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Cagliari, Pavoletti: “Restare? Dimostrato di mantenere la parola. Liverani un fenomeno”

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Nell’antivigilia di Benevento-Cagliari è il capitano a metterci la faccia. Leonardo Pavoletti ha parlato in collegamento con la trasmissione “Il Cagliari in diretta”, su Radiolina.

«La fascia da capitano? È un bel peso. Una ripartenza, quindi è ancora un pochino più pesante dopo una retrocessione che ha bruciato e continua a bruciare nelle vene di tutti i tifosi. Era giusto che questa fascia venisse presa da un ragazzo che ci tiene, vuole far bene e vuole fare in modo che il Cagliari abbia successo. L’accoglienza all’arrivo nel 2017? Non me l’aspettavo, poi in quel momento ero l’acquisto più costoso nella storia del Cagliari. Mi sono presentato con molta umiltà, pensando di passare quasi inosservato. Invece quell’accoglienza mi fece capire subito che cosa avrei vissuto. Ero abituato a cambiare squadra ogni anno, oppure ogni sei mesi. Avevo fatto due anni al Genoa, andando via a gennaio, ed ero abituato a stare pochissimo nei posti. Cagliari, come ho sempre detto, era un posto che mi raccontavano e di cui mi piaceva sentir parlare però non lo conoscevo. Non avrei pensato di comprare casa qui, però è bello perché ci si ricrede sempre nella vita. Ho giocato insieme a Fabio Vignati, che ha fatto qualche presenza col Cagliari da giovane, quando era al Casale. Lui è sposato con Silvia, cagliaritana DOC, e negli anni siamo rimasti molto amici. Mi diceva di venire a giocare a Cagliari, che conoscendomi non sarei più andato via: io non ci credevo, poi è successo».

La conferma

Pavoletti racconta del perché ha scelto di rimanere a Cagliari dopo la retrocessione: «Nella carriera un ragazzo diventa uomo e si accorge che i fatti devono essere conseguenza delle parole. Ho sempre detto e provato a dimostrare l’affetto, far capire che ci tenevo alla maglia e alla città. È un posto dove mi trovo bene, dove i miei figli crescono bene. La mia compagna all’inizio era dubbiosa, ora credo che avrebbe difficoltà ad andare via da Cagliari. Per riconoscenza nei confronti della maglia, sentendo la responsabilità della retrocessione pur non sentendomela del tutto mia per aver giocato poco, volevo dimostrare che si mantiene la parola. Soprattutto coi fatti e non con le parole. Dobbiamo trasmettere i valori del Cagliari nello spogliatoio, tanti sono arrivati motivati sapendo dell’ambiente e di cosa fare. È servito solo uno sguardo e una parola, su questo sono stato fortunato: non ho dovuto parlare troppo».

Il riscatto

Da parte di Pavoletti parole chiare sul perché non è andato via: «Noi ragazzi che siamo rimasti, e sono contento per gli altri che hanno parlato e mantenuto le parole dimostrando di essere professionisti e uomini seri, non ci dimentichiamo la retrocessione. Col tempo il dolore sta andando via, però rimane il riscatto. L’anno scorso con poco in più si poteva restare in Serie A, dobbiamo riscattare quell’anno e avere soddisfazioni più belle. È proprio un discorso globale: quando si vince si vive tutti meglio. Sono sicuro che, quando il Cagliari vince il sabato sera, la gente va di più in giro e spende quell’euro in più felice per la vittoria del Cagliari. Vincere fa star bene noi, la società, i tifosi, i giornalisti e tutti. Dopo degli anni turbolenti vogliamo tornare a vivere un anno sereno, a vincere e a essere felici».

Il momento

Pavoletti valuta la crescita della squadra: «Il Cagliari è in una fase dove ha intrapreso una strada più che giusta. L’unica cosa è che ci stiamo portando dietro qualche freno, dobbiamo trovare quell’autostima che magari porta qualche vittoria in più. Penso che manchi poco per vedere un bel Cagliari. L’ultimo Benevento-Cagliari? Mi ricordo soprattutto l’ansia di quella partita! Non si dormiva né le notti prima né la notte dopo, perché eravamo praticamente salvi e non si riuscì a dormire per la felicità. Uno scontro epico, purtroppo non come successo a Venezia. Una sfida di carattere, vinta con determinazione. Sono quelle partite che ci dobbiamo tenere dentro. Il gol? Capisci quanto è importante il calcio per te e per le persone, e lavori per ottenere quelle soddisfazioni lì. Non è più i soldi, è vedere felici le persone e tornare a casa vedendo la famiglia contenta. Sono quei gol che ti aprono il cuore».

La partita

Sabato alle 14 Benevento-Cagliari. Questo il giudizio di Pavoletti: «È un bel test per vedere se il Cagliari ha già fatto quel pezzettino che forse col Modena c’è mancato. È un test con una squadra forte, in casa loro, in un orario non buono. Però siamo pronti, lavoriamo da luglio sotto il caldo e dobbiamo essere pronti a dare battaglia e fare una bella prestazione. La vittoria, il pareggio e la sconfitta, come dice il mister, sono figlie della prestazione: poi il campo gira bene o gira male, ma dobbiamo combattere ogni palla sperando di arrivare al 90′ un gol sopra di loro. Credo che sarà una partita veramente difficile: ormai chi gioca contro il Cagliari è quando noi si giocava contro il Milan o la Juventus. Siamo la squadra da battere, quindi tutti hanno una cattiveria agonistica maggiore. Però noi abbiamo qualità, consapevolezza e un gioco ben definito. Dobbiamo pensare a fare il nostro gioco, non cadere nei tranelli come era successo nella famosa partita di Benevento. Dobbiamo sfruttare le occasioni che ci saranno, essere squadra dal primo all’ultimo minuto cercando di non subire gol e, alla prima occasione, farli piangere».

Nuova guida

Pavoletti è contento di Fabio Liverani: «Il mister credo che sia uno dei più bravi che ho avuto. Sinceramente in campo è un fenomeno e ha una cura del dettaglio molto particolare e attenta. Riprende dal giocatore anziano al più giovane, poi ti accorgi che se segui le sue direttive in campo ti trovi bene e succedono le cose che ti dice. Sta a noi seguirlo, soprattutto è servito un carattere forte come il suo che non ci ha più fatto pensare alla retrocessione ma al giorno dopo giorno, all’allenamento. La partita e la prestazione la crei durante la settimana: se ti alleni bene poi giochi bene, se ti alleni male è una casualità se giochi bene ma nell’arco di un campionato no».

Il ballottaggio

Il dubbio per sabato è fra Gianluca Lapadula e Pavoletti. Quest’ultimo non si sottrae: «A volte ci penso. Il Cagliari è una squadra forte, è normale che abbia due attaccanti forti. Sta al mister gestirci e scegliere chi è più in forma, poi dipende dalla partita e da come la vuole sviluppare. Ha due attaccanti diversi, dovrà essere bravo il mister a tenerci carichi tutti e due così copriamo meglio l’area. Io e Lapadula insieme? Quei pochi minuti che abbiamo giocato mi sono divertito. Senza aver provato tanto durante gli allenamenti diciamo che c’era un’intesa abbastanza buona. Alla fine, quando sai giocare a pallone e stare in campo, diventa più facile sapere che movimenti fa il tuo compagno: non devi guardare ma lo sai già, anticipi di una giocata lo schema e l’azione».

L’affetto

Da capitano a capitano: «João Pedro dico la verità e mi manca. Cinque anni assieme, con gioie e dolori, li abbiamo passati assieme. Non posso dimenticare un compagno con cui ho pianto e riso, le scelte del calcio l’hanno portato lontano da qui ma non posso dimenticare quello che ha fatto. Ci ha fatto passare delle belle serate coi suoi gol, il rapporto è forte e ci vogliamo bene. Sono contento se lui ha trovato una piazza dove sta bene, ora è qualche settimana che non ci sentiamo. Ha avuto un problemino fisico, però ci sentiremo presto».

La Redazione

 
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