Ospite dell’evento “Pensieri e Parole” all’interno della Gigi Riva Football Week, iniziata nella giornata di ieri martedì 5 novembre, il centrocampista del Cagliari Nicolas Viola ha ricordato la leggenda rossoblù e parlato dell’eredità lasciata da Rombo di Tuono .
Il ricordo
“Conoscevo Gigi superficialmente fino a quando non sono arrivato qua. Per me era un personaggio molto importante, sapevo chi era per la Sardegna e l’Italia. Ho sentito l’anima arrivando qua a Cagliari, sono orgoglioso di essere qui a questo evento. vorrei ricordarlo con un sorriso e ringraziarlo per tutto quello che ha fatto”.
Il primo gol del Cagliari dopo la sua scomparsa
“Era un’atmosfera surreale (Cagliari-Torino 1-2 del 26 gennaio ndr), portare il suo numero nella parte anteriore della maglia è stato indimenticabile. L’esultanza che ho fatto è venuta sul momento, era in suo onore. Ho cercato di ricordarlo con un gesto quello che poteva rappresentare. Nonostante tutto, quel giorno è un ricordo bellissimo. Avevamo assistito ai suoi funerali il giorno prima e davvero ricordo un tramonto meraviglioso, una delle giornate più belle che io ricordi qua a Cagliari nonostante la tristezza”.
L’importanza di Riva per i giovani
“Trasmettere la sua importanza non è difficile se pensiamo a tutto quello che ha fatto per noi. Posso parlare con i giovani, ma quando parli con lo spogliatoio, con i tifosi e la gente di Cagliari basta solo uno sguardo o un gesto per capire la sua importanza. Continuiamo ad amarlo e a sentirlo, per noi Gigi è vivo e siamo sempre con lui e lui con noi. Quello che rappresenta la persona e vedere questo legame è incredibile, senti un affetto incredibile ed è difficile raccontare l’affetto, lo senti con l’anima e il cuore. Non riesco a spiegare quello che provo in questo momento, ma posso dimostrare l’attaccamento per questi colori, un attaccamento che ho provato difficilmente per altre maglie”.
Talk
Durante il talk con le giornaliste Veronica Baldaccini ed Egidiangela Sechi nella serata di “Doppio Malto” il numero 10 rossoblù ha poi raccontato: “Conoscevo Gigi già prima di arrivare in Sardegna, ma da quando sono arrivato qui è cambiato tutto. Quando parlo di lui mi viene da sorridere. Non ho avuto la fortuna di conoscerlo, ma è come se lo avessi fatto. Quando parli con chi lo ha conosciuto scopri degli aneddoti che ti fanno immaginare subito chi era, chi è stato e sarà. Maglia più pesante? Sicuramente sì, assolutamente. Indossare questa maglia oggi è un onore e una responsabilità allo stesso modo, ci ha trasmesso il valore di portare questi colori con umiltà e responsabilità. Dopo il film di Riccardo Milani scrissi una lettera a Gigi, in cui ci tenevo a conoscerlo e a incontrarlo, citando Fabrizio de Andrè che era anche “un mio amico” perché è uno dei miei artisti preferiti. Avevo sentito parlare del Gigi calciatore, volevo conoscere l’uomo. Sentii la necessità di scrivergli perché lui aveva ancora qualcosa da darci al di fuori del calcio. E volevo farglielo sapere. Il gol al Torino? Quella partita arrivava dopo quella settimana triste, che però sanciva la trasformazione da uomo a leggenda. Segnare in quel momento era un omaggio a Gigi, l’ho sentito veramente. Quella partita non portò punti, ma quel gol resta uno dei più importanti mai segnati”.
“Rapporto con la musica? I tempi sono sicuramente cambiati, ma per quanto esistano le cuffiette che permette di fare ascolti “in solitaria”, in palestra abbiamo uno stereo in comune in cui viene premiata anche la musica più originale. In Sardegna De Andrè è un’icona, lo metto nello spogliatoio insieme a Rino Gaetano, Rolling Stones e i Doors. La canzone che associo a questi momenti? “Una mattina” di Ludovico Einaudi, la ascolto ogni giorno. Mi piace ascoltarla quando da Assemini torno a Cagliari, spesso con un tramonto meraviglioso”.
Francesco Aresu