Lunga intervista rilasciata dal presidente del Cagliari alla testata francese So Foot su Nicolò Barella, gioiello prodotto dal settore giovanile rossoblù che ora si prepara a essere uno dei leader della Nazionale italiana di Roberto Mancini.
“Nicolò è una persona molto diretta. Non ha secondi fini, cosa abbastanza rara nel mondo del calcio, visto che spesso i giocatori o gli allenatori sono un po’ paranoici. È una persona molto semplice, con grande fiducia in se stesso ed è facile parlare con lui. Uno dei rari momenti in cui abbiamo avuto qualche difficoltà con lui è stato nel 2015-16, quando ha iniziato la stagione con noi in Serie B: non si è presentato al meglio all’inizio della stagione, ma non è stato un grosso problema perché è un ragazzo che capisce velocemente. Vorrei che tutti i calciatori fossero come lui. Il suo modo di essere così diretto credo rappresenti bene anche la modernità. Direi un sardo moderno. Penso che sia una persona molto moderna, ma con valori reali”.
Il carattere
“Una parte del suo carattere è prettamente sarda e mi aveva sorpreso molto, vista la giovane età, era il senso di protezione della sua famiglia. Ha valori familiari molto forti tipici del sud Italia, Sicilia e Sardegna. È molto maturo. Questi valori sono il rispetto, la voglia di creare un nucleo familiare importante, avere intorno a sé una famiglia numerosa con figli. C’è anche l’importanza dei nonni, il rispetto per gli anziani. E poi, come tanti sardi, è molto testardo, ma questo alimenta anche la sua ambizione. È uno che vuole sempre vincere, la sua ambizione deriva dal non saper perdere. Ovviamente con la maglia del Cagliari era più nervoso di oggi con quella dell’Inter, con cui sembra più tranquillo con gli arbitri perché perde meno e vince l’80 per cento delle partite. Ma penso anche che sia cresciuto parallelamente, mettendo un po’ più di cervello nel suo modo di giocare. Penso che diventerà molto importante per il suo attuale club. Nicolò è uno che dà tutto per il club per cui gioca, conosce il valore della riconoscenza e del denaro, quindi credo che se l’Inter riuscirà a trattenerlo diventerà capitano nei prossimi anni. Conoscendolo, è uno che non farà più di tre squadre in carriera: il Cagliari ovviamente, con un ritorno, l’Inter e potrebbe essercene un terzo, se l’Inter non riuscisse a trattenerlo”.
La calda estate del 2019 (e la chiamata del Cholo Simeone)
“Cederlo non è stato facile, perché già l’anno prima della sua partenza avevamo ricevuto un’offerta importante dall’Atlético Madrid e addirittura lo stesso Diego Simeone aveva chiamato Nicolò. Quindi, avendolo trattenuto una stagione in più con noi, sapevo che sarebbe stato difficile fare lo stesso l’anno seguente. Quando un giocatore del Cagliari riceve una grossa offerta da un club come l’Atlético Madrid non è facile restare, ma è ancora più difficile rimanere calmi e concentrati sull’obiettivo del proprio club durante tutto l’anno. Invece Nicolò è rimasto e probabilmente ha disputato la sua migliore stagione: è stato naturale lasciarlo andare all’Inter al termine di quell’annata, tanto più che Antonio Conte lo voleva assolutamente e l’Inter aveva ambizioni diverse dalle nostre. Roma, Inter e Atlético sono stati gli unici tre club che hanno negoziato seriamente con noi. Fino all’ultimo la Roma ha voluto offrire più dell’Inter perché credo sapessero che il giocatore preferiva l’Inter. Ma la sua volontà di andare all’Inter ha pesato”.
Sliding doors: l’esperienza a Como
“Barella è stato lanciato da Gianfranco Zola, il più grande giocatore che abbiamo avuto in Sardegna (e spero che Nicolò arrivi a quel livello), a Parma in Coppa Italia. Quell’anno siamo retrocessi in Serie B e ci aspettavamo che tornasse pronto ad agosto per aiutarci a tornare in Serie A. Non siamo stati contenti del suo inizio di stagione, né noi né l’allenatore, tanto che all’andata ha giocato forse 2 o 3 partite nel girone di andata. Volevo che riacquistasse lo status di titolare giocando una serie di partite, perché pensavo stesse sprecando mesi preziosi. Fu facile convincerlo ad andare a Como, perché c’erano Festa e Matteoli. In più il suo agente, con cui abbiamo buoni rapporti, vive vicino a Como, quindi per lui era stato tutto abbastanza semplice. Era la sua prima esperienza fuori dall’Isola, ed è stata molto importante per lui perché ha preso la patente, ha iniziato a essere indipendente. Sono stati sette mesi molto importanti per la sua formazione, ma ricordo ancora come i tifosi erano arrabbiati con me (ride, ndr). Quei sei mesi gli hanno permesso di crescere, di vedere qualcos’altro, perché in quel momento era il grande talento del nostro settore giovanile ed era in un mondo chiuso dove tutti lo consideravano tale. Andare in un club fuori dalla Sardegna che giocava per non retrocedere penso lo abbia fatto crescere in molti modi. Quando è tornato da noi dopo quell’esperienza, era diventato un professionista. Prima, penso che fosse più un giovane che giocava con gli adulti e si è visto subito dalle prime sessioni di allenamento”.
Il sogno: Barella di nuovo in rossoblù
“Rivedrò Barella a Cagliari o un nuovo Barella durante la mia presidenza? Dipende dalla durata del mio mandato (ride, ndr). La nostra idea è di costruire un nuovo stadio in tre anni e non credo che lo vedremo di nuovo qui entro quattro anni. Detto questo, ho anche un figlio che ama molto il Cagliari, che è nato qui e che è il primo tifoso della squadra, quindi forse se non sarò io sarà lui (a vederlo tornare). Il trasferimento di Barella è stato il più importante nella storia del club, ma anche tra due club italiani negli ultimi anni: abbiamo appena ricevuto gli ultimi bonus grazie allo scudetto vinto dall’Inter, che porta la cifra complessiva a 49 milioni di euro. Non credo che troveremo altri giovani di quel livello, ma vogliamo trovare altri buoni giocatori sardi che rimarranno con noi il più a lungo possibile. Perché pensiamo che la nostra squadra debba avere quanti più giocatori della nostra Isola. Il desiderio è assolutamente quello di trovare un nuovo Barella”.
La Redazione (traduzione di Francesco Aresu)