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Il paradosso Cagliari tra numeri e realtà, ma il percorso di Nicola va difeso

I rossoblù festeggiano dopo il fischio di Cagliari-Hellas Verona | Foto Luigi Canu
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Esiste in filosofia, in matematica, in fisica, in biologia, in medicina, in economia e, dopo il sedicesimo turno di Serie A, è arrivato anche nel calcio. Nell’enciclopedia Treccani è definito come “affermazione, proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile”. È il paradosso, diventato sinonimo del Cagliari di Davide Nicola dopo la sconfitta contro l’Atalanta e i risultati delle concorrenti che hanno portato i rossoblù al terzultimo posto in campionato.

Numeri e realtà
Il Venezia con 7,28 punti in meno rispetto a quelli attesi, il Como con 6,11 e, al terzo posto, il Cagliari con 5,45. Sono queste tre le squadre che comandano la Serie A alla voce xPTS negativi, ossia lo scarto tra punti che avrebbero dovuto raccogliere secondo l’algoritmo degli xG (Expected Goals) e quelli effettivamente messi in cascina. Un dato che di per sé può essere indicativo, pur se non necessariamente reale. I rossoblù di Nicola sono per distacco in prima posizione per differenza negativa tra gol attesi e gol messi a segno nei fatti, ben 9,51 quelli che mancano all’appello, con la seconda in graduatoria per scarto maggiore (il Lecce) ferma a un -7,06. Se questa statistica può essere una semplice indicazione di massima per sua stessa natura – gli xG considerano solo le conclusioni effettuate – se si guarda anche a quella delle azioni pericolose attese (xT, Expected Threat) il Cagliari resta comunque in alto: quarto posto in tutta la Serie A con una media a partita di 1,47 e con davanti soltanto Atalanta (1,76), Inter (1,74) e Roma (1,52). Come se non bastasse anche il parametro chiamato IPO (Indice di Pericolosità Offensiva) poneva i rossoblù al nono posto in Serie A prima della sfida contro i nerazzurri di Gasperini e, c’è da aspettarselo, dovrebbero aver scalato la speciale classifica nonostante l’ultima sconfitta in campionato. Un paradosso, insomma, una situazione che appare sorprendente e incredibile, ma che come accade appunto con i paradossi scientifici risulta reale. Perché il Cagliari, nonostante i dati dicano il contrario, è al terzultimo posto in campionato, in piena zona rossa e a oggi sarebbe retrocesso in Serie B. Con davanti a sé le trasferte di Venezia e Monza – uniche due squadre rimaste alle spalle di Pavoletti e compagni – e in mezzo la gara casalinga contro l’Inter. Un trittico che dirà tanto sul futuro del Cagliari, un trittico che improvvisamente e contro ogni logica rappresenta un crocevia fondamentale per le speranze salvezza. Non tanto per la classifica con ancora più di metà stagione da giocare, quanto per le scorie che eventuali difficoltà nei risultati potrebbero lasciare. Intaccando la positività data da gioco e prestazioni, lasciando il passo a una mera analisi nuda e cruda dei numeri. Quelli dei punti, ché d’altronde con xG, xT e IPO non si resta in Serie A, come insegna il passato più o meno recente: dalla squadra allenata da Zdenek Zeman nel 2014-15 che retrocesse nonostante statistiche positive a quella di Claudio Ranieri dell’anno scorso che, al contrario, si è salvata con un vero e proprio colpo di spugna agli algoritmi.

Altalena
Gli umori cambiano come cambia il vento, i giudizi come cambiano i risultati. Surrealmente non solo i propri, anzi. Impossibile per chi è dotato di onestà intellettuale andare contro il Cagliari e il suo condottiero Nicola dopo quanto visto nella sconfitta contro l’Atalanta. Impossibile negare la verità delle parole dell’allenatore piemontese: “Prestazione poco migliorabile, ma serve più cinismo”. Poi, però, il risultatismo tipico del calcio può far storcere il naso. Tutto molto bello, parafrasando Bruno Pizzul, ma oltre i complimenti servono anche i punti. Che possono arrivare in più modi, ma difficilmente nel lungo termine arriverebbero senza abnegazione, sacrificio e, perché no, un’idea di gioco che sia coerente e funzionale ai giocatori a disposizione. Aspetti difficilmente non riscontrabili nel Cagliari di questa stagione. Se poi il risultatismo fa cambiare idea sul tutto anche quando i risultati sono quelli degli altri – Como, Lecce e Verona che vincono contro Roma, Monza e Parma – allora la sfida dell’analisi attraverso le prestazioni (e non attraverso gli 1X2 dopo il fischio finale) diventa pratica impossibile. Senza voler trovare alibi nel silenzio del VAR contro l’Atalanta o nella sfortuna o ancora in portieri che si esaltano, cercare colpe in una squadra che mette alle corde la prima in classifica, che subisce poco o nulla contro chi di norma attacca senza soluzione di continuità perfino il Real Madrid, che non solo gioca, ma lo fa anche con compattezza ed equilibrio senza perdere in proposività, è una pratica che non può che alimentare il paradosso. Quello di un risultatismo che va oltre il proprio terreno, facendo sì che chi ieri sorrideva nonostante la sconfitta oggi butta bambino e acqua pulita, non sporca. E serve a poco guardare anche agli errori dei singoli, che sia di una difesa praticamente perfetta o di un Piccoli che non riesce a trasformare in gol l’enorme quantità di occasioni capitate sui suoi piedi in queste sedici giornate. Così come servono a poco se non a nulla i confronti con il passato chiamato Ranieri, talmente diverso nella sostanza che guardare all’unico punto in più in classifica un anno dopo è, di nuovo, pratica che lascia il tempo che trova. Non ci si può, infatti, dimenticare il come: sarà il tempo, come sempre galantuomo, a tracciare la strada. Come fatto con Sir Claudio, che tra libecciate ed elettroshock ha avuto, anche lui, il suo bel da fare. L’importante è che il vento non soffi davanti a Nicola provando a fermare il percorso finora positivo nei fatti pur se non nei numeri, ma piuttosto alle spalle come avvenuto in passato e anche dopo la sconfitta contro l’Atalanta.

Matteo Zizola 

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