Paolo Citrini, allenatore della Dinamo Sassari Women, è intervenuto in diretta ai nostri microfoni durante la rubrica Buongiorno 131. Ecco le sue dichiarazioni.
Ritorno
“Ho avuto la fortuna di conoscere in questi anni grandi allenatori come Piero Bucchi, Gianmarco Pozzecco – ct della nazionale – e Markovic, e di lavorare con Meo Sacchetti, Pasquini e molti altri, dai quali ho potuto apprendere un enorme bagaglio tecnico. Non posso non menzionare Antonello Restivo, che ha fatto un lavoro straordinario con le ragazze negli ultimi cinque anni: tutto quello che ho imparato da loro cerco di metterlo insieme per affrontare una nuova sfida. Le chiamo nuove sfide , ho vissuto quella da vice allenatore per otto anni consecutivi con la squadra maschile e la sfida di DinamoTV, occupandomi di comunicazione e innovazione sui social. Ora ci prepariamo ad affrontarne un’altra, con entusiasmo, cercando di far divertire il pubblico e trasmettere orgoglio, così da far seguire le ragazze con passione”.
Raccogliere l’eredità di coach Restivo: che estate è stata?
“Antonello è stata la prima persona che ho chiamato quando Federico (Pasquini ndr) e Jack Devecchi mi hanno proposto questo ruolo. Lui è una persona a cui voglio davvero bene, quasi come un fratello: abbiamo condiviso tanti anni insieme, e fa parte di questa mia scelta. Lo stimo tantissimo e ho sempre avuto un rapporto bellissimo con lui. Ha fatto un lavoro straordinario con le ragazze, e anche se l’ultimo anno è stato segnato da alcune difficoltà, non sempre legate alla sua volontà, il percorso a Sassari resta fondamentale. Arrivo qui con grande responsabilità, perché non succede di prendere il posto di un allenatore qualsiasi, ma di uno che ha lasciato un segno importante insieme al suo staff. Detto questo, abbiamo cercato di costruire una squadra giovane, con animo e voglia di combattere. A me piace la difesa, il contropiede, i rimbalzi. Credo che l’allenatore debba essere bravo a mettere le giocatrici nelle migliori condizioni per esprimersi, adattandosi alle loro caratteristiche. A volte puoi scegliere le giocatrici che ti piacciono, altre volte devi fare compromessi in base al materiale umano che hai a disposizione. Abbiamo costruito una squadra con fisicità e un filo di rotazioni, pensando sia al cammino in Coppa sia alla crescita di giovani che possono diventare l’ossatura futura della Dinamo. Penso alle ragazze che arrivano dall’A2, come Trozzola e Sammartino, e a chi ha già giocato in A1 e vuole riscattarsi, come Spinelli e Turel. Poi ci sono giocatrici che vogliono mettersi in evidenza in Italia, su tutte Boros, proveniente da una scuola ungherese di alto livello, ma che a 23 anni non ha mai giocato in Italia. Lo stesso vale per Richards e Pointdexter. Infine, ho voluto inserire una giocatrice un po’ particolare come Treffers. Oltre a mettere le ragazze nella condizione di giocare, per me è necessario il lato umano. Prendo esempio da figure come Poeta, Galbiati e Gianmarco Pozzecco: solo in questo modo si può iniziare a costruire un percorso”.
Obiettivi
“Sappiamo che è un campionato difficile, perché quest’anno ci sono anche due neopromosse molto forti, con tutto il rispetto per quelle che giocavano l’anno scorso. È un campionato a 11 squadre molto valide. Schio può vincere l’Eurolega, perché è davvero forte. Sarebbe una grandissima soddisfazione arrivare ai playoff e conquistare la finale di Coppa Italia, con la nuova formula. Sarebbe bello se le ragazze riuscissero ad arrivare in Final Eight. Schio e Venezia sono molto attrezzate, quindi il nostro obiettivo sarà competere con determinazione e crescere passo dopo passo”.
Campionato e Coppa
“Un campionato femminile di alto livello è estremamente competitivo: se non giochi al massimo, rischi di perdere con chiunque. È fondamentale avere più rotazioni, anche se per un allenatore diventa più difficile. Con sette giocatrici non sbagli mai le scelte, ma con più opzioni devi decidere chi può entrare e chi no. Sono scelte difficili, ma le ragazze devono comunque guadagnarsi i minuti sul campo. Il campionato italiano è importantissimo, ma la Coppa rappresenta un valore identitario per noi e per la Sardegna. Allo stesso tempo, la Coppa deve permettere alle ragazze di crescere. Non posso pensare che Debora, la nostra capitana, giochi 40 minuti sia in Coppa che in campionato. Serve un bilanciamento per mantenere il livello più alto possibile, soprattutto se superiamo il qualification round”.
L’ambiente
“Avere dieci ragazze è importante per tre motivi: Allenarsi con maggiore intensità e alzare il livello tecnico durante la settimana. Avere una rosa più ampia per gestire meglio campionato e Coppa. Far crescere le giovani, sperando che alcune, come successo a Sara Toffolo, possano trovare un percorso tecnico di 2-3 anni e decidere di restare alla Dinamo. Se dovessi scegliere uno slogan per questa stagione, sarebbe: “Lavorare duro con il sorriso”. Voglio la massima professionalità, e lo staff che abbiamo – preparatori, fisioterapisti, Mauro, Jack e tutti quelli che gravitano intorno al club – è di altissimo livello. Mettono le ragazze nelle migliori condizioni per concentrarsi solo sul campo. Allo stesso tempo, però, è fondamentale avere un rapporto umano con le giocatrici: non solo da allenatore, ma anche da fratello maggiore o da guida”.
Importanza della comunicazione
“La comunicazione è tutto. Trasmettere concetti alle ragazze, farlo anche in inglese, adattarsi a mentalità diverse: è parte integrante del ruolo di allenatore. È importante saper parlare nello spogliatoio, gestire le sconfitte, comunicare durante gli allenamenti e con i media.
Prendo come riferimento allenatori come Andrea Trinchieri e Gianmarco Pozzecco, che riescono a mostrare il lato umano ed empatico nella gestione del gruppo. Essere stato un comunicatore mi ha aiutato tantissimo, ma anche se non lo fossi stato, un coach deve avere grandi doti comunicative”.
Pre-season e tornei
“C’è sempre attesa per i tornei di preparazione, perché servono per capire come la squadra si pone contro avversari importanti. Giocare contro squadre come Schio, campionesse d’Italia e in Eurolega, è un’opportunità: affrontare muri così alti ci aiuta a crescere. Abbiamo nove giocatrici nuove, quindi sfruttare i tornei è fondamentale per creare chimica di squadra. Però ho imparato che il precampionato può essere ingannevole: si può fare bene lì e poi soffrire in campionato, o viceversa. La prestagione serve soprattutto per fare gruppo e arrivare pronti alla vera competizione”.
La salute del basket femminile
“Il basket femminile è sempre stato un movimento di nicchia, ma qualcosa sta cambiando. In Sardegna abbiamo tre squadre in Serie A2: Selargius, Virtus Cagliari e Cus Cagliari. Collaboriamo anche con la Mercede Alghero, che lavora molto bene sulle giovani.
C’è però un problema strutturale: giocare in A1 con 11 squadre e in A2 con due gironi da 13 non aiuta l’immagine del movimento. La Nazionale femminile, però, ha creato entusiasmo: ha fatto vedere che le donne possono giocare ad altissimo livello e trasmettere emozioni. Dobbiamo sfruttare questo entusiasmo per attrarre nuove generazioni e far crescere il movimento”.
Basket moderno
“Sulla carta, la nostra squadra quest’anno è più da big ball che da small ball: le nostre giocatrici nei ruoli di 3, 4 e 5 sono molto fisiche. Il basket moderno richiede comunque di avere due o tre trattatrici di palla capaci di giocare pick and roll, perché la fisicità è aumentata enormemente. Avere giocatrici che sanno creare vantaggi, generare tiri puliti e adattarsi è fondamentale. Nelle Women abbiamo una squadra atipica per il pick and roll, ma è una bella sfida: cercheremo di sfruttare sia il gioco interno che il perimetro, senza rinunciare a soluzioni moderne come il tiro da tre punti. L’obiettivo è avere versatilità e capacità di lettura in ogni fase offensiva”.
La Redazione














