Rolando Maran ha parlato a margine del consueto workshop annuale al Forte Village del Cagliari Calcio.
L’allenatore trentino è intervenuto così sul dibattito giochismo o risultatismo: “Una squadra deve avere il suo Dna. Giulini è uno dei pochi presidenti davvero competenti di calcio, con cui si può parlare anche di aspetti tecnici. La squadra che deve rappresentare questo popolo deve avere coraggio, lotta, concretezza e solidità: stiamo cercando di costruire questo. Penso che non si debba far poesia nel calcio: bisogna costruire qualcosa di solido. La gente deve venire allo stadio e divertirsi, ma il Cagliari non è la Juventus. Può affrontare le partite con determinati criteri, ma sapendo di essere il Cagliari. È imprescindibile migliorarsi, meglio aver finito così per poter fare meglio (ride, ndr)”.
Intervistato da Giorgio Porrà di Sky Sport a proposito di Gigi Riva aggiunge: “Non posso avvicinarmi a quello che significa, mi imbarazza anche solo essere accostato a lui. Trovare delle similitudini è impossibile, se non per il fatto di essere entrambi ‘contintentali’. Mi piace vivere la città ed essere considerato uno di loro, un cittadino: ci sto provando, intessendo rapporti e relazioni con chi vive e lavora qui”.
Sulla leadership in panchina: “Lasciamo stare le filosofie, posso descrivere solo come sono io. Ogni persona deve essere sé stessa, azione e reazione hanno tempi diversi. Se ho la fortuna di allenare in Serie A a Cagliari è perché ho sempre cercato di essere me stesso nel modo di essere leader. Ma è solo il mio modo di essere, per non sbagliare devo essere così. È una cosa che mi sono imposto da sempre, se non avessi fatto così non avrei avuto longevità. Cerco di gestire la mia autorità con intelligenza, quando non basta il ragionamento bisogna arrivarci con altri modi. Trovare un ambiente che fa trasparire l’appartenenza, come abbiamo trovato qui, è fondamentale: il Cagliari è un patrimonio della gente, bisogna essere bravi solo a trasmettere questo messaggio, come fa il presidente”.
Su Barella: “Nicolò è un talento straordinario, come tutti gli altri ragazzi ha bisogno di qualche consiglio: vive per il calcio, ha una grande fame di conoscere e sapere. All’allenatore spetta il compito di dare dritte per far crescere, ma nel suo caso il merito è solo suo. È migliorato tantissimo nel modo di stare in campo, perché il resto delle qualità sono le sue. Ha un’innata capacità di capire le situazioni in anticipo, va solo istruito sulle variabili di campo. Poi aver a che fare con un campione è davvero piacevole”.
Su Pavoletti: “È il migliore in Italia nel colpo di testa, unisce determinazione e voglia di fare: è un attaccante generoso, per me è il miglior centravanti in Italia. Cita Hemingway nelle interviste? Qualcuno dovrebbe imparare da lui, meno social e più libri. Ma non sono tutti così, abbiamo anche le mosche bianche: Padoin e Faragò leggono tanto, per esempio”.
Su Cragno: “Quando sono arrivato a Cagliari non pensavo fosse così forte, ma mi sono dovuto ricredere. Sarà ai massimi livelli nei prossimi anni”.
Francesco Aresu