In occasione della conferenza di presentazione di Emerson e Arboleda il presidente Marino ha avuto modo di affrontare vari temi caldi, partendo dall’Olbia che sta nascendo.
“Siamo al 5 settembre, la preparazione finisce in concomitanza con l’inizio del campionato. È un cantiere che ha iniziato a lavorare ma è ancora lontano dal completamento. Lavoriamo su tanti fronti all’unisono, io, il direttore Tatti, il mister, la dirigenza. Ci sono giocatori che entreranno e altri che inevitabilmente usciranno per rispettare il progetto tecnico tattico di cui abbiamo parlato da subito”. Obiettivi societari? “Potremmo parlarne solo a mercato chiuso, in quel momento lo faremo apertamente”. Rumor Ragatzu? “Non abbiamo nessuna trattativa in corso, tuttavia ne abbiamo tante avviate sia in entrata che in uscita. Cercheremo di raggiungere tutti gli obiettivi che ci siamo posti”.
Il calcio ai tempi del Covid. L’Olbia ha affrontato i playout contro la Giana in piena emergenza. Ora si prospetta un inizio di stagione con le stesse limitazioni.
“Le incognite maggiori sono quelle dal punto di vista sanitario, al momento non sappiamo se cambierà il protocollo che per tutte le squadre ha dei costi importanti da sostenere. Poi c’è il nodo riapertura stadi. Non sappiamo ancora nulla e questo aspetto ci tiene in ansia perché ripartire senza spettatori ci mette tristezza.
Ci sono tante contraddizioni in merito, ci sono ambiti in cui il rischio contagio è più elevato e vengono concessi. Allo stadio si possono stabilire regole chiare, siamo attrezzati per tutto. Noi siamo pronti ma è una situazione da sbloccare dal punto di vista burocratico”.
Indubbiamente la crisi sanitaria ha avuto delle ripercussioni non solo dal lato pubblico allo stadio, ma anche sul versante sponsor. “È stata una stagione molto particolare e quella che abbiamo alle porte lo sarà altrettanto, ci saranno meno ricavi. In questa direzione è andata la decisione approvata dal Consiglio Direttivo di limitare le rose a 22 atleti, in modo tale da contingentare i costi dei club”. Non sono mancate proteste, lamentele e minacce di scioperi da parte dei rappresentanti di categoria. Ma il presidente conferma che la scelta è stata meno drastica di quanto prospettato dal direttivo. “Sentir parlare di proteste è qualcosa di poco adatto al momento che stiamo vivendo”, conclude Marino.
Roberta Marongiu