Intervista al direttore sportivo della Raimond Sassari, Andrea Giordo, che ai nostri microfoni ha fatto un primo bilancio sulla stagione in corso. Di seguito le sue dichiarazioni.
Si è giocato il primo quarto di stagione, è possibile fare un simil bilancio di quanto accaduto in campo e fuori?
“Il bilancio si potrebbe anche fare, ma preferisco aspettare la partita di domenica che, visti gli ultimi passaggi a vuoto nelle ultime due gare, è diventata un vero crocevia della stagione. Vincere significherebbe risollevare classifica e morale, perdere potrebbe compromettere in modo importante la stagione e le certezze di questa squadra. Se vi va, sentiamoci lunedì”
La Raimond ha già ottenuto il miglior risultato della sua giovane storia passando due turni europei nella stessa stagione, ma fatica in campionato, dove ha ottenuto “solo” sette punti in altrettante partite. Vi siete dati una spiegazione riguardo a questo rendimento ondivago?
“Chi fa questo mestiere si fa domande ogni giorno, provando a trovare risposte plausibili. Ci siamo posti diversi interrogativi su questo rendimento e, sinceramente, abbiamo trovato poche risposte. Per noi è abbastanza inspiegabile il fatto di essere stati in grado di fornire alcune prestazioni monstre in attacco, segnando oltre 40 gol, e altre come quella di Cassano, nella quale ne abbiamo fatti sedici, soprattutto, non ce ne vogliano i nostri avversari, per nostri demeriti. Spero, e credo, che questo sia un incidente di percorso, la classica giornata no da cui imparare tanto e da lasciare immediatamente alle spalle“.
Coppa dà o coppa toglie? L’impressione è che le priorità della società, ammesso che ce ne siano, siano legate a quello che succede all’interno dei confini nazionali, comprensibile visto che è oggettivamente molto difficile alzare un trofeo continentale. Eppure la squadra sembra più motivata quando gioca in EHF European Cup. È d’accordo e, se si, come mai succede questo?
“Non c’è una verità assoluta. La coppa dà perché, modestamente, non sono tante le società sarde che possono vantarsi di disputare le competizioni europee, noi lo facciamo da sei stagioni consecutive, praticamente da quando giochiamo nella massima serie. La coppa toglie energie preziose per il campionato e alcune prove opache lo dimostrano. La società, ovviamente, è maggiormente interessata al campionato e sfido qualunque altro dirigente delle altre squadre impegnate nelle coppe a dire il contrario. Come anticipato nella domanda, è quasi impossibile, allo stato attuale, che un club italiano possa portare a casa un trofeo continentale, visti i roster e i budget con i quali ci confrontiamo. Se proprio devo scegliere, ti dico che si fa sport per vincere titoli, quindi…I giocatori, talvolta, la pensano in maniera un po’ differente perché, per loro, la coppa è una vetrina per la propria carriera. Ma non posso pensare che i nostri ragazzi facciano un ragionamento del genere impegnandosi maggiormente in coppa per le loro personalissime ambizioni, questo sarebbe molto grave e tenderei ad escluderlo, penso invece che in coppa ci siano meno pressioni e che, qualche volta, giocare con la testa più libera può aiutare a commettere meno errori“.
Le rotazioni a disposizione di coach Durkovic sono ristrette a dodici giocatori, che sarebbero stati tredici senza il brutto infortunio occorso a Mura. Come mai, nonostante il doppio impegno, avete optato per un roster “corto”?
“Non credo che tutte le altre squadre abbiano sedici giocatori “veri” che possano garantire un discreto minutaggio, forse l’unica è Siracusa, ma, bene o male, le altre sono più o meno come noi. La mia personalissima idea, che può anche non essere condivisa, è che un roster molto lungo abbia sicuramente degli aspetti positivi, vedi qualità degli allenamenti e maggiore copertura in caso di infortuni, ma nasconda anche delle insidie, come, ad esempio, un minutaggio molto basso di alcuni giocatori che potrebbe minare serenità e armonia dell’ambiente. Forse è antipatico da dire, ma credo che oggi la maggior parte dei giocatori, in qualsiasi sport e a qualsiasi livello, abbiano come priorità il proprio minutaggio, la propria performance e le proprie statistiche. L’altro aspetto per cui abbiamo optato per un roster corto è puramente economico, abbiamo fatto il massimo e non ci vergogniamo certamente di dirlo apertamente“.
Due mancini in tutto il roster: Didone, terzino che fin qui ha avuto poco spazio, e Delogu, ala dal rendimento in costante crescita. Può essere un limite?
“Se mi stai chiedendo se in un mondo ideale due mancini in un roster sono pochi, la risposta è sì, così come sono pochi cinque terzini e due portieri. Nel mondo reale, e soprattutto in quello della pallamano in Italia, la risposta è no. La scelta di non prendere un terzino destro mancino ha diverse motivazioni. La prima è che il mercato dei mancini, essendo una netta minoranza, è meno ampio e più costoso, perciò, con i budget delle squadre italiane, il rischio di prendere uno straniero mancino che non sposti gli equilibri è elevatissimo, quindi abbiamo fatto questo ragionamento: meglio un destro buono che un mancino mediocre. Oltretutto crediamo che la scelta di prendere un altro terzino destro di mano per giocare da terzino destro, quale è Furtado, ci permetta di utilizzare quest’ultimo in più parti del campo, essendo più coperti a seconda delle necessità. La scelta invece di non prendere un’ala destra è stata presa per permettere ad Andrea Delogu di crescere e acquisire una completezza che potesse farlo diventare, nel minor tempo possibile, una certezza. Direi che su quest’ultimo aspetto siamo a buon punto, Andrea sta dimostrando il suo valore, guadagnandosi la piena fiducia di coach e compagni“.
L’ultima sconfitta di Cassano Magnago ha fatto suonare un campanello d’allarme. Si è vista una squadra scarica che, quasi esclusivamente per demeriti degli avversari, è stata in partita per circa venti/venticinque minuti. Considerato che non può essere un problema di condizione fisica, pensa che ci siano dei limiti caratteriali/di personalità in alcuni elementi che compongono il roster?
“Se fino ad adesso ho risposto in modo assolutamente convinto, qui faccio fatica perché ciò che è successo a Cassano è surreale. Non avrei mai pensato di andare a giocare uno scontro così importante e vedere una simile prestazione. Sedici gol realizzati da una squadra che fino a questo momento non aveva dimostrato la minima difficoltà ad andare in gol. Non penso ad un problema fisico, né tantomeno ad una mancanza di qualità di chi è sceso in campo. Credo invece che la sconfitta di Cingoli abbia messo a nudo tante insicurezze e una fragilità emotiva che non pensavo esistesse. Quando si perde bisogna fare sempre i complimenti all’avversario e noi li facciamo doppi a Cassano, erano loro a dover essere insicuri e spaventati causa defezioni, invece ci hanno dimostrato per l’ennesima volta che le vittorie non si ottengono solo con i “top player”, ma soprattutto dimostrando di essere squadra e mettendoci il cuore. Mercoledì siamo mancati in questo, siamo stati assenti, regalando la partita a un avversario al quale riconosco comunque meriti“.
Si è sempre detto soddisfattissimo dell’operato di coach Durkovic, di cui si è sportivamente innamorato quasi a prima vista. La domanda è d’obbligo: è l’uomo giusto per dare continuità a una squadra che, specie in trasferta, ne ha avuta poca?
“Mi sono innamorato a prima vista una sola volta ed è successo con mia moglie, ma la società non ha nessun dubbio riguardo Ratko (Durkovic, ndr). È assolutamente l’uomo giusto per guidare questa squadra, ha doti umane e tecniche indiscutibili, in questo momento è la prima certezza. Vado al campo tutti i giorni, guardo tutti gli allenamenti, vedo l’intensità e il rapporto che lui ha con la squadra, questo mi basta e avanza per dire che Ratko è l’uomo giusto nel posto giusto. Non è in discussione oggi e non lo sarà fino alla fine del campionato. Abbiamo cambiato tanti allenatori, anche da secondi in classifica, ma lo abbiamo fatto perché non ci siamo mai accontentati e perché non eravamo pienamente soddisfatti. Oggi lo siamo e ci teniamo stretto il nostro allenatore. Facendo una battuta, ti dico che è più probabile che cambi dieci giocatori prima di mandare via Ratko“.
Questa squadra può vincere il campionato?
“Si, lo può vincere, ma i giocatori devono crederci, la società e l’allenatore ci credono. È finito il tempo delle chiacchiere, ora bisogna andare in campo e sputare sangue“.
Andrea Palagino














