Nel documentario realizzato dal Cagliari “Elettroshock, una storia lunga 30 anni”, disponibile sui canali ufficiali del club rossoblù, Claudio Ranieri ha raccontato l’esperienza vissuta in occasione del suo ritorno in Sardegna alla guida della formazione isolana. Dalla promozione in Serie A passando per i playoff vinti contro il Bari, per arrivare alle difficoltà e ai momenti belli vissuti nel campionato appena concluso nella massima serie nazionale che ha visto Pavoletti e compagni centrare la salvezza. Di seguito le parole del tecnico di Testaccio.
Sulla sua prima esperienza a Cagliari e sul suo ritorno
“Il mio viaggio è iniziato nel 1988, sono arrivato qua con tanta speranza e un cuore gonfio a soli 37 anni. Avevo voglia di emergere e di capire se potevo fare l’allenatore, Cagliari mi ha portato in alto. I primi tre anni sono stati stupendi, due promozioni e una salvezza. Poi sono andato via e sono diventato grande, in Sardegna ero viziato, tutti mi volevano bene e mi veniva perdonata qualsiasi cosa. Dovevo diventare grande. Ora a posteriori dopo il mio ritorno due stagioni fa posso dire che è stato bello, ma dentro di me c’era un fuoco che ardeva: volevo finire così come abbiamo finito. Mi avevano cercato diverse squadre, però per una cosa e per l’altra non si è concluso mai nulla. Non mi spiegavo il perché, però poi quando si è palesato il Cagliari ho capito quale fosse la motivazione”.
Sulla promozione in Serie B
“Ho trovato una squadra in medio bassa classifica, non era convinta di sé e abbattuta emotivamente. Grazie all’aiuto dei tifosi e di tutta la famiglia del Cagliari ci siamo rimessi in carreggiata, abbiamo conquistato punti su punti perdendo solamente due partite. Devo essere sincero, nella mia visione onirica pensavo di salire in Serie A dal secondo posto (ride ndr.). Poi con il passare del tempo mi son reso conto che ci saremmo comunque riusciti, ma attraverso i playoff. Questa promozione, insperata all’inizio, l’abbiamo vissuta con un fuoco che è cresciuto dentro pian piano ed è arso poi in tutti noi. Dentro di me dicevo: ‘Li ho riportati su, va bene così’. Poi ho pensato che avrei voluto farmi un altro giro in Serie A per salutare un po’ tutti gli stadi dove sono stato (ride ndr.)”.
Sulla prima parte di stagione in Serie A
”Vedevo che avevamo alcuni infortuni e dei giocatori non erano arrivati ben allenati all’inizio del campionato. È stato meglio dire subito le cose come stavano (in riferimento alle sue dichiarazioni nel precampionato sulle “libecciate” che avrebbe dovuto affrontare il Cagliari durante il suo percorso in Serie A ndr.). Io non son stato un grandissimo giocatore, ma ho sempre dato tutto. Ai ragazzi ho detto di fare altrettanto, di mettere il massimo di loro stessi sul campo. Le vittorie contro il Frosinone e il Genoa nel girone di andata sono state importantissime. Ho sempre detto che nessuno si sarebbe dovuto riprendere l’uno con l’altro perché in campo non ci stavano né Maradona, né Messi o Pelé non ho mai visto questi grandi campioni redarguire qualche compagno. Quindi silenzio e pedalare perché la strada da compiere sarebbe stata lunga e tortuosa”.
Sulla sfida contro il Torino dopo la scomparsa di Gigi Riva
”La settimana in cui è mancato Gigi Riva è stata devastante, non soltanto per chi lo conosceva. Dentro lo spogliatoio risuonava sempre la canzone Quando Gigi Riva tornerà, la squadra aveva dentro il cuore quel ritornello. Poi quando è arrivato il Torino emotivamente eravamo provati e non siamo riusciti a giocare come avremmo voluto”.
Sulla post partita contro la Lazio
“Dopo la partita contro la Lazio andai dal mio staff e dissi loro che avevo deciso di andar via. Poi entrai nello spogliatoio dai ragazzi e gli comunicai la decisione, dissi loro: ‘Voi avete bisogno di un elettroshock. Vi allenate bene, ma non date in partita lo stesso che vedo in allenamento’. Solitamente, quando accadono queste cose, lo spogliatoio sta zitto e abbassa la testa. Ma in quel momento Nández, Viola e Pavoletti mi dissero: ‘No mister, questa è una storia già sentita. È troppo facile abbandonare, dobbiamo lottare assieme come fatto lo scorso anno, dobbiamo restare in Serie A’. Allora dissi loro che sarei rimasto. Poi i ragazzi si sono incontrati, hanno discusso e la nave ha continuato a viaggiare, quando di burrasca, quando con il vento a favore”.
Sul finale di stagione in Serie A
”La squadra si è superata, ha fatto delle partite meravigliose. Anche ora a distanza di tempo voglio far loro i complimenti per quello che hanno fatto. Ognuno raccoglie ciò che si merita, avevamo uno spirito battagliero e i tifosi sia in casa che fuori che ci soffiavano dietro. Questo è stato molto importante. In occasione della sfida contro il Sassuolo a Reggio Emilia, ho ripetuto ai ragazzi le stesse cose che mi disse Gigi Riva al telefono prima della sfida in cui salimmo in Serie A contro il Bari la passata stagione: ‘Dì ai ragazzi che dietro di loro non ci sono solamente i tifosi arrivati al San Nicola ma c’è un’Isola intera’”.
Sulla scelta di lasciare il Cagliari e il calcio da allenatore di club
”Guarda come si chiude il cerchio della mia carriera. È iniziata a Cagliari, il destino mi ha riportato al Cagliari e deve finire a Cagliari. Questo è stato quello che ho pensato. Nei momenti difficili avevo la consapevolezza che tutto sarebbe dovuto finire bene, non poteva concludersi diversamente. Ringraziando Dio e Santa Rita le cose sono andate così. Al Mapei Stadium sono andato sotto il settore ospiti con il presidente Giulini perché mi sembrava giusto farlo, ne ha passate tante. Noi siamo dei lavoratori, ma lui ci mette i soldi, i sacrifici di una vita. Lui voleva che andassi da solo ma io decisi di portarlo con me, sono contento che in quella occasione i tifosi abbiano capito. Quello compiutò con il Cagliari è stato un viaggio meraviglioso che non potrò mai scordare”
La Redazione