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Gianmarco Pozzecco

Pozzecco: “Sassari mi ha rimesso in gioco”

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Il coach della Dinamo Sassari Gianmarco Pozzecco è intervenuto a Sky Sport 24: tanti i temi trattati nell’ora trascorsa insieme al suo ex compagno Matteo Soragna.

Sul periodo in quarantena commenta: “Sono fortunato che questo periodo nero sia capitato a 47 anni e non a 25, non sarei riuscito forse a stare in casa: mi tengo impegnato con tante cose e non mi annoia, ho mille cose da fare e sto iniziando a programmare la prossima annata della Dinamo Sassari”. 

Il coach commenta la sua esperienza di allenatore: “Nel mondo dello sport mi riconoscono come un esempio positivo, ma tutti si sono dimenticati di quanto fossi di difficile gestione da giocatore e di quanto abbia perso partite importanti. In questo momento siamo focalizzati al futuro, soprattutto nel mondo dello sport per vedere dove potremmo migliorare., ma io quotidianamente cerco di vivere al presente, coltivando un buon rapporto con i miei giocatori: se faccio una analisi di quello che sta facendo per migliorarmi ulteriormente, ma vivo la mia professione con grande gioia e focalizzandomi sul presente”.

Il Poz ha poi descritto le sue quattro squadre più importanti dal punto di vista cestistico: “Varese è dove ho regalato le emozioni più grandi e dove sono cresciuto,  mentre la Fortitudo è la squadra che ho estremamente voluto, ero il maraglio giusto per giocare là anche se poi non è andata esattamente come volevo. Capo d’Orlando è stato un posto meraviglioso che mi ha dato la possibilità di chiudere la mia carriera ricevendo gratificazione e affetto dove sono sceso in campo: infine Sassari è sostanzialmente il posto che ha dato la possibilità a un essere totalmente dimenticato e in pensione a tornare a rivivere determinate emozioni grazie alla pallacanestro. È come se mi avesse rimesso in gioco”. 

Sulla personalità: “Purtroppo e per fortuna giocatori con una personalità bizzarra come la mia in giro non ce ne sono, il mondo dello sport ormai non consente più di averne: giocatori con una personalità come la mia o come quella di Andrea Meneghin non ne vedo. In un contesto di gruppo avere un giocatore che emerge per personalità deve valere la candela; devono essere anche i compagni di squadra stessi che un giocatore abbia un trattamento leggermente diverso dagli altri. Per esempio tutti giustificavano il comportamento di Maradona al Napoli. Ibrahimovic è molto più vicino a me e a Soragna rispetto ad altri, un giocatore di personalità a volte è necessario; ero un po’scettico ma la sua personalità ha fatto la differenza nell’ultimo Milan. Un personaggio come lui può essere destabilizzante, ma nel momento in cui il gruppo lo accetta diventa un idillio”.

Impossibile poi non tornare all’esclusione eccellente degli Europei del 1999, vinti dall’Italia: “Finì bene per tutti quanti, tranne che per il sottoscritto. Ho fatto il tifo contro, sono sincero. Pensavo così in quel periodo, nel momento in cui sei messo da parte è difficile e complicato fare il tifo per quella che sentivi una tua spedizione. Io ero fatto così, Tanjevic aveva una sua idea per la Nazionale e venire come terzo non mi andava per come ho sempre vissuto da sempre lo sport. Nella mia carriera ho sempre voluto vivere le cose come protagonista. Detto questo stimo enormemente Bosha e Bonora che mi sostituì, da allenatore condivido quella sua scelta fatta con trasparenza e in maniera diretta”. 

Il Poz ha poi commentato le parole di stima di Daniele De Rossi: “Viviamo una cultura sportiva becera che ci fa concentrare solo sul risultato finale. Ci sono tanti aspetti che dovremo imparare a prendere in considerazione al pari del risultato finale. Abbiamo due sportivi in Italia che sono sempre stati rispettati come De Rossi e Totti che hanno sempre vestito la stessa maglia; due romantici che hanno fatto una scelta che ha fidelizzato un’intera tifoseria, non posso che avere un grandissimo rispetto per loro. Mi fanno piacere le parole di De Rossi, ma ancora di più la motivazione: gli piace il rapporto con i miei giocatori e questo è l’aspetto di cui vado fiero, sono felice che abbia percepito questo e mi sono contento possa condividere questa cosa con lui. Ho sempre voluto allenare in un modo in cui  mi sarei voluto allenarmi io stesso da giocatore.” 

Infine un commento sul basket post coronavirus: “Il livello cestistico si abbassa? Fa niente, tanto in Italia non siamo appassionati ma tifosi. Ero molto preoccupato per quello che sta accadendo, ma ora stiamo vivendo un po’ la luce, ero convinto in un miglioramento per tutti, ma così non sarà. Se la pallacanestro andrà in crisi di budget, ne faremo di necessità virtù: far giocare più italiani, fidelizzare la tifoseria ai giocatori, un po’ come De Rossi e Totti, ed è meglio avere poche stelle rispetto a 6 giocatori stranieri scarsi. Futuro in panchina a Trieste? Non mi passa per la testa perché non voglio tornare a vivere a Trieste con i miei, preferisco andare in giro a fare il mona (ride ndr)”.

 

 

 

 

 

 

 
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