Martino Melis, cagliaritano doc classe 1973 (ha festeggiato 51 anni lo scorso 24 novembre), da calciatore ha disputato diverse stagioni con il Verona tra Serie A e B. È stato protagonista della risalita in Serie A nella stagione 1999-2000 con Cesare Prandelli in panchina e l’attuale allenatore del Bologna Vincenzo Italiano come compagno di centrocampo. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo ha iniziato l’attività di allenatore, che lo ha visto lavorare nei settori giovanili di Empoli e Cagliari, incarico ricoperto fino al 2020. In vista del prossimo impegno di campionato tra Cagliari e Verona, abbiamo fatto una chiacchierata proprio con lui per conoscere le sue impressioni su questa sfida.
Melis, lei ha sfidato diverse volte il Cagliari da avversario con la maglia del Verona.
“Contro il Cagliari sono state sempre partite difficili e mai scontate. Ricordo le sfide in Serie B, tra cui una con Ventura sulla panchina rossoblù: fu una gara difficile perché tutte le sue squadre giocavano molto ampie, con tanti cambi di gioco e tanta corsa per andare a chiudere gli esterni. Ma i rossoblù, in generale, sono sempre stati una squadra ostica e ha valori simili a un club come il Verona”.
Venerdì 29 novembre Cagliari e Verona si affronteranno nuovamente. Uno scontro salvezza per entrambe: cosa si aspetta da questo match?
“Il Cagliari arriva con un atteggiamento ben diverso rispetto a quello dell’Hellas. Con Milan e Genoa i rossoblù hanno fatto delle buone prestazioni e anche se sono mancati i tre punti hanno fatto sempre bene. Contro il Genoa è stata una gara difficile, uno scontro salvezza molto importante ed essere andati via da Marassi senza perdere, per come si era messa la partita in uno stadio come quello, non è mai scontato. Questo per me significa che la squadra c’è. Per quanto riguarda il Verona, arriva da un momento ben diverso dopo la sconfitta pesante contro l’Inter per 0-5. Vedremo se il ritiro servirà a ritrovare se stessi, perché questo genere di cose possono essere d’aiuto prima di uno scontro del genere, ma in caso di sconfitta tutto diventerebbe più difficile. Nel complesso mi aspetto una partita equilibrata. Chi vince? Ritengo favorito il Cagliari, ma nel Verona non bisogna sottovalutare la grinta e la determinazione che possono scattare dopo sconfitte così pesanti”.
Qual è il suo giudizio sul rendimento del Cagliari nelle prime 13 giornate?
“È sicuramente positivo, fin qui il Cagliari non ha raccolto tutto ciò che avrebbe potuto. In Serie A i punti sono sempre pesanti e anche quando fai un’ottima prestazione e torni a casa con un punto soltanto, a rimanere è solo la fiducia e la convinzione verso il proprio lavoro ma la classifica rimane la stessa e questo lascia l’amaro in bocca. A certi livelli devi fare punti in ogni occasione, perché tutto si può complicare velocemente, soprattutto nel girone di ritorno con le squadre che tendenzialmente si trasformano. Secondo me il Cagliari sta attraversando un buon momento, perché a parte la sfida con l’Empoli, le prestazioni non sono mai mancate e finora ha raccolto troppo poco rispetto a quanto dimostrato”.
Parlando dell’Hellas invece, crede che la larga sconfitta contro l’Inter possa incidere negativamente oppure possa essere quella scintilla utile per una reazione?
“Può succedere di tutto e a volte il superamento di determinati momenti può essere l’inizio di una svolta. Vincere per il Verona significherebbe trovare la stessa carica di inizio campionato. Il lavoro e i risultati sono determinanti per farti credere sempre di più in ciò che fai. Senza dimenticare il rapporto con la piazza: Verona è una città con una tifoseria importante e ambiziosa, quindi riuscire a fare dei risultati può aiutare a riallacciare questi rapporti o fortificarli se le cose vanno già bene. Sono momenti delicati, perché da professionista percepisci questa responsabilità e devi saperla reggere, in caso contrario diventa difficile riprendersi. Sarà interessante vedere chi nel Verona ha più capacità e tenuta psicofisica per reggere il peso di questa partita in un momento come questo, dove tutto attorno la situazione non è delle più felici”.
Fin qui il Cagliari ha subito quasi 2 gol a partita, a fronte di una concretezza offensiva da migliorare: secondo lei come si trova il giusto equilibrio?
“Difficile da dire (ride ndr). Quando si analizzano questo genere di cose ci sono diversi parametri da valutare. Si tratta di idee di gioco: si preferisce una squadra con più possesso palla, con giocatori bravi nel giocare, che subisce meno in contropiede oppure una squadra più rocciosa ma con dei limiti in fase di impostazione che inficiano sulla fase offensiva? La seconda ti espone a più pericoli, perché verosimilmente tenendo meno la palla dai agli avversari la possibilità di creare situazioni a te sfavorevoli. È difficile trovare questo genere di equilibri. Il lavoro di Nicola va proprio in questa direzione, lui sa di avere giocatori con tutte queste qualità. Sta valutando, lo fa quotidianamente per trovare una stabilità ma non è semplice, perché gli interpreti vanno messi in campo in funzione delle qualità dell’avversario, perciò è complicato unire le giuste contromisure alle proprie prerogative di gioco. Ci sono partite dove c’è più bisogno di contenimento mentre in altre, come nel caso di Genova, si cerca di giocare più a calcio mantenendo il possesso e sottraendolo all’avversario, cercando così di fare una partita più propositiva. Sono valutazioni che giustamente spettano al mister ed è lui l’incaricato per trovare la giusta chiave per far girare la squadra in base all’avversario. Una volta trovato questo equilibrio là in mezzo, credo che il Cagliari possa davvero fare la differenza”.
Come giudica la prima parte di stagione di Nicola sulla panchina del Cagliari?
“Da ciò che ho visto finora credo che quanto fatto sia molto positivo: lui è riuscito a creare un gruppo coeso, che dopo la gara contro l’Empoli ha sempre messo in campo buone prestazioni. Per me Nicola sta facendo un ottimo lavoro, in questi anni ci sono state situazioni altalenanti ma ovunque è andato ha fatto bene. Nel calcio i risultati contano tantissimo, ma secondo me fin qui il percorso è giusto e molto importante”.
A Verona l’ambiente è in subbuglio: squadra in ritiro e Zanetti sulla graticola. Cosa non ha funzionato secondo lei in queste prime 13 giornate?
“Il Verona è partito bene facendo un inizio importante, poi ha avuto dei crolli. Ciò che mi fa specie sono i dati complessivi con cui perde le partite. Credo che questo sia qualcosa da analizzare, perché la tenuta psicofisica e la solidità di questa squadra al momento sembrano praticamente assenti. In certe gare la squadra ha lottato rimanendo in partita e ottenendo risultati importanti, in altre si è sfaldata. Ho la percezione che questa squadra non abbia chiara la propria mentalità, perché se io attacco e gioco per vincere contro chiunque, ci può stare prendere tanti gol, ma se non gioco con questo intento e prendo comunque così tante reti allora c’è qualcosa da registrare. Quando vanno sotto, nel tentativo di riprendere la partita non riescono ad avere il giusto equilibrio tra attacco e difesa, scoprendosi troppo. Contro l’Inter le forze in campo erano oggettivamente diverse quindi è difficile poter dire dove migliorare, ma prendere cinque gol è un segnale che questa squadra abbia delle fragilità notevoli, scaturite dalla situazione attorno a sé con un andamento troppo altalenante. È una squadra al momento priva di un’impostazione chiara e un’equilibrio solido. Questo è preoccupante perché nel lungo periodo non avere una squadra equilibrata può significare arrivare in fondo insicuri e smarriti”.
In avanti il Cagliari a Genova ha puntato sulla fisicità di Piccoli e sul talento di Gaetano: come giudica il reparto offensivo rossoblù?
“Gaetano è un giocatore forte: a me piace molto, l’anno scorso è stato più incisivo in zona gol ma rimane un giocatore importante. Il ruolo di trequartista per me gli si addice perché ha un gran piede, però rende meglio quando non è marcato stretto, anzi deve avere possibilità di staccarsi venendo a giocare in mezzo al campo. Per le sue caratteristiche è un giocatore che fa meglio in velocità perché sul breve non sempre trova la giocata per liberarsi: con più campo davanti a sé può essere determinante perché ha sia il piede per andare e finalizzare che per trovare l’assist. Piccoli è un giocatore che lavora tanto per la squadra che fin qui ha raccolto meno rispetto a ciò che fa. Il Cagliari ha fiducia in lui perché è un giocatore generoso, che sta dando tanto ai compagni e che tra le sue corde ha il gol, ora deve soltanto sbloccarsi: ha bisogno di un po’ più di fiducia in fase realizzativa, perché per il resto secondo me lui fa tutto molto bene. A volte lavorare tanto per la squadra significa sacrificare energie che poi mancano nel momento della conclusone. Per quanto riguarda Luvumbo, invece, è un giocatore importante ma a mio avviso può fare la differenza a partita in corso e non dall’inizio, come nella scorsa stagione. Dà sempre la sensazione di poter essere pericoloso, ma difficilmente riesce a tramutare in gol le sue occasioni. A partita in corso lui può essere una carta determinante per questo Cagliari, perché ha la forza e il dribbling per l’uno contro uno, in quelle circostanze diventa difficile prenderlo”.
A Cagliari ha allenato diversi calciatori che ora sono diventati professionisti: da Ciocci ad Andrea Carboni, passando per Boccia, Desogus e tanti altri. Che ricordi ha di quelle annate?
“Ricordi stupendi. Ho avuto la fortuna di vivere tutti loro come giocatori, mentre a Empoli ho potuto dare il mio contributo a Rugani, Hysaj, Kabashi e altri ragazzi che sono arrivati ad alti livelli. Ho avuto la fortuna di lavorare con loro e spero di aver lasciato qualcosa di mio, sono molto felice del percorso che stanno facendo. Penso di essere riuscito a dare quello che potevo, poi il merito è il loro perché sono loro i veri artefici di quello che è un percorso professionale e di apprendimento duraturo come questo. Tralasciando che è il talento a giocare un ruolo determinante perché è l’unica cosa che non si allena, quando in un ragazzo c’è la voglia di migliorare e la motivazione di apprendere come una spugna, senza mai mollare, allora si può diventare grandi. Questi ragazzi non hanno mai mollato ed è tutto merito loro. Carboni, ad esempio, fin da piccolo è sempre stato un bravo ragazzo, applicato e serio: era normale che arrivasse a essere un giocatore di livello. L’atteggiamento e la caparbietà fanno la differenza, le chance arrivano e quelli che noi chiamiamo sogni poi si avverano. Mi aspetto ancora tanto da Desogus come da Ciocci, Marigosu e tutti coloro che sono passati da lì. Nel percorso c’è chi va più veloce e chi più piano ma l’importante è non mollare mai perché tutti avranno delle occasioni. Io sono felice di aver fatto parte del loro percorso e i miei ricordi, di quegli anni e del lavoro fatto, non possono che essere bellissimi”.
Giuseppe Meloni