Era inevitabile. Le Olimpiadi di Tokyo del 2020 sono state rinviate esattamente di un anno.
Niente più cerimonia d’apertura il 24 luglio in Giappone che si trova costretto di posticipare al 2021 il più importante evento sportivo planetario: la notizia di un rinvio era rimbalzata già nella mattinata italiana da parte dei media nipponici che avevano annunciato la cancellazione della cerimonia sul passaggio della torcia olimpica al tempio Todaiji, prevista per il 13 aprile. In tarda mattinata è arrivata poi la conferma dal primo ministro giapponese Abe: “Il CIO ha accolto la nostra richiesta di spostare le Olimpiadi all’anno prossimo”. Durante la teleconferenza tra il premier del Sol Levante e il presidente del CIO Thomas Bach si è inoltre stabilito che è stato concordato che la fiamma olimpica rimarrà in Giappone e che i Giochi manterranno comunque il nome di Giochi Olimpici e Paralimpici di Tokyo 2020.
Una soluzione inevitabile dopo che alcune nazioni, su tutte Canada e Australia, si erano messe di traverso all’opzione di un regolare svolgimento o di uno spostamento di data di pochi mesi: è la quarta volta nella storia che i giochi olimpici non verranno disputati nell’anno designato (1916, 1940, 1944 per ragioni belliche), la seconda volta in Giappone visto che anche l’edizione del 1940 era stata assegnata anche in quel caso a Tokyo.
Cambiano così i programmi per tutti gli atleti sardi che avevano già conquistato il pass o avrebbero potuto assicurarselo in questi mesi: come Fabio Aru nel ciclismo, Marta Maggetti nel Windsurf, Alessia Orro nella pallavolo, Gigi Datome nel basket, Federico Serra nella Boxe, Francesca Deidda nel nuoto sincronizzato, oltre ai già certi di un biglietto per Tokyo, Stefano Oppo nel canottaggio e Filippo Tortu nell’atletica.