L’attaccante del Catanzaro, Francesco Bombagi, è intervenuto, insieme a Davide Arras del Gubbio, durante la nostra trasmissione settimanale Serie C…entotrentuno per analizzare la grande cavalcata dei giallorossi di Vincenzo Vivarini culminata con la promozione in Serie B. Queste le sue dichiarazioni.
Il Catanzaro ha ottenuto la promozione in B. Già dall’anno scorso avete fatto gruppo e alla fine siete riusciti a centrare l’obiettivo.
“È stato un anno fantastico, credo difficile da ripetere perché vincere non è mai semplice. È nata una situazione magica nello spogliatoio, di quelle che ti rendono quasi invincibile. Tutto è cominciato l’anno scorso dopo la delusione di Padova (calabresi fuori nella semifinale playoff, ndr) come hanno detto recentemente i miei compagni in alcune interviste. Già dall’anno scorso, quando abbiamo terminato il campionato, siamo partiti con l’obiettivo di vincere il successivo come se fosse una cosa naturale. È stato bello tutto quello che si è creato all’interno del gruppo”.
Quando hai capito che il Catanzaro avrebbe dominato il girone C di Lega Pro?
“L’anno scorso è stato un po’ particolare: siamo partiti al rallentatore, con 5 o 6 pareggi di fila, poi è stato esonerato l’allenatore (Calabro, ndr), sostituito da mister Vivarini verso metà novembre. Quando siamo ripartiti dopo la sosta natalizia, ci siamo resi conto che avevamo qualcosa in più. Difatti abbiamo fatto una grande rimonta sul Bari, che inizialmente era lontanissimo ma siamo arrivati anche a 4 punti da loro. Poi abbiamo perso lo scontro diretto e si sono di nuovo allontanati, ma prima eravamo staccati di 14 punti. Abbiamo avuto il rammarico di non essere partiti con Vivarini dall’inizio. Il mister a fine stagione ci ha detto che eravamo tutti confermati, chi aveva delle richieste importanti è rimasto qui e anche per questo sapevamo di poter “far male” al campionato. Onestamente fare una stagione del genere, a questi livelli, è stato inaspettato. Io ho avuto dei piccoli infortuni che mi hanno rallentato nel girone di ritorno, però per il resto sta andando tutto alla grande”.
Come hai visto Olbia e Torres in questa stagione? I galluresi, contando solo il girone di ritorno, sarebbero addirittura quarti.
“Penso che l’Olbia sia una formazione più abituata a fare questo tipo di campionato: negli ultimi anni ha fatto delle stagioni in zona salvezza, tirandosi fuori da situazioni molto difficili. Mi ricordo quando si sono salvati con Bernardo Mereu, mio ex mister alla Villacidrese. Per quanto riguarda la Torres, invece, questo è il primo anno dalla risalita: so che la società ha lavorato molto bene, sta andando avanti a piccoli passi e questi per me è molto importante. Tra l’altro lì c’è il mio amico Gigi Scotto, con cui giocavo a pallone da bambino. Spero vivamente che i rossoblù si salvino”.
Ora sei al Catanzaro. Ti piacerebbe, però, concludere la tua carriera in Sardegna?
“Sì, senza ombra di dubbio. Ho fatto sia i Giovanissimi che gli Allievi con la Torres, parliamo ormai di 16 anni fa, poi la società è fallita con il Lodo Petrucci. È quella la mia squadra: quando da ragazzini si giocava il derby Torres-Olbia si sentiva forte l’attaccamento alla maglia. Quindi, se dovessi avere un piccolo sogno, sarebbe quello di chiudere la carriera in maglia rossoblù. La scorsa estate ci sono stati dei contatti, però sono voluto rimanere a Catanzaro perché credevo fortemente nel progetto”.
C’è un aneddoto su quando da ragazzino hai lasciato la prima volta la Sardegna per la Primavera della Fiorentina. Raccontaci cosa fece tua mamma per “promuoverti”…
“Era il 2006 e uscivo dal settore giovanile della Torres, che in quell’estate visse il fallimento del club in C1: il Lodo Petrucci faceva decadere i contratti, così ero libero di accasarmi da svincolato. Sono andato a fare un provino per il Tempio, che all’epoca militava in Serie D. Parliamo di un periodo in cui non c’erano smartphone e video sui social, quindi mettersi in mostra era molto più complicato. Quell’anno con gli Allievi Nazionali avevo segnato 45 gol, arrivando a giocare la semifinale Scudetto in cui ho firmato una tripletta: eravamo un gruppo veramente forte, eppure nessuno mi voleva, neanche in Serie D. Tra una delusione e l’altra, dissi a mia madre che sarei andato in Eccellenza e che mi sarei cercato un lavoro: lei, contro il mio volere, prese l’album Calciatori Panini e fece qualche telefonata ad alcune società. Nei giorni successivi il telefono squillava di continuo, perché mi contattavano squadre di Serie A e B. Così siamo partiti, io, mia madre e mio padre: siamo andati in Toscana, dove i miei avevano un contatto. Da lì c’è stata l’esperienza con l’Empoli, poi mi sono innamorato del contesto Fiorentina e ho firmato per loro. All’epoca c’era Corvino che si occupava dei giovani: inizialmente mi avevano ingaggiato per un mese di prova, poi però mi hanno confermato e da Firenze è partito il mio giro d’Italia. È stata una bellissima esperienza, che serve per far capire ai ragazzi quanto è difficile emergere fuori dalla Sardegna”.
Nella tua carriera hai giocato in tante piazze dove hai fatto bene. C’è qualche rammarico nel tuo percorso?
“Non lo so. Forse quando mi è capitata l’occasione Reggina, ma non ero abbastanza maturo e probabilmente mi sarebbe servito un anno in più per poterla sfruttare a pieno. Tante scelte che ho fatto sono state obbligate: per esempio, dopo Catania sono andato a Fondi perché venivo da 11 mesi con tanti infortuni, in cui avevo giocato pochissimo. Tuttavia, il progetto era importante con un presidente come Bandecchi (ora numero uno della Ternana, ndr): era un’occasione per giocare di più e per rilanciarmi”.
Hai giocato in tutti i gironi della Lega Pro: secondo te qual è la differenza principale tra i tre?
“Onestamente non lo so. Secondo me si va ad annate: essendoci 60 squadre, le divisioni sono diverse e il contesto varia. Per esempio, quest’anno il girone C era molto competitivo a livello di piazze blasonate come Pescara, Foggia e Crotone, e dietro c’eravamo noi del Catanzaro. Il girone B è molto equilibrato, specie se lo si paragona al nostro: a molti è sembrato quasi una passeggiata, ma abbiamo fatto fatica anche noi. L’unica partita che abbiamo perso è stata contro la Viterbese, che in attacco ha giocatori importanti come Marotta, per fare un nome. Penso che sia un discorso che lascia il tempo che trova. Nel girone C, poche squadre propongono gioco a tutti gli effetti, mentre nel girone B ci sono terreni di gioco migliori e per questo motivo puoi fare maggiormente un bel calcio”.
La Redazione