Così il patron rossoblù a margine del consueto workshop annuale al Forte Village, intervistato dal collega di Sky Sport Giorgio Porrà.
Le parole di Tommaso Giulini: “È sempre più complicato mantenere la categoria, me ne rendo conto ogni anno di più. Noi abbiamo fatto quattro anni in A, più uno in B; anche il mio predecessore (Cellino, ndr) ha fatto molto bene, in 22 anni per 17 volte è rimasto in Serie A. Lottare per rimanere in questa categoria deve essere sempre il primo obiettivo. C’è delusione per il finale, perché un punto in cinque partite non è quello che volevamo. Per un punto non siamo dodicesimi e non quindicesimi, c’è grandissima amarezza per quello. Ma dobbiamo avere l’ambizione di ripartire al meglio”.
Giulini su Maran: “Dopo averlo visto lavorare, abbiamo deciso di costruire qualcosa insieme nell’anno del nostro compleanno e anche per il successivo. Questo vale anche per la nostra rosa, quando eravamo al completo abbiamo offerto un grande calcio. Dobbiamo aumentare la personalità fuori casa, ma aggiungeremo giocatori per fare una gran bella stagione e divertirci”.
“Il rapporto con i media? L’ultimo con cui ho cenato è Lele Adani, e non è finita molto bene…Seriamente, lottiamo con i vari media nazionali per cercare di uscire un po’ di più: è evidente come non siamo coperti come meriteremmo, ossia la ottava squadra più tifata d’Italia. A livello locale si vive di amore e odio, ma certi titoli che abbiamo visto non credo abbiano fatto troppo piacere alla squadra. Penso che lo slogan ‘Tutti insieme, uniti si vince’ sia valido anche in questo senso”.
Giulini sul bel calcio e il rapporto con il pallone italico: “Il grande assillo di chi ogni anno deve guadagnarsi la pagnotta per la salvezza, è l’essere pragmatici. Noi quest’anno abbiamo visto anche momenti di bel gioco ed è quello che vogliamo. Ma firmerei per arrivare ogni anno quindicesimo, giocando un bel calcio, ma con la sicurezza di essere salvi. Maran a Chievo ha fatto qualcosa di pazzesco, ma gli anni di Catania con Bergessio, Barrientos, Papu Gomez e Lodi era una bellezza, che faceva un calcio meraviglioso e che arrivò all’ottavo posto. Noi dobbiamo essere bravi a fornire al mister i pochi elementi che mancano per arrivare a quei livelli”.
Ancora Giulini: “Ho giocato da portiere per una decina d’anni, ho conosciuto Canzi quando giocavo a San Donato, è stato il mio allenatore. La leggenda narra che sia Beretta ad averlo portato a Cagliari, ma è avvenuto il contrario. È stata una stagione positiva per tutto il settore giovanile, che è il nostro futuro. La formazione da portiere è servita nella vita imprenditoriale? Credo di sì, sono sempre stato ribelle ed è lì che sono diventato leader. Da dietro si gestisce e si guida la squadra, si ha la responsabilità del gruppo, un po’ come per il Cagliari”.
Sul rapoorto con Moratti e sull’essere presidente: “Ripeteva sempre che la squadra è dei tifosi. Diversi proprietari ritengono la squadra una cosa loro, ma sono d’accordo con Massimo. È stato il suo principale insegnamento. Poi ho imparato a distaccarmi un po’ di più, specie dopo i primi due anni con la retrocessione e immediata promozione. Ma il presidente deve avere il giusto distacco, sennò rischia di fare danni. Credo che uno dei miei meriti sia quello di aver tolto il coperchio da tanti talenti che già c’erano: abbiamo trovato tanti giovani validi che ora sono supervisionati da Mario (Passetti, ndr)”.
Su Barella: “Il primo allenamento della Primavera che vidi, ero insieme a Signorelli che mi disse: ‘Ma questo ragazzo ha un contratto?’. Matteoli mi rispose di no, così che gli facemmo subito il minimo federale per evitare che arrivasse qualche club dall’estero. La sua crescita e quella di Cragno sono due delle cose che maggiormente mi danno più orgoglio, così come il rendimento di Pavoletti. Mercato di Barella? Oggi quel contratto che feci 5 anni fa ha il suo bel valore: le cifre molto alte sono sparate dai media. Lui non è sul mercato, ma quest’estate ci dovremo pensare. Questa potrebbe essere l’estate in cui Nicolò può fare il grande salto, d’altronde è il titolare della Nazionale, anche se ha ancora margini di crescita. 70 milioni è una cifra da capogiro, ma ci penserà Carli…(ride, ndr)”.
Sul modello Atalanta: “È giusto vedere chi sta facendo bene, chi ci deve ispirare sono Atalanta, Torino e Sampdoria. Dobbiamo guardare a chi, con le nostre potenzialità, sta facendo meglio di noi. Non so se si può arrivare al livello della famiglia Percassi, ma alla Sampdoria sicuramente sì: siamo una società solida, si festeggia il centenario e cerchiamo sempre di migliorarci”.
In conclusione, la visione per la prossima stagione: “Dovendo fare una squadra forte, dovremo tenere i più forti. È chiaro che non dovremo smembrare quest’organico: Barella potrebbe andar via, ma tutti gli altri vogliamo blindarli. Viviamo di presente e futuro”.
Sul futuro di Cragno: “Bisogna dare i meriti anche a chi ha portato qui Alessio, ovvero Francesco Marroccu: è stato bravissimo a portarlo in cinque giorni a Cagliari. Sarebbe importante blindare la porta”.
Francesco Aresu