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Cagliari, Viola: “Grazie a Ranieri viviamo un calcio felice. Prati ha un grande futuro”

Nicolas Viola esulta dopo il gol in Cagliari-Genoa | Foto Valerio Spano
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Il numero 10 del Cagliari è intervenuto durante “DAZN Talks”, intervistato dai colleghi sulla stagione rossoblù e sul suo percorso di studi che lo ha portato a laurearsi in Psicologia.

Sulla stagione

L’impatto di Ranieri su questa stagione? Il mister ha messo tantissimo del suo. Siamo partiti l’anno scorso con alcune difficoltà, quando è arrivato ha trasmesso una grandissima serenità con empatia. Ci ha trasmesso i suoi valori, facendoci capire che si può giocare a calcio e dare il massimo anche rimanendo felici. Viviamo un calcio felice, tranquillo e questo penso sia la base di ogni risultato fantastico come quello dell’anno scorso e, in parte, di alcuni di questa stagione, specie quelli che ci hanno visto protagonisti nel finale. Siamo una squadra che non molla mai. La serenità mentale è alla base di tutto questo. Siamo un gruppo fantastico, difficilmente ricordo gruppi così. È stata una scoperta, io sono arrivato dopo la retrocessione. C’era nervosismo nell’ambiente, non eravamo partiti benissimo ma c’era voglia di cambiare le cose. Si è vista subito, poi mister Ranieri è stato bravissimo a capire le personalità dentro lo spogliatoio. Tanta roba, insomma. I gol di Pavoletti all’ultimo? Di solito quando arriva il 90’ ci scatta dentro qualcosa di incredibile. Lo sentiamo, ultimamente lo avvertono anche gli avversari (ride, ndr). La nostra squadra è partita un po’ così, ma è stato lo scotto di abituarsi a un altro campionato dalla Serie B alla A. È arrivata la vittoria incredibile con il Frosinone, da lì abbiamo capito che possiamo dire la nostra in qualsiasi partita. Oggi siamo una squadra completamente diversa rispetto a inizio stagione. Prati è un ragazzo giovanissimo che sta facendo un campionato molto importante, con margini di crescita incredibili. Lo stiamo vedendo ancora all’inizio del suo percorso che è iniziato in salita come per tutta la squadra, ma ci ha messo pochissimo a integrarsi. È un ragazzo che parla poco, si allena benissimo, è molto intelligente: sono strasicuro che avrà un grandissimo futuro davanti”.

Gli studi

“Mi sono laureato con una tesi sull’empatia, posso dire che la testa è davvero molto importante sotto tutti i punti di vista. Il mio percorso di studi è nato al di fuori del calcio, ma poi le dinamiche della vita ti portano a migliorare in tutti gli aspetti: sono molto contento e grato per questo. L’idea della laurea in Psicologia arriva dopo la nascita dei miei figli: sono aumentate le responsabilità, il lavoro di padre è davvero importante. Ho iniziato a ripercorrere la mia vita sotto un altro aspetto, ho dovuto “rieducare” prima me stesso per poi tramettere ai miei figli determinate cose. Ma non nascondo che tutto quel che ho fatto l’ho fatto per migliorare come persona e alcuni aspetti che prima non capivo, poi mi ha dato tantissima serenità nell’affrontare determinate situazioni non positive. Ora è tutto più comprensibile, sia sul campo che nella vita. Hanno entrambi lo stesso impatto: se migliori come persona poi porti i miglioramenti anche in campo. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci insegni qualcosa. Ho avuto alcune persone che mi hanno portato su una strada completamente diversa da quella che vedevo. La psicanalisi mi ha dato una grandissima mano, è stata per me e per la mia vita di grandissimo beneficio. Ma la crescita non finisce ora, è un processo costante: o si cresce o si decresce, non esiste via di mezzo. Penso che in ogni ambito si debba mantenere uno standard altissimo. Quando ho studiato? Il covid mi ha dato paradossalmente molto tempo libero a casa per studiare, mia moglie mi ha aiutato tantissimo in questo percorso, così come alcuni professori. Non è stato facile coniugare la vita da calciatore e lo studio, però è stato un percorso meraviglioso. Quando mi sono laureato ho capito che voglio andare avanti in questo. Amo il calcio, devo tantissimo a questo sport ma ci lascia spazi che siamo obbligati a riempire. Io ho deciso di investire parte del mio tempo libero in questo, insieme alla vita familiare con i miei bambini”.

L’esperienza

“Non mi piace il termine ambire, preferisco sicuramente l’idea di una crescita e di porsi continuamente nuovi obiettivi da raggiungere, così da poter sempre dare qualcosa. Penso che nel dare arrivi automaticamente il ricevere: questa la sento come una mia strada. Penso assolutamente che lo stereotipo di calciatore stia cambiando, specie in questo momento. Veniamo visti come persone che rincorrono un pallone in campo, ma non è soltanto così. Anzi, penso che si debba comprendere la gestione delle emozioni di un calciatore, costretto a dare sempre il 100% a qualunque livello, a qualunque costo. Si deve lavorare sulle emozioni, in questa fase stiamo capendo che non basta solo allenarsi, ma migliorarsi come persona può essere una strada da percorrere in tanti. Sicuramente con l’avanzare dell’età l’esperienza ti porta a fare cose in modo diverso rispetto al passato, specie nei rapporti con gli allenatori. Prima non li gestivo benissimo, vedevo in loro una figura paterna che andava a toccare aspetti personali, quindi rispondevo come ero abituato a fare, giusta o sbagliata che fosse la mia idea. Non ero libero di agire come volevo. Magari ora ho un rapporto diverso con mio padre in determinate cose, mentre vedo l’allenatore come tale, rispetto le scelte e ci parlo in modo neutro. Questo è cambiato tantissimo, è stata una svolta a livello personale anche nel rapporto con i compagni, che vivo senza paragoni, in modo più vero ed equilibrato”.

Curiosità

“La scomparsa dei tatuaggi sul volto? Forse avevo esagerato un attimo, mi era sfuggito un po’ di inchiostro (ride, ndr). Scherzi a parte, amo i tatuaggi a prescindere dal percorso di studi, ma averli in faccia creava nelle persone un’aspettativa diversa rispetto a quel che sono veramente. Pensavano fossi cattivo, invece no: forse volevo in qualche modo sembrarlo, ma non lo sono. È stata un’altra fase dell’aver capito certe cose. Mi piace molto la musica rock, il mio disco preferito è “The dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, ma mi piacciono anche Nirvana, Rolling Stones e Doors. Il rock l’ho tatuato addosso, ma mi piacciono molto i cantautori italiani: De Andrè, De Gregori, Dalla. Nello spogliatoio del Cagliari che musica c’è? In palestra musica forte, a volte rock altre house. Lapadula ascolta techno alle 5 di mattina, forse solo lui (ride, ndr), ma ci piace iniziare piano piano. Per fortuna la palestra è lontana dallo spogliatoio del mister, sennò lo avremmo visto ballare (ride ancora, ndr). Ascolto musica in cassette perché ho comprato una macchina con l’autoradio così: tutte le cassette da collezione ora le riascolto là, stile anni Settanta. Ho una bella collezione tra vinili e cassette, per spiegare il funzionamento delle a mio figlio ci ho messo un po’, si aspettava un joystick (ride, ndr)”.

Futuro

“A Cagliari sto benissimo, qui si sta da Dio. Città meravigliosa, gente fantastica, tifosi super, squadra top: non mi posso proprio lamentare. La laurea come strumento per il post carriera da calciatore? Non ci ho pensato sotto questo aspetto. Io allenatore? Mi ci vedrei, anche se non ho deciso ancora. Voglio giocare ancora, ho tanti obiettivi da calciatore e che mi richiedono ancora il campo. Ho 34 anni, ma mi sento veramente benissimo. Poi valuterò con calma quel che mi aspetterà dopo. Sto guardando, sto crescendo, poi si vedrà. Regali di Natale? Sicuramente “The Dark Side of the Moon”. Libri? Amo leggere autori italiani: consiglio la mia ultima lettura “Amare tradire” di Aldo Carotenuto, davvero stupendo”. 

La Redazione

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