In vista del match del Via Del Mare tra Lecce e Cagliari, valido per la diciannovesima giornata della Serie A 2023-2024, ritorna la nostra rubrica “Quel giorno io c’ero”, che racconta storie, momenti, aneddoti e curiosità dei giocatori rossoblù che si sono distinti nel corso del tempo e che sono rimasti tutt’ora nel cuore dei tifosi di fede cagliaritana. Ai nostri microfoni questa settimana Mario Ielpo, portiere romano classe 1963 che ha vestito la divisa del Cagliari dal 1987 al 1993 e che fu protagonista di un curioso episodio nel lontano 9 dicembre 1990, quando fu espulso nel finale della sfida persa 2-0 contro i giallorossi salentini (all’epoca guidati da Zibì Boniek) e sostituito tra i pali da Massimiliano Cappioli a cambi già esauriti. L’ex numero 1 rossoblù ha ripercorso quella splendida annata 1990-91 in A, culminata con una grandiosa salvezza con Claudio Ranieri in panchina ma ha anche analizzato il momento attuale e nel contempo difficile dei sardi – sempre con Ranieri al timone – nella stagione in corso in massima divisione.
Mario Ielpo, cominciamo con un momento amarcord. Era il 9 dicembre 1990, dodicesima di campionato. Al Via Del Mare, il Cagliari perse 2-0 contro il Lecce. Lei, in quella gara, fu espulso nel finale e sostituito tra i pali da Cappioli poiché Ranieri aveva finito i cambi a disposizione. Che ricordi ha di quella partita?
“Mi ricordo che in quella partita avevamo fatto fatica e poi, all’ultimo minuto, sono uscito fuori dall’area e ho fatto un fallo da ultimo uomo. Cappioli – mi ricordo questo aneddoto – volle andare a tutti i costi in porta perché diceva ‘sono bravo, sono bravo’ e poi alla fine gli hanno segnato sulla punizione (segnata da Pietro Paolo Virdis n.d.r.) seguente al mio fallo. Mi ricordo l’episodio della punizione perché non è una cosa che capita spesso”.
La stagione 1990-91, quella del vostro ritorno in A, fu a due facce. Dieci punti nel girone d’andata, poi al ritorno diciannove punti con un percorso che poi vi portò a conquistare la salvezza. Come siete riusciti a trovare le forze giuste per credere in quella grandiosa rimonta?
“Questo è stato merito al 100% di mister Ranieri, che trasmetteva a tutti noi la certezza che ci saremo salvati. Nel calcio quello che conta non è tanto il modulo – che comunque ha una sua importanza – ma convincere i giocatori che quello che stanno facendo sia giusto e che sia possibile poi arrivare al risultato. Lui era talmente convinto che ha convinto tutti noi. Ripeteva sempre ‘ora non so come, non so perché ma ci salveremo’ e poi ci siamo salvati. La partita della svolta fu quella contro il Genoa in casa dove, nonostante non facemmo una grande partita, vincemmo 1-0 per l’errore del loro portiere Braglia”.
Il riferimento principale sia del Cagliari 1990-91 che del Cagliari attuale è proprio Claudio Ranieri. Qual è stato l’insegnamento più importante che ha lasciato a lei e agli altri giocatori dell’epoca dal punto di vista calcistico ma soprattutto umano?
“La serietà e il fatto che, se fai bene le cose, poi bene o male i risultati arrivano. Claudio era un grande maestro di vita, noi eravamo una banda di ragazzini: forse solo Matteoli e Francescoli erano un po’ più grandi. Io avevo 25-26 anni. Poi lui – parlo soprattutto nei primi anni della C poi qualcuno ha fatto anche la Serie A – per noi è stato uno che ci ha indicato la strada giusta, la serietà, il fatto di prendere seriamente gli allenamenti. All’epoca il calcio, anche se era professionistico, c’era l’idea di poter giocare perché si era bravi. E invece poi il calcio è cambiato con un professionismo sempre più spinto. Ranieri ci diceva già allora ‘il corpo è la vostra industria, lo dovete curare’, ‘se ti curi, poi cominci a giocare bene’. Comunque direi che ci ha insegnato la serietà”.
Veniamo al Cagliari attuale. I rossoblù stanno vivendo un momento difficile in questo campionato di Serie A, tanto da essere al terzultimo posto con 14 punti a un turno dal giro di boa. Cosa pensa della situazione che sta passando la squadra di Ranieri? La gara di Lecce può essere l’occasione giusta per ripartire?
“Io pensavo che la svolta un po’ ci sarebbe stata con quella vittoria incredibile da 3-0 a 4-3 (contro il Frosinone n.d.r.), poi anche con quel gol che ha fatto Pavoletti in rovesciata contro il Sassuolo, partite che ho visto in diretta con mio figlio, che è nato a Cagliari ma che vive a Londra ed è venuto qui per le vacanze. Poi ho visto, invece, per esempio, con il Milan in Coppa Italia, una squadra un po’ dimessa poi magari la Coppa Italia non è un obiettivo interessante. Mi aspettavo che la svolta ci fosse già stata ma mi sembra che la cosa sia ancora complicata”.
Ultima domanda. Dall’alto della sua esperienza da portiere, qual è il suo pensiero sul dualismo tra estremi difensori in casa Cagliari, che vede protagonisti Scuffet e Radunovic?
“Radunovic è stato il portiere della promozione, gli ho anche visto fare alcune parate durissime nei playoff e quindi partiva con queste premesse e in teoria come primo portiere. Poi però dopo ha fatto degli errori un po’ pesanti e purtroppo, quando si sta in zona tensione, tutto diventa più complicato anche dal punto di vista psicologico. Adesso il mondo è un po’ cambiato ma in nessun campionato c’è la pressione che c’è nel campionato italiano dal punto di vista delle responsabilità che vengono addossate al portiere. In Italia addossano più di tutti e quindi, quando si fa male come ha fatto lui, è giusto che subentri l’altro – Scuffet – che sta facendo bene rispetto a Radunovic che adesso è rimasto fuori. Sono i casi della vita. Purtroppo paga il fatto che il portiere non può sbagliare”.
Fabio Loi