Guardare la festa degli altri. Sognare delle notti diverse, da protagonisti non solo sul palco delle comparse ma anche su quello degli attori principali. Nelle parole e negli occhi dei suoi protagonisti il Cagliari che lascia prima di tutti, a tempo di record, lo stadio Diego Armando Maradona di Napoli, molto prima che la squadra di Antonio Conte inizi le celebrazioni per lo scudetto in campo, porta con sé la voglia e la fame di alzare l’asticella per il futuro.
Prendere coscienza
Fare uno step di crescita. Una frase che si dice, che si è detta tante volte e che a Cagliari è quasi diventata vuota per le difficoltà di andare oltre un concetto che è diventato nel tempo terra emersa annunciata da chi sta sull’albero maestro ma ancora mai raggiunta nonostante tantissimi tentativi, e tantissimi errori di manovra. Il succo delle parole di Davide Nicola a Fuorigrotta, pungolato sulle aspettative, sul futuro e sulle basi che chiederà alla società in vista di un’eventuale programma per il 2025-26 è abbastanza chiaro: “Per ambire a qualcosa di diverso bisogna fare degli investimenti importanti”. E stringendo il cerchio senza usare giri di parole viene difficile dargli torto. Tutte le squadre che negli ultimi anni hanno in qualche modo conteso alle solite big italiane qualcosa, dalla Fiorentina al Bologna passando per l’Atalanta, diventata una grande a tutti gli effetti nelle ultime stagioni, lo hanno fatto con idee chiare e con ragionamenti lungimiranti, ma alle belle pensate e alle parole giuste hanno unito i contanti. Discorso terra-terra dal quale non si scappa. Il Cagliari ha avuto l’occasione per fare quel salto, ha fatto investimenti di spessore anni fa, dopo la cessione di Nicolò Barella e in vista delle celebrazioni per centenario e cinquantesimo anniversario dello scudetto, ma al mercato non hanno coinciso scelte extra campo, di gestione della rosa e di programmazione, oltre a quel pizzico di sfortuna (infortuni importanti a giocatori importanti e il Covid), con la buona stella che in un modo o nell’altro non è fondamentale ma aiuta. E non poco.
Visione
Difficile la politica futura del Cagliari, salvo cambiamenti importanti, di investitori e simili, possa cambiare rispetto al passetto dopo passetto provato a fare negli ultimi anni. Con una scelta evidente di investimento ridotta in sede di mercato e una serie di tagli progressivi al monte ingaggi. E sia chiaro, può apparire poco ambiziosa ma questa strategia, unita al lavoro di Claudio Ranieri, ha permesso al Cagliari di non andare alla deriva, come hanno fatto tanti altri club, dopo la retrocessione in B di tre stagioni fa. Il problema del fare il passo per volta, provando a giocare sulle plusvalenze in campo, per fare crescere un intero movimento è che devi essere bravo a non contraddirti quando il mare va in tempesta. Almeno fino a quando il Cagliari non avrà anche il nuovo stadio avviato, che unito ai lavori lungimiranti fatti al centro sportivo e con il settore giovanile dalla gestione Tommaso Giulini (difficile non riconoscere questo anche per i detrattori più accaniti del presidente rossoblù), potrà attirare più sponsor, magari nuovi soci e dare un appeal diverso sul territorio nazionale e internazionale al club. Da capire però se e come arriverà il Cagliari a quel passaggio. Ci sono squadre che hanno rifatto lo stadio da poco e poi comunque non hanno centrato gli obiettivi. A conferma che quello che dice Nicola – quando parla di investimenti importanti – è sì fondamentale ma non è il solo aspetto sotto il quale mettere il focus sul prossimo tavolo del futuro a tinte rossoblù.
Saper restare nella strada tracciata
A Cagliari è fondamentale che la visione per il futuro sia unica. Per crescere serve un’identità non solo raccontata come squadra che rappresenta un popolo, ma un’unione di intenti e di pensieri che sia costante e forte. Come in questa stagione non è stato. Il club, per dire ha parlato tutto l’anno di passo in avanti con un consolidamento della categoria, mentre l’allenatore ha chiuso la stagione ripetendo in più occasioni che se ci si aspettava qualcosa di diverso da una salvezza all’ultimo istante si era persa la misura delle ambizioni e dei valori. Lo stesso tecnico ha impostato il discorso del Maradona sugli investimenti e su un lavoro fatto sul campo. E ha parlato del puntare su giovani che possono diventare un tesoretto e una bene per il club. E qui però allora viene difficile capire la gestione dei vari Obert, Prati o Kingstone (per citarne alcuni) durante tutto il campionato. Calciatori sulla carta centrali e poi schierati pochissimo durante l’anno, specie nei momenti cruciali. Come si può fare crescere un giocatore se non gli si dà fiducia? È la politica dell’io che prevale sul noi. Un po’ troppo abitudine negli ultimi anni ad Asseminello dove si parte con una bella idea condivisa e poi al primo schiaffo ognuno torna all’esercizio di stile sottile di portare acqua al suo mulino. Perché Nicola ha le sue colpe e responsabilità per una stagione che poteva vedere il Cagliari salvarsi anche prima e con meno punti gettati letteralmente al vento, ma anche una società che parla di consolidamento fa strano poi lasci un allenatore a giocare per tutta una stagione senza un ricambio sulla destra per due ruoli (Zappa, Zortea), senza un ricambio per Piccoli, con a gennaio l’arrivo particolare di Coman accolto da Nicola con un “non lo conoscevo”, e con un portiere come Caprile chiesto dal tecnico piemontese dal ritiro estivo e arrivato solo a gennaio. Capire che per fare uno step di crescita reale e che non resti l’ennesimo proclama estivo sia fondamentale per una volta condividere una visione d’insieme e non un insieme di idee di singoli sarà fondamentale per questo Cagliari, che resta in un limbo dove ci si può accontentare della salvezza, mai scontata e da difendere con le unghie e con i denti per il valore che ha, e il fastidio nell’assistere troppo spesso da spettatori alle serate di gala degli altri. Interessante che questo concetto lo abbia espresso meglio di tutti un giocatore che indossa la 10 e che ha fatto una stagione di sacrificio quasi da mediano, andando a giocare da trequartista di pressing, come Nicolas Viola: “Ora dobbiamo tenerci dentro questa insoddisfazione, sederci tutti a un tavolo, parlare e trovare una quadra per andare insieme con un unico obiettivo in testa: migliorarci e fare il bene del Cagliari“. Facile a dirsi. La speranza di un finale di stagione con la nave in porto e che sia sempre questa che viene l’estate giusta.
Roberto Pinna














