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Cagliari, Giulini: “Vorrei vincere il Trofeo Riva. Stadio? Non vedo perché non essere fiduciosi”

Tommaso Giulini in occasione del talk Sport, Crescita e Sviluppo | Foto Valerio Spano
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Le parole del presidente del Cagliari Calcio Tommaso Giulini a margine del talk istituzionale “Sport, Crescita e Sviluppo” alla Biblioteca Universitaria di Cagliari, organizzato in occasione del 1° Trofeo Gigi Riva.

Su Gigi Riva
“Gigi Riva rappresenta quell’identità che deve mettere in campo il Cagliari in tutte le partite. Noi quest’anno vogliamo rendere orgogliosi in tutte le gare i nostri tifosi, non sarà sempre possibile vincere, ma vogliamo uscire con la maglia sudata sempre. Non voglio dire che non sia accaduto prima, ma quest’anno specialmente vogliamo ricordare Gigi nel modo in cui va ricordato, con quel senso di appartenenza che è riuscito a trasmettere a tutte le generazioni successive e ai ragazzi che arrivano qua giovani e che pensano sia solo di passaggio”.

Sul Trofeo
“Vorrei vincere la partita. Questa è un’amichevole ma è il trofeo dedicato a Gigi Riva e vorrei vincerlo, spero che i ragazzi andranno in campo per vincere la gara al di là del fatto che queste partite sono utili per le prove come è giusto che sia. Mi piacerebbe vedere una bella vittoria e una squadra che inizia a girare a 10-15 giorni dalla Coppa Italia, quando si inizierà a fare sul serio”.

Sull’impegno da presidente
“Le difficoltà sullo stadio hanno dimostrato da parte mia e di tutti i miei collaboratori la perseveranza e la voglia di ottenere l’obiettivo. Dal punto di vista burocratico non manca tantissimo, perché non essere fiduciosi per una volta?”.

L’intervento durante il talk
“Volevamo ricordare Gigi nel modo più opportuno, quindi con una partita di calcio. L’idea quando è mancato era di iniziare il trofeo in sua memoria con lo stadio nuovo, poi ci siamo resi conto che per quanto speditamente si sia proceduto nell’ultimo anno e mezzo abbiamo capito che non saremmo riusciti a fare in tempo e quindi abbiamo deciso di farlo adesso, perché lo dobbiamo a tutti i tifosi del Cagliari. Questa mattina voglio ringraziare soprattutto Angelo (Binaghi, ndr) e Carlo (Cimbri, ndr), perché l’idea di questo talk nasce da una chiacchierata con loro, dirigenti figli di questa terra e che hanno portato la Sardegna e l’Italia nel mondo. E a loro si è aggiunto Andrea (Abodi, ndr). Ma mi scuso con chi non è stato invitato, ma mi faceva piacere chi in questi anni ha dimostrato di essere vicini al Cagliari. Americani di passaggio a Cagliari di recente? Ne ho letti, non ne ho incontrati, ma gli ultimi li ho solo letti (risata, ndr). L’importanza sociale dello sport? Da quando è mancato Gigi sentiamo la responsabilità in più di tramandare i suoi valori e quell’identità. Lo Scudetto del 1970 è stata una rivoluzione sociale per la Sardegna: in questi due anni senza di lui siamo ripartiti lavorando su radici, senso di appartenenza e sostenibilità sotto tutti i punti di vista. Si sente parlare spesso dei fondi americani, che arrivano però a rilevare società decotte da rimettere in sesto. La Fiorentina è un esempio raro, tenuta sana dai Della Valle e poi da Commisso. Tutti i casi in cui sono intervenuti i fondi erano società sull’orlo del precipizio. Penso che per città come Cagliari, Lecce, Empoli siamo rimasti in pochi highlander italiani. E questo non significa ammazzare i sogni dei tifosi, ma fargli capire che la sostenibilità è la via per mantenere la solidità all’interno dell’azienda. Il mondo sta cambiando, bisogna pensare ai contenuti per i giovani e per i broadcaster: dobbiamo ripensare allo sport e ai contenuti in modo diverso, lo vedo dai miei figli. Oggi dobbiamo pensare a mettere ogni giorno il nostro mattoncino. Passano i giocatori, ma il Cagliari deve rimanere. Stiamo provando negli anni a portare questa dimensione e non è semplice. Vasquez Montalban definì il Barcellona come ‘l’esercito non armato della Catalogna’. Ecco, a noi piace sentirci l’esercito pacifico della Sardegna: in questi tempi di guerra ci piace pensare di trasmettere quel senso d’appartenenza, quei valori e quell’identità che tutti i sardi, con grande sacrificio, portano avanti ogni giorno”.

Francesco Aresu

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