su Gatti? Non conoscevo il mister, ho appreso la notizia dai canali social della squadra, non conosco lui come allenatore. Mi sarei aspettato un altro nome, magari già sentito in Serie D, ma se la società ha scelto lui, ha avuto i suoi buoni motivi. Dopo il suo arrivo ho visto solo la gara contro la Paganese. Sinceramente non ho visto dei grandi stravolgimenti, non voglio dire che giochino male ma, non mi sembra una squadra che abbia avuto una reazione, solita, dopo un cambio in panchina”
Lei che ha vissuto l’ambiente e conosce bene le ambizioni della piazza quale può essere la chiave per superare questo momento di difficoltà?
“L’inizio di questa stagione è stato qualcosa di anomalo, andare in ritiro e cominciare a lavorare con soli 3-4 giocatori non è cosi usuale. Quando sei in ritiro pensi a lavorare, non hai il parametro di confronto con le altre squadre, quindi comunque dai avvio alla stagione senza sapere la condizione delle avversarie. Quando arriva il momento di scendere in campo poi è lì che hai un riscontro e in questo caso non è stato positivo. Dopo le prime sconfitte patite è iniziato il malumore, è normale, ma bisogna reagire e lavorare nel tentativo di cambiare le cose”.
Da giocatore esperto le chiedo: si è fatto un’idea su quali possono essere i motivi che impediscono ai bianchi di fare risultato? È più un problema mentale o tecnico secondo lei?
“Dire cosa è mancato è difficile, sicuramente la vittoria: è banale, ma se vinci e cominci a fare punti l’umore cambia e questo ti aiuta a lavorare con maggiore serenità e determinazione. In questo momento è determinante fare gruppo, stringersi tutti attorno, lavorare ogni giorno nel tentativo di migliorare: è l’unica strada possibile per uscirne. Facendo questo puoi trovare quella continuità che ti permette di uscire dalle sabbie mobili delle zone basse. Se viene meno la coesione, è praticamente impossibile pensare di dare una svolta. In questo momento gli episodi sono andati a sfavore, bisogna razionalizzare questo, senza cercare troppi colpevoli, è una condizione che riguarda tutti e non soltanto Amelia, il presidente o un giocatore in particolare: si fa male insieme e si bene insieme”.
Cosa pensa il Van de Want di oggi di questa nuova esperienza con il Tavolara? Si sente stimolato dalla categoria? Quali sono le sue ambizioni per il futuro?
“Rimanere a Olbia senza possibilità di spazio non mi entusiasmava. Ho scelto il Tavolara e da lì è cambiato tutto. La Seconda categoria ovviamente è molto diversa, mi sto ancora ambientando: adesso inizio l’allenamento alle 19, prima ero sul campo dalle 10 alle 15. È un impegno diverso, dalla Promozione in giù il livello è oggettivamente inferiore. Mi sto divertendo, sono comunque contento della mia scelta, il mio obiettivo è quello di fare bene, aiutando la squadra a prendere meno gol possibile: non ho intenzione di fare brutta figura. Futuro? Non saprei al momento, mi confronto spesso con mia moglie sul da farsi, per un calciatore come me, l’ambizione non muore mai: punto sempre il più in alto possibile. Attualmente gioco in Seconda categoria, per alcuni sembrerà assurdo, ma io non ho intenzione di chiudere la carriera così: credo in me stesso e nel mio valore, sono ancora pronto per una grande sfida: conosco le mie potenzialità e so bene cosa posso dare a una squadra, l’ ho dimostrato a Olbia, e se ne avrò l’occasione lo rifarò”.
Giuseppe Meloni