Ai microfoni di Buongiorno 131 è intervenuto lo storico difensore e capitano del Cagliari Matteo Villa, per parlarci delle sue impressioni sull’inizio di stagione dei rossoblù di Fabio Pisacane e per condividere con noi importanti aneddoti del passato. Di seguito le sue dichiarazioni.
Sul cambiamento del calcio
“Il calcio è cambiato molto. Quando ho iniziato io a giocare, i più anziani che avevano appena smesso da poco parlavano sempre di questo. Può piacere un po’ di più o un po’ di meno, ma il calcio è anche questo e dobbiamo adeguarci. È diventato più fisico rispetto al calcio dei miei tempi perché anche se non eri al top fisicamente ma avevi grande tecnica, potevi giocare. Adesso solo la tecnica non è sufficiente per giocare ad alti livelli”.
Sull’avvio di stagione del Cagliari di Pisacane
“Mi aspettavo un inizio così performante? No, l’andamento della squadra è andato oltre le aspettative. Pisacane alla sua prima esperienza si è dimostrato essere molto bravo dopo le stagioni in Primavera, però quando ti confronti in un palcoscenico così importante, ci sono un po’ di dubbi e lui sta dimostrando di essere un ottimo allenatore. Io lavoro per l’Inter e spesso capita di parlare di allenatori e di lui si parla sempre molto bene sia a livello tecnico tattico che di gestione del gruppo. Ha tutti i requisiti per diventare un ottimo allentare”.
Su Sebastiano Esposito
“Sebastiano ha delle doti tecniche e fisiche incredibili e molto importanti. Ha già dimostrato di poter stare in Serie A e fare bene. Penso che Cagliari sia la piazza ideale per crescere e mostrare tutto il suo valore, ne sono convinto. Lo ha già fatto vedere e lo farà vedere anche in futuro”.
Sulla difesa rossoblù
“Luperto e Mina sono due ottimi difensori, lo hanno dimostrato lo scorso anno e anche quest’anno si stanno rivelando molto importanti. Oltre a loro poi, non dimentichiamo Caprile perché penso che in questo momento stia davvero facendo la differenza. Ci sono degli interessamenti da parte di club di prima fascia nei suoi confronti. Penso che tutto il pacchetto sia ben assimilato e compatto”.
Su Fabian O’Neill
È stato uno di quei giocatori davvero straordinari, uno dei più forti, insieme a Francescoli e Matteoli, con i quali io abbia mai giocato. Lui, oltre ad avere una tecnica incredibile, aveva una forza fisica allucinante e a Cagliari ha dimostrato tutto il suo potenziale. Alla Juventus aveva iniziato a dimostrarlo nei primi due mesi, poi dopo l’infortunio purtroppo è stato una parabola discendente nel calcio e nella vita e questo mi commuove. Era una ragazzo straordinario con un cuore grande che ha aiutato sempre tutti, forse nell’ultima parte della sua vita avrebbe meritato un aiuto maggiore da parte di qualcuno in più. Quanto successo è stato un grande dispiacere”.
Sulla difficoltà in costruzione del Cagliari e sulla possibile risoluzione
“Nell’ultimo periodo storico del calcio, negli ultimi 7-8 anni da quando c’è stato il ‘Guardiolismo’, si è iniziato a prediligere la costruzione dal basso, schema che ha dato grandi frutti. Quando giocavo io non c’era: veniva il centrocampista incontro e i difensori si limitavano a fare il passaggio più corto possibile. Per i difensori moderni oggi è più complicato anche perché le squadre avversarie vengono quasi sempre a prenderti uomo su uomo in avanti e per i difensori diventa difficile. Bisogna trovare il giusto compromesso tra costruzione dal basso e attacco diretto alla profondità. Fino a 3-4 anni fa, la costruzione dal basso era la panacea di tutti i mali nel senso che era perfetta, adesso il calcio sta mutando, si continua a costruire dal basso, ma senza farlo in maniera esasperata. Riguardo ai difensori del Cagliari e alla difficoltà in fase di costruzione non sono solo quelli rossoblù a riscontrare difficoltà. È un aspetto fortemente connesso alla contrapposizione delle altre squadre che sono sempre più organizzate e preparate a limitare questo metodo di gioco. Su dieci uscite, nove vengono bene e una viene male e quest’ultima spesso diventa eclatante perché magari da quell’occasione subisci gol. Però rimangono filosofie di gioco, e in quanto tali vanno portate avanti dagli allenatori che ci credono. Oggi ce ne sono ancora tanti, ma ai miei tempi era impensabile. Io personalmente ho fatto in tempo a giocare con il passaggio indietro al portiere. Era un calcio diverso: se al primo tempo eri avanti 1-0, nel secondo giocavi quasi sempre dietro con i tifosi che esultano per questo. Una cosa spettacolare”.
Sulla città di Cagliari
“Io sono venuto a Cagliari con grande entusiasmo, per me era il primo anno in Serie A poi dopo due mesi ero già innamorato della città. Dopo dieci anni, infatti, mi hanno dovuto cacciare perché altrimenti sarei rimasto per sempre. Oggi sto progettando di tornarci con mia moglie nel più breve tempo possibile perché è a questa città che sono legati i ricordi più belli della mia vita”.
La mia squadra oggi
“Dove arriverebbe il mio Cagliari oggi con il livello attuale della Serie A? Le squadre in cui ho giocato io erano costituiti da elementi straordinari, ma più in generale, la Serie A aveva giocatori incredibili, nel senso che io da difensore ogni domenica, sia che giocassi contro Udinese, Cremonese o Parma, sapevo di incontrare giocatori incredibili, soprattutto quelli offensivi. Ogni partita dovevi sperare andasse tutto bene. Oggi è un campionato ancora bello, ma in quegli anni la Serie A, per la caratura dei giocatori che aveva a disposizione, si può paragonare alla Premier League di oggi”.
Sulle recenti dichiarazioni del presidente dell’Inter Giuseppe Marotta in merito alla poca attrattività della Serie A per i grandi giocatori
“È la realtà dei fatti, nei prossimi anni non so cosa possa accadere, ma la differenza economica tra Premier e Serie A adesso è notevole. Questo comporta che i giocatori più importanti vadano in quei campionati. Le cose potranno cambiare solo impostando delle condizioni che permetteranno ai grandi campioni di venire a giocare nel nostro campionato. La Serie A rimane comunque un buon campionato, ma i grandissimi giocatori, oggi, preferiscono altre soluzioni”.
Sulla scelta di accettare le offerte dall’Arabia
“Tra i tanti giovani che accettano di andare a giocare in Arabia probabilmente dietro c’è l’incapacità di rifiutare grandi cifre. Io da giocatore, piuttosto che andare in Arabia, avrei accettato di rimanere in Italia anche guadagnando meno”.
Su Roberto Muzzi
“Io e lui eravamo inseparabili, abitavamo nello stesso palazzo e quando è arrivato. Roberto era diventato il mio migliore amico. Adesso lo sento un po’ meno ma sono contento che lui lavori nel Cagliari perché è una società che ha bisogno di gente che ama il Cagliari e per amarlo devi esserci passato. Se conosci l’ambiente, la società, la città e la Sardegna e hai provato certe emozioni, quando torni a lavorare per il Cagliari, non puoi che non fare il bene di questo club”.
Su Marco Pascolo
Quanta paura provavo con Pascolo alle spalle? La storia di Pascolo è strana. Lui era un portiere della nazionale svizzera e il primo anno che arrivò in ritiro tutta la squadra fu colpita dalla sua forza’. Dopo l’infortunio tornò il fratello (ride ndr) non era più lui e giocò qualcosa come 5-7 partite e poi rimase in panchina”.
La stagione della Coppa Uefa
“È stato il più bel campionato della mia carriera ma anche la mia più grande delusione. Obiettivamente arrivare in semifinale rimane un grande risultato. Ho provato delle emozioni allucinanti. Quando siamo andati a giocare a Malines in Belgio, con un freddo impressionante, ricordo i sardi a fine partita che vivevano a Malines che piangevano mentre ci dicevano che lì venivano trattati male ma che da domani sarebbe stato diverso. A Torino, allo stesso modo, sembrerà assurdo, ma c’erano più tifosi sardi che della Juventus. È stato meraviglioso. Purtroppo abbiamo pagato in quell’ultima partita con l’Inter dove abbiamo perso 3-0. Doveva andare così. Sarebbe stato l’anno giusto per vincerlo anche perché dopo l’Inter in finale avremmo incontrato il Casinò di Salisburgo. Saremmo entrati nella storia del Cagliari, della Sardegna, insieme al gruppo dello Scudetto. È una cosa che con gli ex di quella squadra discutiamo spesso con tanta gioia, ma con anche un pizzico di rammarico”.
Sulla stagione della retrocessione 1999-2000
“Quella della retrocessione è stata una annata in cui ero capitano da 2-3 anni e la cosa bella o brutta del capitano, è che quando vinci gioisci il doppio ma quando perdi soffri il triplo. Quella stagione è stata devastante perché già a gennaio, febbraio eravamo retrocessi ed è stata una retrocessione che mi ha lasciato strascichi anche nella stagione successiva, perché un conto è retrocedere come negli spareggi con il Piacenza, ma te la sei giocata fino alla fine: pensi va male una partita ci può stare, ma consapevole che comunque avrai la forza che ti permette di riprendere. Retrocedere in quel modo invece, è stato particolarmente pesante”.
Sulla retrocessione contro il Piacenza
“Contro il Piacenza eravamo i favoriti, non ho giocato quella partita a causa di un’espulsione ma è stata una partita strana. Il Piacenza meritò di vincere però è vero che forse noi l’abbiamo giocata troppe volte prima mentalmente. Pensavamo di vincere e invece così non è stato. Un po’ come successo nella semifinale contro l’Inter, eravamo reduci da quattro giorni di ritiro in centro a Milano in cui pensavamo solo alla partita e invece, alcune volte, liberare la testa è decisamente meglio. Contro l’Inter non avevano i favori del pronostico però in quella stagione loro erano una squadra che viaggiava nei bassifondi della classifica: era battibile, specie contro di noi che eravamo reduci dalla vittoria contro la Juve. Anche lì l’abbiamo giocata mentalmente troppe volte prima della partita purtroppo”.
Su Tabarez
“Tabarez è stato un precursore dei tempi, perché in un periodo in cui l’allenatore italiano aveva la settimana tipo con tutto impostato, Tabarez era uno che ogni settimana cambiava tipologia degli allenamenti. La preparazione fisica te la faceva fare con il pallone e con pochi lavori atletici. Dopo di lui, tanti tecnici hanno utilizzato queste tecniche. È una persona di intelligenza e umanità straordinaria e il mio dispiacere è stato quello di vederlo esonerato dopo poche giornate dal suo rientro. Se il presidente avesse avuto più pazienza secondo me ci saremmo tolti diverse soddisfazioni. La sua carriera lo ha dimostrato: in Sudamerica è diventato il più grande allenatore dell’Uruguay”.
Su Trapattoni
“Il problema con lui sono state le troppe aspettative. Era arrivato due anni dopo la Coppa Uefa, quindi con il suo arrivo tutti pensavano che il Cagliari tornasse in quella competizione ma l’anno della Coppa Uefa è stata una cosa unica, troppo difficile ripeterlo. Trapattoni andò via quando in classifica eravamo messi discretamente bene. Ricordo anche io i pullman con la sua faccia e con le scritte ‘Si torna in Coppa Uefa’. Anche lui è stato straordinario e mi dispiace che il suo unico esonero sia stato a Cagliari. Una persona che ha dato così tanto al calcio avrebbe meritato qualcosa di più da parte del Cagliari.”
Il valore delle squadre in cui ha giocato
“Il Cagliari dove ho giocato io sono state tutte squadre importanti con giocatori eccezionali che tanti club di Serie A avrebbero voluto. Non è un caso che ogni anno ci siano state diverse cessioni importanti alla Fiorentina, all’Udinese, all’Inter o alla Roma”.
Su Bruno Giorgi e Mazzone
“Parliamo di livelli di allenatori, indipendentemente dall’aspetto tecnico tattico, dal livello umano indescrivibile. Con chiunque si parli, Bruno Giorgi verrà descritto come una straordinaria. Mazzone? Aveva altre caratteristiche però riusciva a tirarti fuori quel qualcosa in più che poi dopo mettevi nella domenica”.
Sulla stagione 2000-2001
“Non so cosa sia successo, forse c’è stata troppa fretta di cambiare perché Bellotto andò via quando eravamo quinti in classifica a un punto dalla quarta. Io onestamente avrei preferito continuare ancora un po’ con lui. Io sono stato sempre un po’ dalla parte dell’allenatore persino con il presidente che spesso chiedeva il mio parere. Avevo un rapporto talmente bello con gli allenatori, che anche se le cose non andavano bene per me sarebbe stato comunque giusto continuare o mandare via il mister solo nel caso in cui la squadra non avesse più fiducia nel tecnico. In altri casi se la squadra è totalmente dalla parte del mister ci penserei due volte. Se io fossi un presidente prima di cambiare mi accerterei se la squadra lo segue o meno”.
Compagni di reparto preferiti in carriera?
“I giocatori che considero quasi miei fratelli sono Gianfranco Matteoli e Gianluca Festa con Vittorio Pusceddu che guarda caso sono tre sardi. Sono gli unici che sento con frequenza ancora oggi e sono i giocatori che ricordo con maggiore affetto, ci vado molto d’accordo sono i miei tre migliori amici e ci vediamo sempre appena possiamo”.
L’episodio nell’hotel di Bucarest
“Giorgi ci portò a Bucarest nella prima partita di Coppa Uefa quando era appena caduto Ceausescu e c’era un albergo bellissimo, ma il mister non volle andare perché secondo lui c’erano distrazioni particolari e allora preferì un altro albergo, una vecchia residenza di Ceausescu chiuso da anni, davvero improponibile. Eravamo in camera con Pusceddu e alle undici di sera ho un po’ di mal di testa e volevo andare nella camera di Domenico Duri per farmi dare qualcosa per il mal di testa, ma quando ho aperto la porta della mia stanza ho trovato un pastore tedesco posizionato ai piedi della porta che mi abbaiava. Decisi di tornare dentro, chiusi la porta e mi misi a letto. Sempre in quell’albergo ricordo un altro aneddoto: le lenzuola non erano pulitissime purtroppo e ricordo che con Pusceddu dormimmo con la tuta del Cagliari, il cappello e i guanti pur di non toccare quelle lenzuola”.
La Redazione














