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Giorgio Altare durante Cagliari-Reggina | Foto Gianluca Zuddas

Costruzione, lanci ed errori: il Cagliari alla ricerca del vero Altare

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Tornare al punto di partenza e provare a risalire la china. L’esordio traumatico in Serie A contro il Venezia, pochi minuti e il gol del pareggio allo scadere decisivo poi sulle sorti della stagione. Un errore, ma tutto il tempo per riscattarsi. La zuccata in quel di Salerno, sempre alle battute finali, che dà speranze al suo Cagliari prima della notte in laguna con la discesa in Serie B. E ora la cadetteria, alti e soprattutto bassi a firma Giorgio Altare.

Percorso

Roccioso, difensore d’altri tempi. Abilità in marcatura, il gioco aereo la sua forza e il ruolo di leader della retroguardia guadagnato con le prestazioni mentre la squadra stentava. A maggior ragione nel campionato cadetto, Giorgio Altare diventa il simbolo della riscossa da cercare. Le sirene del mercato rispedite al mittente, la Serie A da ritrovare con la maglia del Cagliari e senza scorciatoie estive. E l’inizio sembrava aver dato ragione al difensore bergamasco, prima di incappare in alcuni errori inattesi. L’arrivo di Fabio Liverani ha costretto il classe ’98 scuola Milan a rimettere in discussione le proprie certezze, la difesa a tre e il gioco uomo su uomo di Mazzarri un lontano ricordo, linea alta e zona da apprendere per non deludere le attese. Un percorso che ricorda quello di Diego Godín, pilastro quando c’è da serrare le fila e punto debole a campo aperto. Non l’unica criticità, perché nel primo assaggio di Serie B durato undici partite, anche la costruzione affidata ai centrali di difesa è diventata un’arma a doppio taglio per Altare.

Regista

Nel pareggio contro la Reggina è diventato chiaro, perché gli avversari ti studiano e provano a giocare sulle tue difficoltà. Filippo Inzaghi lo ha dimostrato, pressione ma lasciando libero Altare di impostare, chiudere le linee di passaggio e via. L’ex Olbia è così diventato un lungo sul parquet, massima libertà dalla linea da tre ben consapevoli che la pericolosità sarà minima. E infatti la gara di Altare contro i granata è stata un continuo susseguirsi di stop, troppi pensieri con la palla tra i piedi e infine lancio lungo spesso nel vuoto. Sono ormai note le urla di Fabio Liverani nei suoi confronti, le braccia alzate a chiedere maggiore velocità nel giro palla, ovvero nel cercare di raggiungere o gli esterni di difesa o, meglio, i centrocampisti dedicati alla fase di costruzione. Nasce da lontano – dalla porta s’intende – il problema del possesso palla sterile del Cagliari attuale. E nasce anche ma non solo da un Giorgio Altare che fatica a crescere nella gestione del pallone. Non ha paura delle responsabilità, non teme il prendersi carico dell’inizio della manovra, ma – almeno in questo caso – il troppo sembra davvero stroppiare.

Futuro

Quando le cose non vanno per il verso giusto anche le piccole certezze vengono attaccate dalla negatività. Altare ha sempre compensato una tecnica di base non eccellente con le poche distrazioni in marcatura. Il problema, però, è che in questa prima parte di stagione nemmeno gli errori nella mera fase difensiva sono mancati. Dal posizionamento su situazioni di palla scoperta, che lo hanno visto essere preso alle spalle in più occasioni sui lanci in verticale degli avversari, fino ad arrivare a errori da matita rossa come quello di Ascoli o lo stacco fuori tempo contro la Reggina. Nel primo caso la mancata copertura di Radunovic, nel secondo la reattività che è mancata proprio nel suo punto di forza, le palle alte. Ma per un Liverani che fa del controllo del gioco il suo marchio di fabbrica – al netto della riuscita di questa idea fino a oggi – è l’aspetto tecnico che mette in discussione la centralità dell’ex Olbia. Ora tocca proprio ad Altare recuperare il tempo perduto, lavorare sugli aspetti da migliorare e diventare quel cardine della squadra che tanti si aspettavano in estate. Ritrovando magari anche il gol, dopo l’unico illusorio di Salerno e quello in Coppa Italia contro il Perugia. Ma, soprattutto, ritrovando le proprie certezze attraverso la semplicità, scrollandosi di dosso responsabilità e compiti non propri e tornando a essere speciale in marcatura, la sua forza.

Matteo Zizola

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